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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

QUANTI DIVIETI INUTILI E IPOCRITI SUL FUMO

Sono un fumatore: sigari toscani, antichi toscani o ambasciatore italico. Sono consapevole dei rischi ai quale mi espongo fumando. Pago e strapago ogni singolo centesimo dovuto al signor commerciante e, suo tramite, a Sua Maestà lo Stato. Da consumatore consapevole, non sopporto la doppia faccia dello Stato in questa partita. Da una parte impone paternalisticamente sempre più divieti, come se la mia salute gli importasse più che a me. Dall’altra è un torvo patrigno, perché dai tabacchi trova sempre il modo di cavar più soldi per sé. Una montagna di euro: 14 miliardi di cui 11 di sole accise in questo 2016. L’ultimo aumento di 20 centesimi delle sigarette è di aprile. Il prossimo è già previsto per ottobre.
Economicamente ha senso che lo Stato si preoccupi delle «esternalità negative» causate dal fumo, cioè dei costi per la sanità pubblica del diagnosticare e curare patologie che al fumo possono essere collegate. Ma se questo è giusto, i conti non tornano. La Ue ci dice che la stima è di 23,5 miliardi di euro l’anno per le sanità pubbliche europee, mentre qui da noi lo Stato si pappa, da solo, 14 miliardi in un anno. Ergo, il suo paternalismo lo Stato può tenerselo due volte: primo perché disconosco in radice che sappia meglio di me che cosa voglio; secondo perché in realtà definisce vizio il mio consumo ma spera solo che salga, così incassa di più. Pensandola così, inorridisco ai nuovi limiti introdotti recependo la direttiva europea antifumo 40 del 2014: l’obbligo di riprodurre immagini di malati e moribondi e corpi operati sul 65 per cento della superficie del pacchetto, fronte e retro; il divieto di additivi e aromatizzanti (hai visto mai che ai consumatori piacciano). E via proseguendo, compresa l’abolizione dei pacchetti da 10 sigarette, che con la tutela della salute c’entra poco visto che lo scopo è farne comprare 20, così lo Stato agguanta più entrate. Il paradosso assoluto si raggiunge con il divieto di riportare sui pacchetti i livelli di catrame, nicotina e monossido di carbonio. Sarebbero informazioni «fuorvianti»: i consumatori tenderebbero a scegliere sigarette con livelli più bassi ma fumerebbero comunque. Invece è meglio tacerli? Che solenne scempiaggine.
Dovunque nel mondo l’effetto di aumenti «di Stato» del prezzo delle sigarette ha prodotto più mercato nero. In Irlanda, che ha seguito in modo massiccio tale via, il contrabbando si è rapidamente avvicinato a quello del Regno Unito, in cui si stima valga un quarto del mercato. Da noi in 10 anni il prezzo medio del pacchetto è salito del 25 per cento, per la gioia del Mef.
Quanto alle immagini horror al posto delle vecchie scritte «il fumo uccide», gli eurocrati e i loro epigoni italiani hanno deciso di ignorare gli esperimenti tenutisi a questo proposito (se ne parla per esempio nel libro Neuromarketing di Martin Lindstrom): hanno registrato un effetto neutro sul consumo, con qualche punta di incoraggiamento. L’effetto che si determina è impedire al produttore di sigarette la valorizzazione del suo brand, visto che lo spazio sul pacchetto è destinato ad altro. E il fine diventa quindi far comprare meno sigarette delle multinazionali estere, visto che finiscono con il sembrare tutte eguali alle Ms di Stato. Quanti fini inconfessati a proprio vantaggio persegue il signor Stato paternalista.