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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

L’UOMO CHE SUSSURRA A MATTEO

«Ti prego mi presenti Alberto Bianchi?». «Qualcuno conosce chi mi può portare da Alberto Bianchi?». «Se non convinco Alberto Bianchi, la nomina non me la daranno mai!». A Roma, a Milano, a Firenze, in tutti i salotti dalle belle speranze in cui si incontrano funzionari, lobbisti e imprenditori l’obiettivo è sempre lo stesso: per entrare nelle grazie di Palazzo Chigi, per sedersi su una poltrona di una società partecipata, insomma per fare carriera nella Terza Repubblica, bisogna provare a entrare nelle grazie dell’avvocato Bianchi. Un signor nessuno per la stragrande maggioranza degli italiani, uno degli uomini più potenti d’Italia per chi conosce i meandri del sistema di potere che regge il regno di Matteo Renzi.
Bianchi, nato 62 anni fa, divorziato e senza figli, fondatore di un grande studio legale fiorentino ma casa nella natia Pistoia, è infatti la testa pensante del Giglio Magico, il più intelligente del mazzo, e di gran lunga il consigliere più ascoltato dal presidente del Consiglio. «In un mondo dove tutti si dicono suoi fratelli e intimi, è un fatto che il premier si fidi invece solo di lui e di Marco Carrai», spiega un po’ invidioso un autorevole ministro. Bianchi non interviene nelle scelte politiche e nella strategia delle alleanze, di cui gli frega poco o nulla e che restano appannaggio di Renzi e dei due "governativi" Luca Lotti e Maria Elena Boschi, ma è il braccio operativo di Matteo nei dossier più delicati. E, dopo due anni, è stato eletto indiscusso signore delle nomine e mediatore ufficiale tra il mondo dei renziani e quello delle lobby dei poteri forti.
Bianchi oltre a guidare la Fondazione Open, la cassaforte di Renzi che lui stesso ha fondato, è però anche un avvocato di grande successo. Uno a cui piace fare affari. Alcuni dei quali, come ha scoperto "l’Espresso", sono a rischio di serio conflitto di interesse: il legale personale di Renzi e Carrai due anni fa è entrato nel cda dell’Enel facendo arricciare il naso ai puristi, ha da poco creato una società con Carrai che si occupa di brevetti farmaceutici (la K-Cube, che ha firmato un accordo con l’università La Sapienza), lavora anche come consulente per alcune società pubbliche. Alcune controllate direttamente dal governo, o da amministrazioni guidate da esponenti del Pd molto vicine al segretario del partito. Aziende da cui riceve assegni che arrivano a sei cifre: la Consip, la centrale di committenza nazionale della pubblica amministrazione che bandisce gare per 14 miliardi di euro l’anno per l’acquisto di beni e servizi, negli ultimi due anni e mezzo ha girato a Bianchi incarichi per oltre 340 mila euro. Per la cronaca, da circa un anno amministratore delegato della spa del ministero dell’Economia è Luigi Marroni, ex numero uno della Asl di Firenze e manager che Bianchi conosce e stima: qualcuno ricorda ancora quando - nel lontano 28 febbraio 2004 - erano seduti insieme al tavolo d’onore di un convegno della Margherita. Una riunione organizzata proprio per lanciare la candidatura alla presidenza della provincia di Firenze del giovanissimo boy scout di Rignano sull’Arno.
Andiamo con ordine, partendo dall’inizio. «Bianchi è considerato da Renzi il più capace dei suoi fedelissimi», osservano da Palazzo Chigi. Di certo, è l’unico con un curriculum vitae adeguato al ruolo, e l’unico dei quattro mammasantissima dell’inner circle (gli altri sono ovviamente Carrai, Lotti e Boschi) che vanta una preparazione di alto livello. Figlio di un noto commercialista di Pistoia, Angiolo (democristiano che fu - per tutti gli anni ’70 e ’80 - presidente della ricca Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia), Alberto si laurea in giurisprudenza e diventa subito il principale collaboratore di Alberto Predieri. Non proprio l’ultimo arrivato. Insieme a Paolo Barile, Predieri è stato infatti uno dei più importanti esponenti della scuola giuridica fiorentina del dopoguerra, in tema di diritto costituzionale, commerciale e fallimentare. Una scuola di prestigio e grande potere, che ha sfornato pezzi da novanta della classe dirigente del Paese, compresi ministri e presidenti della Rai.
Bianchi, alla morte del maestro nell’agosto del 2001, ne eredita il prestigio e i clienti. E, ovviamente, le curatele fallimentari, vero business dello studio: nel settembre 2001 l’allora ministro Giulio Tremonti nomina proprio Bianchi commissario liquidatore del carrozzone di stato Efim, in sostituzione di Predieri. Un ente disastrato, gravato da 18.000 miliardi di lire di debiti che ha portato all’amico di Renzi (oltre a un compenso annuo forfettario da oltre 200 milioni di lire) anche qualche noia di troppo. Nel 2013 la Corte dei Conti ha in effetti condannato l’avvocato a pagare 4,7 milioni di euro per aver assegnato consulenze troppo onerose, ma un anno fa in appello i giudici lo hanno assolto su tutta la linea, risarcendolo pure delle spese legali.
Elegante, riservato (una sola intervista concessa in tre anni) e appassionato di auto sportive, Bianchi decide di seguire in politica le orme del padre: cattolico fervente (ha seguito più volte il Cammino di Santiago di Compostela) si avvicina presto alla Margherita toscana, all’inizio del Millennio terreno di caccia di Francesco Rutelli. Conosce il presidente della Regione Claudio Martini, che lo nomina presidente di Firenze Fiera, tesse buoni rapporti con Erasmo D’Angelis (oggi direttore dell’Unità), entra in rotta di collisione con il sindaco fiorentino Leonardo Domenici (nel 2006, dopo un bilancio con perdite da 6,2 milioni di euro, è costretto a dimettersi dalla società). Nel 2009, alle primarie per la poltrona di primo cittadino, appoggia con convinzione Lapo Pistelli, che alla fine perderà a sorpresa contro l’astro nascente di Renzi.
Matteo l’avvocato lo conosce e lo stima già da tempo. Gliel’ha presentato Carrai, con cui Bianchi ha da anni un rapporto di ferro. I vincitori ne sono affascinati, ne capiscono le abilità e lo tirano subito a bordo del carro, affidandogli de facto l’organizzazione della campagna che li porterà a conquistare prima il Pd, poi il governo. È nello studio di Bianchi, il 2 febbraio 2012, che viene firmato l’atto costitutivo della Fondazione Big Bang (poi ribattezzata Open), la cassaforte della Leopolda: davanti al notaio come testimone viene portato Giovanni Pravisani, che è socio di Bianchi. L’esperto di diritto fallimentare diventa legale personale sia di Renzi che di Carrai, tesoriere ufficiale della corrente, mago del fundraising: i rapporti e le relazioni con le banche e le aziende, da quel momento in poi, li tiene lui.
La Leopolda fa il botto, e il potere di Bianchi si accresce. Prima al Comune e poi al governo, comincia a suggerire a Renzi anche i nuovi manager delle partecipate pubbliche. Spesso in tandem con Carrai, con cui è un’unica cosa anche nel privato (è stato testimone delle sue nozze con Francesca Campana Comparini, mentre la di lei sorella, Cristina, lavora nel suo studio), fa lobby per piazzare nei posti che contano persone di cui si fida. Nel 2013 spinge affinché il fratello Francesco (Alberto è legatissimo sia a lui che ai suoi tre nipoti) diventi commissario straordinario del Maggio fiorentino, poi - con Renzi al governo - facilita prima la scalata di Francesco Starace alla guida di Enel di cui lui stesso diventa consigliere, poi quella di Gianni Vittorio Armani (l’avvocato pistoiese l’ha conosciuto in Terna, dove Bianchi nel 2011 diventò membro dell’Organismo di Vigilanza) alla presidenza dell’Anas. L’avvocato, da poco socio di uno splendido circolo di golf a Monsummano Terme, propone anche il suo amico intimo Fabrizio Landi, già finanziatore della Leopolda, nel cda di Finmeccanica, e si muove affinché sia l’avvocato Umberto Tombari (nel cui studio hanno mosso i primi passi sia la Boschi sia il democrat Francesco Bonifazi) a diventare presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Dove, ancora oggi, siede il solito Carrai.
Il facilitatore di Renzi, però, può vantare altri importanti successi: la moral suasion per portare Gian Maria Gros-Pietro alla guida di Banca Intesa, i buoni uffici con Fabrizio Palenzona di Unicredit e con i manager della Rai (Campo Dall’Orto è un fedelissimo, con Monica Maggioni si vedono a pranzo spesso e volentieri), e soprattutto - raccontano i bene informati - le nomine di Marroni alla Consip e di Renato Mazzoncini alle Ferrovie dello Stato. Sia vero o meno, è un fatto che queste ultime due sono aziende in cui Bianchi ha interessi diretti: alla Consip dal 2013 a oggi - stando alla lista dei consulenti legali - l’avvocato ha difeso l’azienda del ministero dell’Economia in decine di cause, incassando parcelle complessive per oltre 340 mila euro. Anche le Ferrovie dello Stato hanno "a borderò" lo studio fiorentino, che difende la spa in alcuni contenziosi davanti al Tar.
Anche il nuovo amministratore delegato di Fs, Mazzoncini, conosce Bianchi da tempo: a partire dal maggio 2012 è stato infatti numero uno di Busitalia-Sita Nord, azienda controllata da Fs che gestisce dal dicembre 2012 - per volontà dell’allora sindaco Renzi, che decise di privatizzarla - l’Ataf, l’azienda tranviaria fiorentina. E chi spunta fuori tra gli avvocati di Busitalia, almeno a partire dal 2013? Ancora una volta, si tratta di Alberto Bianchi.
L’uomo che sussurra a Matteo ha altre decine di incarichi e di clienti di peso: con imprese private come Snai, Siram e Nexive, ma anche con enti e aziende pubbliche. Come la Alstom Ferroviaria, la Federservizi, la provincia di Siena e il comune di Campi Bisenzio. Anche al comune di Monteriggioni c’è chi l’apprezza. Come l’ex sindaco Bruno Valentini, al tempo degli incarichi sindaco del paese e oggi promosso primo cittadino a Siena, che nel 2013 così definì Renzi dopo la sconfitta alle primarie con Pier Luigi Bersani: «Anche nella sconfitta, Matteo porta una ventata nuova nella politica. Un’ammissione chiara del risultato, l’appoggio al vincitore, la lealtà col partito e col popolo del centrosinistra, l’assunzione diretta della responsabilità. I grandi uomini si vedono nelle traversie, non nei trionfi»).
È opportuno che il presidente della Fondazione politica del presidente del Consiglio riceva - oltre a cariche come quella all’Enel - contratti di peso con il pubblico? In Italia ai conflitti di interessi badano in pochi, ma la commistione tra politica e affari viene ancora considerata una caduta di stile. Per Bianchi, sempre elegantissimo e fama da galantuomo, un vero contrappasso. Anche in passato, tra l’altro, era scivolato su una consulenza chiacchierata: un esponente di Sel aveva individuato un assegno da 22 mila euro che la Firenze Parcheggi, spa controllata dal comune di Firenze e da Montepaschi, aveva girato a Bianchi nel 2014. In realtà "l’Espresso" ne ha trovata un’altra da 27 mila euro firmata nell’agosto del 2013. Quando Bianchi era revisore del Consorzio operativo di Montepaschi mentre sindaco di Firenze e amministratore della Firenze Parcheggi erano due signori che Bianchi conosce benissimo: ossia Matteo Renzi e Marco Carrai, suoi amici e clienti prediletti.