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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

È UNO

dei problemi più affascinanti e coriacei della matematica. Riguarda la distribuzione dei numeri primi. Un quesito su cui generazioni di scienziati, per secoli, hanno sbattuto invano la testa. Attualmente, infatti, ancora non è chiaro se i numeri primi siano distribuiti completamente a caso tra tutti gli altri o se, al contrario, la loro distribuzione segua qualche legge sconosciuta. Si tratta di una questione abbastanza importante dal punto di vista matematico, considerato che i numeri primi rivestono un ruolo fondamentale negli algoritmi di crittografia informatica e in quelli che generano sequenze di cifre casuali: a far luce sul problema, ultimamente, sono stati Robert Lemke Oliver e Kannan Soundararajan, due matematici della Stanford University, che in un lavoro caricato su arXiv (il server che ospita articoli scientifici prima della loro pubblicazione su riviste sottoposte al processo di revisione dei pari) hanno svelato di aver trovato delle regolarità inattese nella distribuzione dei numeri primi, un comportamento che hanno chiamato anti-sameness bias.
Tutti i segreti dei numeri primi
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Un veloce passo indietro per chi fosse completamente a digiuno sull’argomento. I numeri primi sono quei numeri naturali maggiori di uno che sono divisibili soltanto per sé stessi e per uno. Sono primi, per esempio, il 2 (unico numero pari, tra l’altro, a esserlo), il 3, il 5 e il 7. Ma non il 6, che è divisibile per 2 e per 3. E così via. I numeri primi diventano sempre più "rarefatti" man mano che si considerano cifre più grandi: tra 0 e 10 ce ne sono 4, cioè il 40%; tra 0 e 100 ce ne sono 25, cioè il 25%; tra 0 e 10 miliardi ce ne sono poco più di 455 milioni, "appena" il 4,6%.

I due matematici di Stanford, in particolare, si sono concentrati sull’ultima cifra dei numeri primi consecutivi, per esempio il 7 di 127 e l’1 di 131. Se i numeri primi fossero distribuiti davvero a caso, arguiscono gli scienziati, allora un primo che termina con la cifra 1 dovrebbe essere seguito da un altro primo che termina con la stessa cifra un quarto delle volte (questo perché i numeri primi devono necessariamente essere dispari, e quindi possono terminare solo per 1, 3, 7, 9 - il 5 non va bene perché altrimenti sarebbero divisibili per 5). Tuttavia, Lemke Oliver e Soundararajan hanno osservato che nel primo miliardo di numeri primi, quelli che terminano per 1 sono seguiti da un altro che termina per 1 soltanto nel 18% delle volte (rispetto al 25% di una sequenza realmente casuale), da uno che termina per 3 o per 7 nel 30% delle volte e da uno che termina per 9 il 22% delle volte. Un comportamento analogo è stato osservato per i numeri che terminano per 3, 7 o 9.

C’è dell’altro, come se le cose non fossero già abbastanza complicate. I matematici hanno mostrato che, se fosse vera la cosiddetta congettura k-tupla di Hardy-Littlewood, un complicato teorema sui numeri primi ancora non dimostrato rigorosamente ma preso per buono da gran parte della comunità scientifica, allora la loro osservazione varrebbe per tutti i numeri primi, anche quelli successivi al primo miliardo. L’idea dietro la congettura k-tupla, come ha spiegato Evelyn Lamb sul blog della rivista Nature, è che ci siano sequenze "proibite" di numeri primi, il che comporta una maggiore probabilità di comparsa di altri "blocchi" di primi. "Ne sappiamo ancora troppo poco", ha spiegato Lemke Oliver. "Ma finora, ogni matematico cui abbiamo raccontato la nostra scoperta ha voluto scrivere il proprio algoritmo per verificarla di persona". È partita la caccia all’ultima cifra.