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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

ETIOPIA, BOLIVIA, INDIA... QUANDO LO STATO GUIDA L’ECONOMIA


La notizia, buona o cattiva fate voi, è che il libero mercato non esiste. Oppure, se esiste, non funziona. Dopo decenni di prediche contro l’intervento degli stati in economia, la lagna industriale contro i lacci e lacciuoli pubblici, ora l’ostinata realtà dei fatti è che gli unici Paesi in crescita nella crisi sono quelli dove la mano pubblica investe, regola e corregge il famoso libero mercato. Dani Rodrik, economista di origine turca, professore di Princeton e ora a Harvard, ha citato sul Sole 24 Ore tre casi esemplari, l’Etiopia, la Bolivia e l’India, di crescita in controtendenza in aree povere e durante il decennio della crisi. Tutti e tre questi imprevisti boom economici hanno in comune una sola cosa: un pesante intervento pubblico nell’economia nazionale. Mentre tutti i Paesi vicini, soprattutto in America Latina, seguivano le indicazioni rigoriste del Fondo Monetario Internazionale, queste tre nazioni hanno imboccato contromano la strada segnata dal liberismo, raddoppiando o addirittura triplicandogli investimenti di stato.
Il risultato è che l’Etiopia cresce del 10 per cento l’anno e Bolivia e India sopra il 5 per cento, in maniera costante. Ma lo stesso schema, grosso modo, vale anche per le aree più ricche. Il ritorno massiccio della mano pubblica nell’economia americana, che ha contraddistinto la presidenza Obama, spiega perché gli Stati Uniti siano tornati a crescere più dell’Europa prigioniera dell’austerity. Oltre a spiegare perché il «socialista» Bernie Sanders attira molti consensi negli stati più ricchi e industrializzati. Nella stessa Europa, del resto, le nazioni del Nord che hanno mantenuto alte quote d’investimenti pubblici, a cominciare dalla Germania, crescono meglio sono uscite dalla crisi assai prima e assai meglio di quelle del Sud, Italia, Spagna, Grecia, che hanno dovuto e voluto tagliare l’intervento statale, senza neppure riuscire a fermare l’aumento del debito pubblico.
Dopo quasi mezzo secolo di cattiva fama, torna allora di moda la ricetta keynesiana? Non è così semplice. Gli stati sono incomparabilmente più deboli oggi di quanto lo fossero mezzo secolo fa. La globalizzazione li sta spazzando via, ma d’altra parte non è capace di costituirli con un sistema di regole sovranazionali condiviso. Se non si trova una soluzione, possiamo soltanto assistere alla rinascita dei muri.