Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 29 Venerdì calendario

MUTANDE PER SETTE

Tra i capi esposti Al Victoria & Albert Museum di Londra alla mostra «Svestiti, breve storia della biancheria» (fino al 12/3/17) i mutandoni della madre della Regina Vittoria.


Nel 2014 un collezionista israeliano s’aggiudicò all’asta, per 7.500 euro, un paio di mutandoni in seta della regina Vittoria con una circonferenza di 132 centimetri.

La regina Elisabetta compra mutande e reggipetto da Rigby & Pellar. Li vuole di seta, realizzati a mano.

”Le mutande delle civette del giorno d’oggi”, racconto pubblicato nel 1763, assicura che le dame di quel tempo truccavano le natiche come il viso, con finti nei, belletto e rosso per le guance.

«L’uso delle mutande presso le nazioni di civiltà europea è ormai talmente radicato ed è diventato così generale da sembrare ben strano ai giovani lettori e più ancora alle mie giovani lettrici che le eleganti loro nonne e bisnonne si ostinassero a farne senza» (Scarlatti, Et ab hic et ab hoc, 1928).


Le mutande, definite da Madame Pompadour «scrigno delle chiappe».

Le mutande vermiglie regalate da Madame de Pompadour al re Luigi Xv, come pegno della sua passione, rifiutate perché «un uomo in brache non sarà mai un eroe».



Quando sposò Napoleone (il 19 marzo del 1796), Giuseppina Beauharnais portò nel corredo 500 camicie che cambiava due volte al giorno e solo due mutandoni di seta color carnicino.



Passione di Napoleone III per gli slip color salmone.

D’estate, Apollinaire lavorava con addosso solo le mutande.


Nel 1876 Wagner telegrafò a Friederich Nietzsche appositamente da Venezia perché acquistasse per lui, presso una ditta specializzata di Basilea, un paio di mutande di seta rosa.



Laurence Olivier mandava a Vivien Leigh garofani che aveva fatto appassire negli slip.


Graziano Ballinari, di Lugano, collezionista di mutande da oltre cinquant’anni, è arrivato a più di 500 pezzi rari: dalle mutande della Regina Vittoria a quelle a "briglia di culo" per cavalcare ai tempi di Caterina de’ Medici. Molto ammirate le mutande di Greta Garbo, indossate nel film "Tentazione" e vendute in un’asta a Ginevra per 11 milioni di lire. Brigitte Bardot le ha personalmente donate a Ballinari in un incontro a Saint-Tropez. Altri pezzi: le mutande rosse di Paola Borboni e quelle nere di Eleonora Duse, personalmente suggerite da D’Annunzio; le mutande che Sarah Bernhardt mise all’asta per salvarsi da un fallimento; il "coprivulva imperiale" regalato da Napoleone III alla contessa di Castiglione; le mutande di Mussolini trovate a Palazzo Venezia e quelle delle sue spasimanti, con tanto di dedica («Benito sei ardito»); quelle tricolori del generale Cadorna e le mutande delle vedove con farfallina incorporata per «per aiutare l’anima del defunto a raggiungere il Paradiso».

Durante la seconda guerra mondiale i mutandoni della luinese mamma del Ballinari, dotati di 24 tasconi, celavano riso nella traversata del confine svizzero e caffè da piazzare sul mercato nero al rientro in Italia.

Gary Craig, 51 anni, originario di Whitburn in Australia, noto come l’uomo Mutanda, detiene il record per il maggior numero di mutande indossate in una sola volta: 211 paia in 25 minuti. La prima mutanda indossata era di taglia L, l’ultima di taglia 4XL.


Al Moulin Rouge c’era un funzionario pubblico che controllava che le mutande delle ballerine non avessero buchi o aperture.



Hemingway non usava mutande.



Gli antichi Romani non indossavano mutande. In alcuni casi (per fare attività fisica e come costume da bagno) si accontentavano della subligatula (da subligare, cioè legare sotto), un pezzo di stoffa con un capo che cingeva la vita e l’altro che passava in mezzo alle gambe.

Antichi greci. Sotto la tunica le donne erano nude. I maschi, a volte, indossavano un perizoma. A letto si andava rigorosamente nudi.

Nel Medioevo nasce il termine mutanda, dal latino medievale mutare, “ciò che si deve cambiare”.

Prima attestazione del termine per indicare le mutande in Italia: in un testamento del 1268, dove sono elencate "mutandas de lino".

Le mutande, definite nel 745, dal santo monaco Bonifacio, «antrio del diavolo».

Caterina sa Siena: «Le donne con mutande espongono l’anima propria a pericolo di dannazione eterna».

Clemente VII: «Portare brache è peccato e brache aderenti, doppiamente peccato».



Lo storico dei costumi sessuali Luciano Spadanuda, nel suo libro Storia delle mutande, racconta che nel ’500 Caterina de’ Medici, moglie di re Enrico II di Francia, introdusse un modo originale di cavalcare, con il piede sinistro nella staffa e la gamba destra orizzontale sull’arcione. In questo modo però si rischiava di mostrare più del dovuto. Per questo Caterina introdusse l’uso di mutande strette e attillate di cotone o fustagno. L’indumento, chiamato “briglie da culo”, prese subito piede tra le nobildonne di Francia e degli ambienti nobiliari europei.

Le mutande femminili, disapprovate a lungo perché considerate un’usurpazione dell’abbigliamento maschile e una violazione delle norme ecclesiastiche contro il travestimento con i panni dell’altro sesso.


Daniele da Volterra, pittore del ’500, allievo di Michelangelo, passato alla storia come “il Braghettone” per essere stato incaricato da papa Paolo IV di coprire le nudità presenti nel Giudizio universale michelangiolesco della Cappella Sistina a Roma.

Si stima che all’inizio del ’700 indossavano le mutande solo 3 nobildonne su 100. Il loro ritorno definitivo si colloca all’inizio dell’800, ed è legato all’avvento delle crinoline, le gabbie da infilare sotto la gonna; era necessario indossare qualcosa sotto che salvasse il pudore in caso di colpi di vento o scale ripide.
Nel secondo Dopoguerra, non tutte le ragazze che andavano a ballare nei locali potevano permettersi le mutande. Per questo dietro il bancone c’erano mutandine collettive che potevano essere indossate a turno dalle clienti.

Il termine slip (dal¬l’inglese to slip, far scivolare, infilarsi) appare per la prima volta nel 1906, per indicare mutande corte e aderenti (cioè che non si allungano sulle cosce) adatte soprattutto agli sportivi.

Per produrre un perizoma si parte da un tessuto di 21 x 25 cm, per una culotte che copre fianchi e glutei da un tessuto di 62 x 44 cm, cioè circa 5 volte più grande.

Negli anni ’90 la moda degli slip che si possono mangiare, aromatizzati in vari gusti.


Il Giappone nel 1993 varò una legge che impedisse di vendere in distributori automatici per strada gli slip usati delle studentesse (con tanto di foto della proprietaria). Ogni paio di mutandine era corredato da un cartellino vergato a mano con calligrafia infantile delle proprietarie. Ad esempio: «Questo paio di mutandine è stato indossato per due giorni di seguito da Fumiko, quattordici anni, studentessa alla scuola media XY. E’ tuo per ottomila yen».

Arrestato a Tokyo nel 2008 Akira Hino, ladro di mutandine. Nella sua lunga carriera feticista, aveva collezionato oltre 500 paia di mutande: perizoma, tanga, culotte. La polizia, che lo ha colto in flagrante, ha riferito che l’uomo portava a termine i suoi furti con una canna da pesca, con la quale dal balcone di casa arpionava le mutandine stese ad asciugare dalle ingnare vicine di casa. Ha confessato di aver iniziato la sua attività quando aveva 18 anni.


Le mutande anti-peti inventate in Giappone: bragoni contenitivi realizzati con un tessuto in poliuretano e nylon che trattiene l’aria e che accumula i gas maleodoranti in un’opportuna tasca dove sono ripuliti grazie a un filtro ai carboni attivi.
Un tempo in Giappone, alla fine dell’inverno, i giovani maschi dei villaggi partecipavano alle ”feste nude”, frenetici riti di fertilità, ballando vicino ai templi con indosso soltanto un perizoma.

Nel 2009 è nato a Bruxelles un museo della mutanda.


Le leggi della Thailandia vietano di andare in giro senza mutande.


Prima del matrimonio (1767) il barone di Schomberg cambia camicia e colletto ogni giorno, fazzoletto ogni due, mutande ogni quattro settimane (dopo il matrimonio una volta alla settimana).

Felipe Massa ha raccontato che quando va bene nelle prove non si cambia le mutande per tutto il fine settimana.

Justin Timberlake non può fare a meno di cambiarsi le mutande sei volte al giorno.

Beckham usa le mutande una volta e poi le butta (spende 1500 euro al mese di biancheria intima).


Pierce Brosnan dice di non avere alcun problema a baciare sul set, tuttavia le scene di sesso lo imbarazzano moltissimo: «Per questo cerco di tenere sempre addosso le mutande».

David Beckham adora indossare le mutande di sua moglie Victoria Adams.

«Sono stufa ogni volta che faccio l’amore, di vedere il nome di mio padre stampato sulle mutande del mio partner» (Marci Klein, figlia di Calvin).


«Tante volte indosso abiti da sera senza mutande. Si vede che so accavallare bene le gambe, perché nessuno se n’è mai accorto» (Martina Colombari).

Il rito di Capodanno di Patrizia Pellegrino: «Giù le mutandine, mostro il mio fondoschiena a tutti. Lo faccio tutti gli anni, per strada, in mezzo alla gente. Porta bene».

Abitudine di Valeria Marini (mutuata da Marilyn Monroe) di tenere mutandine e reggiseno in frigorifero durante l’estate.


Per combattere il freddo del New Hampshire, Hillary Clinton ha fatto la campagna elettorale per le primarie con mutande e calze di lana.



L’attore Michael Weatherly recita senza mutande: «Dipende tutto da Cary Grant. Sotto i pantaloni, usava le giarrettiere: diceva che lo facevano sentire diverso e che quello era il suo segreto per recitare. Io ho introdotto una piccola variante, mi sono tolto la biancheria intima, e questo è il mio segreto».

«Le mutande a volte le metto e a volte no. Gli slippini mi fanno schifo, mi danno fastidio, i boxer mi fanno volume» (Diego Abatantuono).

Francesco Totti dorme nudo o in mutande: «Almeno così famo prima».



Il primo lato B degli slip Roberta, nel 1983, era Rosa Fumetto. Nel 1988 la texana Susan Martin e solo nel 95 debutta il sedere di Michelle Hunziker.

Michelle Hunziker a proposito della pubblicità degli slip Roberta che girò da ragazzina: «Fu un provino degradante. Una stanza piena di ragazze con le braghe calate. Entrai, mi indignai e scappai. Poi mi feci convincere, tornai al provino, calai le braghe anche io e fui scelta. L’esperienza più brutta della mia vita. Poi la pubblicità di quel perizoma fece scalpore. Era pericolosa perché distraeva gli automobilisti e causava incidenti stradali. Pensare che a quattordici anni il sedere era il mio più grande complesso. Non entravo nei jeans, non potevo mettere i 501 della Levi’s. Lo guardavo allo specchio e mi sembrava enorme, sporgente, ingombrante».

Il pugile Antal Kocsis, peso mosca d’oro alle Olimpiadi del ’28, si allenava con le mutandine del nipote calcate sulla testa.


«Ve credete che tutte quelle che dicono che è meglio il boxer dello slip fanno sul serio? Ma de che! Mettetevi un bel perizoma quando ve la portate a letto, vedrete che succede!» (Califano).


Tra le formule con cui in passato un giapponese chiedeva la mano della moglie: «Mi puoi lavare le mutande?».