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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

LE VERITÀ NASCOSTE DEL CANDIDATO SALA

Sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero». A seguire, uno scarabocchio: la firma in calce allo striminzito documento sulla «situazione patrimoniale» di Giuseppe Sala, 57 anni, oggi candidato del centrosinistra a sindaco di Milano. L’atto risale al 19 febbraio 2015. Il manager in quel momento è ancora alla guida «di Expo: una carica pubblica che rende obbligatorio comunicare i beni di proprietà. Una paginetta che diventa la summa dell’attitudine dimostrata da Sala nelle ultime settimane: collezionare omissis e imprecisioni.
Il centrodestra lo taccia di insincerità sui numeri dell’Expo: le perdite sono milionarie, ma ballerine, il vero numero di visitatori è un mistero. Un fuoco di fila ovvio, e Sala l’aveva messo in conto. Ma è il fronte personale quello che sta fiaccando il sostegno al manager chiamato da Matteo Renzi a conquistare Milano. Panorama aggiunge nuovi tasselli a questo mosaico di approssimazioni. Partendo proprio da quella dichiarazione vergata «sul mio onore». L’omissione più clamorosa è quella che dovrebbe comparire alla voce «quote di partecipazione a società». Sala lascia la casella bianca. Dimenticando di indicare che possiede il 20 per cento delle quote di una società che gestisce parchi fotovoltaici in Puglia: la Kenergy. Il controvalore è cospicuo: 795 mila euro. Il resto delle azioni è posseduto da imprenditori privati e aziende. La quota più importante, il 40 per cento, è in mano ad Amphora: una società di cui è amministratore delegato e socio di maggioranza Mario Rossetti, ex direttore finanziario di Fastweb.
L’altra dimenticanza riguarda i «beni immobili». E si riferisce a una casa in Svizzera. Sala rivela la magione a Panorama lo scorso settembre, in un passaggio riferito al primo ministro tedesco, Angela Merkel: «Mi ha sorpreso: dietro alla corazza da cancelliera c’è una donna semplice, con un amore per l’Italia sconsiderato. Abbiamo scoperto anche di passare le vacanze nello stesso posto: a Pontresina, vicino Sankt Moritz». Peccato però che anche questa prestigiosa proprietà sia stata omessa nella situazione patrimoniale. Un sbadataggine che ha costretto il candidato democratico a un bagno di trasparenza. Dopo la denuncia in Procura di Riccardo De Corato, consigliere regionale lombardo di Fratelli d’Italia, il 26 aprile 2016 Sala ha pubblicato il suo 730 del 2014 (su redditi del 2013): compare la casa in Engadina, valutata 1.372.033 euro, ma questo non sposta di una virgola il problema della mancata dichiarazione. Per di più, compaiono anche non meglio precisate «attività estere di natura finanziaria» in Romania, per 1.123.892 euro. Più due conti correnti, sempre in Svizzera e in Romania.
Il documento vergato nel febbraio 2015 dall’aspirante sindaco di Milano non contiene solo dimenticanze, ma anche inesattezze. Come nel caso della villa al mare in Liguria: sulle alture di Zoagli, perla del Tigullio. Nella «scheda dati relativi alla situazione patrimoniale», Sala scrive: «Proprietà al 100 per cento di terreno sito nel Comune di Zoagli». Peccato si tratti di un’incantevole dimora di 7 vani, a picco sul mare. La superficie, dettaglia la scheda catastale consultata da Panorama, è di 160 metri quadri, più altri 121 di «aree scoperte». Gli interni sono stati curati da Michele De Lucchi: per l’incarico il professionista è stato pagato 72.800 euro. Lo stesso De Lucchi ha però disegnato il Padiglione Zero dell’esposizione, una coincidenza sembrata a molti inopportuna. Sala però derubrica a poca cosa: «In Expo De Lucchi ha avuto in totale di 110 mila euro». Ma il Corriere della Sera, il 22 gennaio 2016, lo corregge: De Lucchi ha ricevuto anche un affidamento diretto di 500 mila euro piu Iva da Fiera Milano «nell’interesse e su richiesta di Expo». Un escamotage che, spiega il Corriere, ha permesso di evitare la gara d’appalto.
L’evento di cui Sala è stato padre e padrone, insomma, si sta trasformando da successo planetario a ricettacolo di beghe quotidiane. L’ultimo inciampo è arrivato il 18 aprile 2016. Quando Giovanni Azzone, presidente di Arexpo, la società che possiede i terreni su cui sorgevano i padiglioni, annuncia: «Il nostro cda ha chiesto una valutazione dell’Agenzia delle entrate sul valore attuale del sito. I tempi tecnici quindi si allungano. Abbiamo chiesto di rinviare la presentazione del bilancio al 30 giugno». Poteva essere un normale slittamento. Però, da mesi, il centrodestra chiede trasparenzasuiconti.TantocheSala,il3marzo2016, aveva assicurato: «Il bilancio uscirà in aprile quando io sarò in piena campagna elettorale. Com’è possibile che io bleffi, se poi questa cosa mi verrebbe addosso come un treno?».
Il treno invece ha rallentato. E la bagarre prosegue, permeando ogni giorno di campagna elettorale. Del resto, Sala è «Mr Expo»: si è candidato, su esplicita richiesta di Renzi, sull’onda lunga del decantato successo dell’esposizione. Molti però da sempre avversano mirabolanti rappresentazioni. Incassi inferiori alle attese. Bilancio del 2015 in rosso per 32,6 milioni. Patrimonio netto negativo per 44 milioni. Ricadute occupazionali ed economiche sono modeste. E i debiti non pagati alle imprese fornitrici secondo Il Sole 24 Ore sono a quota 90 milioni.
Sala ribatte. Contesta ogni negatività. Il nervo, però, resta scoperto. Ed è acuito dall’inatteso ribaltamento dei sondaggi, che lo vedono in svantaggio sul candidato di centrodestra, Stefano Parisi. Il 23 aprile, durante una visita nel quartiere Giambellino, alcuni antagonisti gli chiedono del «buco nel bilancio, visto che sono soldi di tutti». Sala perde la pazienza: replica a muso duro, punta l’indice contro i contestatori. Poi il suo staff lo allontana dal parapiglia.
Del resto, anche i prodromi della discesa in campo non si erano contraddistinti per cristallinità. Come uno scafato mediano, ruolo in cui ama giocare a calcetto, il manager per mesi aveva rimpallato ogni investitura. Il 23 luglio 2015 giura: «Non sono interessato a una mia candidatura alle comunali a Milano: se qualcuno nel cda mi chiede di metterlo per iscritto sono pronto a farlo». L’11 settembre 2015, al cronista di Panorama, reitera la promessa: «Non voglio fare il sindaco di Milano. Non me la sento, giuro. E non riesco a dire nulla di più intelligente». Il 25 novembre 2015 si corregge: «È veramente da escludere che qualsiasi decisione possa essere presa prima della fine di dicembre». Due settimane dopo è già il salvifico candidato in pectore di Renzi.