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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

INTERVISTA A ANTONELLO VENDITTI – Premessa: Venditti non si fa intervistare, fa l’intervista. E non si fa fotografare, fa le foto

INTERVISTA A ANTONELLO VENDITTI – Premessa: Venditti non si fa intervistare, fa l’intervista. E non si fa fotografare, fa le foto. Controlla il registratore, dice quando accenderlo, prende la macchina fotografica, suggerisce, intima, impera. «Il romano si sente il capo del mondo. E quanno more va in paradiso. All’inferno, al massimo, fa un sopralluogo». Quando arrivo nel giardino dove domina il megaschermo per vedere le partite della Roma, Antonello Venditti sta raccontando la serata precedente. Uscito di casa con poche certezze – due gocce di Yves Saint Laurent Pour Homme rosso del 1980 (introvabile, lo procura un amico), le Marlboro rosse (stessa marca da sempre, vari formati), gli occhiali a goccia (da vista, che però usa meno perché «sono migliorato») – è andato a una «cena romana». Alza gli occhi al cielo. «Lì tutto può succedere… in realtà, non succede mai un cazzo, e infatti esco poco». Sembra l’inizio del racconto che ha scritto e che uscirà in libreria il 28 aprile: Nella notte di Roma. Anche lì una cena: dove però non arriverà mai, ma girerà nella sua Smart, di notte, con Laura, incontrata per caso, per le vie di Roma. Città di cui racconta i vizi e la poesia. Perché non c’è solo Mafia Capitale e la monnezza. «Roma non è raccontata. Chi non è di qui, come Laura, ha uno sguardo ancora capace di meravigliarsi della bellezza. I romani dovrebbero vedere la città con gli occhi dei non romani». Eppure l’ha cantata mille volte, la sua città, è un romanista doc, vive a Trastevere. Corrado Guzzanti ha fatto una caricatura sul suo ostinato raccontare Roma. Perché farlo ancora? «Corrado… Non lo sento da un po’, ma che sta facendo? (Si accende un’altra sigaretta, è già al secondo pacchetto e sono le 11; alle 15 ne avrà abbandonate una decina sui bordi dei tavoli, nei posacenere, per poi ritrovarle e chiedere: di chi è?) Dicevamo? Ah sì, Roma… Di Roma non ci si stanca. Poi c’è stata quella serata che mi ha ispirato… Dovevo andare davvero a una “cena romana”, e davvero stavo cercando parcheggio, quando è arrivata una tempesta di guano. Per via degli storni, il Lungotevere è stato chiuso tre giorni: tonnellate di merda piovevano dal cielo su Roma. Mi è sembrato un simbolo dei tempi che vivevamo». Si riferisce a Mafia Capitale? «Certo». Come sta metabolizzando lo scandalo? «Come tanti sono rimasto stupito, triste. Va bene la “cena romana”, però se sei ministro devi sape’ con chi vai a cena. Anch’io vengo avvicinato da sconosciuti. Che poi un tempo c’era uno scambio: “Hai fatto parte della mia vita… Le tue canzoni…”. Adesso è solo un “Antone’, se famo un selfie?”». Ma lei gira liberamente per Roma o è ostaggio dei fan? «Certo, passeggio. Anche se devo stare attento, sennò mi fermano di continuo». Nel libro, a Ostia citofona a uno sconosciuto e chiede: «Sono Antonello Venditti, mi può dare un paio di coperte?». Ma non le credono. Lo ha fatto davvero? «Certo. Nel libro però non ho messo la risposta vera». Quale? «See, e io so’ Baglioni!». Alla fine della notte, Laura le lascia il suo numero di telefono. Le è capitato anche questo? «La cosa che mi tiene vivo è frequentare gente non della mia età. Non minorenni, eh, intendiamoci. L’amore con la ventiseienne del libro però non è improbabile, non è un’invenzione letteraria». Quindi le succede? «Succede. L’invidia di quello che ti vuole avvinto alla sua generazione è tremenda. Dice: ti tingi i capelli… Ma come? Me li tingo dall’86 e nun te ne sei mai accorto? O quelli che mi dicono: te sei rifatto. A me non me risulta: se invecchio bene, ma che cazzo vuoi da me? Gli uomini sono gelosi. Le donne invece si scusano: Antonello, so’ troppo vecchia. Ma amore mio, io so’ Antonello, te pare che discrimino?». Adesso è single? «No. Ma non è meglio parlare d’altro?». D’accordo: tra un mese si vota il sindaco. «La città non è pronta per le elezioni». Se fosse sindaco lei, che farebbe subito? «Avrei commissariato la città due anni per mafia, dato poteri straordinari a due commissari e non sarei andato proprio alle elezioni: siamo ancora frastornati, la situazione non è trasparente, non abbiamo certezze su chi finanzia i partiti, la metà dei candidati sono gli stessi del passato». Andrà a votare? «Ora parto in tour, forse suono quel giorno… Sicuramente al ballottaggio ci sono. Davvero non ho idea di che cosa votare, mi farò un’idea. Avevo votato Renzi alle primarie, ci avevo creduto. Ma oggi non mi sento rappresentato da nessuno». Su Facebook ha fatto un post dal seggio del referendum sulle trivelle… «Non mollo, mi interesso. Sto sul pezzo, anzi molti mi attaccano perché parlo chiaro». Ha i suoi haters? «Io mi incazzo, eh? Però mi controllo. Se mi dicono “zecca comunista” non rispondo “zecca fascista”. Inizio con “caro amico”. O “abbracciamoci”. Cerco di dialogare. Mi dicono: quando canti va bene, per il resto stai zitto. Evidentemente vedono in me una persona libera e tentano di ridurmi a un partito di destra, di sinistra…». Si sente piuttosto un anarchico? «Nel senso di non volere etichette, sì. Sa qual è la persona che politicamente mi ha fatto sentire più a mio agio?». Veltroni? «No, Pannella. A Walter voglio bene, ma con Marco ti senti a casa. Sono andato a trovarlo, a sigarette ce la battiamo ancora». I suoi votavano Democrazia cristiana? «No, Partito liberale». Le hanno trasmesso la passione politica? «No, quella nasce perché ero grasso. Per i miei compagni di classe ero un cicciabomba. Ho iniziato a interessarmi di politica per vedere se qualcosa poteva cambiare. È cambiato quando sono dimagrito. E quando ho capito che gli stupidi erano i bulli». Ha militato in tanti movimenti di sinistra, e nel libro ricorda l’estate del ’79, in spiaggia a Ostia, con Allen Ginsberg. «La gente arrivava da tutto il mondo per sentire i poeti beat. Il Partito comunista era un sogno di cultura e libertà. Anche oggi la gente ha fame di eventi culturali, ma non c’è il respiro del futuro. Dopo Berlinguer, a sinistra, non c’è stato più un riferimento di livello. Le unioni civili, il petrolio: le grandi questioni vanno spiegate da menti alte». Suo padre, da viceprefetto, glielo spiegava il mondo? «Non capivo che cosa facesse, in realtà. Un giorno je dico: a papà, ma che fai la domenica che nun ce stai mai? Hai l’amante? E lui mi fa: Antonello, vuoi vedere che faccio? Mi ha portato a Palazzo Chigi nella stanza dei bottoni, con dei monitor ancora rudimentali: se c’era qualche allarme in Italia andava mio padre. Non esisteva ancora la Protezione civile». A proposito: Bertolaso è candidato come sindaco. «Non voglio commentare». Che cosa ha pensato quando ha detto a Giorgia Meloni di fare la mamma e basta? «È una cosa troppo bassa per essere commentata. Solo a Bertolaso può venire in mente una cosa così». Adinolfi? «Non mi appassiona». Nel 2013, alle scorse elezioni, andò a chiudere con un concerto la campagna di Alfio Marchini, che oggi corre da solo. Lo rifarebbe oggi? «Oh, ora posso spiegare: quando arrivò… Come si chiama? Coso… L’ho rimosso…». Marino? «Eh, Marino. L’ex sindaco. Da parte del Pd c’era la presunzione di pensare: è chiaro che tu vieni a suonare a San Giovanni. Pacca sulle spalle. Io, però, di questa generazione di politici, non conosco nessuno. Ho visto una volta Marino, Giachetti non lo conosco, Renzi l’ho incrociato a Porta a porta. Nessuno mi ha cercato e io non cerco nessuno. Per cui per me il Pd è un oggetto misterioso. Se tagli i ponti e poi ti presenti, io ti dico: scusa, innanzitutto, chi cazzo sei?». Invece che cosa ha detto? «Scusate, sarei in tour con 70 persone che lavorano. Non stacco per venire a suonare Roma capoccia da te, solo, col pianoforte. Non me la sento. Non voglio niente per me, ma se mi vuoi, devi parlare con il mio impresario e pagare i miei collaboratori. Marchini l’ha fatto. Io non ho preso nulla, ma ho fatto lavorare tutti gli altri. Alfio era il candidato perfetto del Pd, allora». Oggi lo rifarebbe? «No, è diverso. Anche lui si è giocato l’autonomia. Io rispetto invece il Movimento 5 Stelle perché non fa parte di coalizioni, non è contaminato da altre forze. Perdo da solo o vinco da solo, questa è la sua forza». Le piace Virginia Raggi? «Non conosco neanche lei. Sono filo-movimento, però, e lo rispetto moltissimo, perché qualcosa deve accadere assolutamente. Posso dire che ci penserò». Facciamo due passi per Trastevere, è una bella giornata di sole. «A volte penso di vendere tutto e andarmene… Da tutto. Ho un catamarano, ci si sta benissimo». Via da Roma? Scherza? (Sorride) «Sì».