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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

FIORELLO – Ma che cosa c’entra Fiorello con il giornalismo? Lui fa e ha fatto di tutto: in gioventù il venditore di lattuga con l’Ape Piaggio, ma anche il muratore, l’idraulico, il falegname, l’aiuto cuoco e, come recita Wikipedia, «il centralinista per le pompe funebri Cacciaguerra» (mah)

FIORELLO – Ma che cosa c’entra Fiorello con il giornalismo? Lui fa e ha fatto di tutto: in gioventù il venditore di lattuga con l’Ape Piaggio, ma anche il muratore, l’idraulico, il falegname, l’aiuto cuoco e, come recita Wikipedia, «il centralinista per le pompe funebri Cacciaguerra» (mah). Poi l’animatore nei villaggi turistici. Il re del Karaoke. Il cantante a Sanremo. Il deejay, l’imitatore, il doppiatore, l’attore, lo showman in radio, in tv e nei teatri d’Italia e d’Europa (ultimamente con il suo L’ora del Rosario). Canta, balla, scherza, fa ridere, intrattiene come nessuno… Ma il giornalista? Le giornate al bar Eh già, perché a Rosario Tindaro Fiorello è stato assegnato, a sorpresa, il premio «È Giornalismo», forse il più prestigioso e importante riconoscimento per il mondo dell’informazione, una specie di Pulitzer nostrano (box a pag. 21). «Mi fa piacere, ma sono rimasto stupito per primo io», ci dice tra i marmi e i lampadari di un Grand hotel di Lugano, dove fa tappa con il suo show («Il mio habitat naturale, no?», ironizza). E allora, come nasce il «Fiorello giornalista»? In Sicilia, dove lui è nato e cresciuto, negli Anni 60 e 70 i quotidiani si leggevano rigorosamente al bar. «Il mio primo approccio con i giornali è stato lì. Non erano incastrati nel bastone di legno come nei locali fighetti di Roma o Milano, ma buttati in giro, alla rinfusa. All’edicola al massimo ci si andava per comprare Zora la Vampira, o roba del genere…», racconta. «Ma a dire la verità, i quotidiani servivano soprattutto per nascondersi». Mima il gesto fulmineo di portarsi il giornale aperto davanti al volto. «Dico sul serio. Quando marinavo la scuola e stavo al bar, se passava mio padre, zac, giornale davanti alla faccia. Passato? È passato, mi dicevano gli amici. E allora il quotidiano tornava sul tavolino». «Ricordo che c’erano i due partiti. Quello dei palermitani, con Il Giornale di Sicilia, e il nostro, i catanesi della Sicilia. E c’era L’Ora di Palermo, il quotidiano di sinistra, dove scriveva Mauro De Mauro…». Ma le gazzette, all’epoca, a un giovanotto che sognava di lavorare nello spettacolo, interessavano poco. Fiorello si anima ricordando i tempi eroici del bar. «Il flipper. Te lo ricordi il flipper? Davo certe ancate per cambiare direzione alla pallina senza fare tilt… Come Verdone in Troppo forte. Diceva: “Non è il polso che deve da’ la spinta alla pallina, ma è il ventre…». L’edicola di Cesare Il bar. L’edicola. I giornali. Tre parole magiche, che forse hanno lavorato sottotraccia nella testa di Rosario. Fino a ritrovarsi tutte insieme cinque anni fa, quando nasce EdicolaFiore, il fortunato programma autoprodotto e diffuso via social network. «Fu quando uscirono i primi smartphone. Andavo a comprare i giornali all’edicola di Cesare (ora non più, in effetti adesso siamo in un bar). Dico: “Cesare, aspetta che ti faccio un filmato”. Riprendevo un titolo, su uno scandalo per esempio, e lui: “Sti figli de ‘na mignotta!”. Poi, la mattina dopo, magari spuntava un altro personaggio. Gente del quartiere, il benzinaio, il fioraio… Tutti a commentare a modo loro le notizie del giorno. Che so, il sindaco Marino decide di chiudere al traffico i Fori Imperiali? Commento dell’EdicolaFiore: “Da domani, tutti fori dai cojoni!”. Cominciai a postare i video su Youtube. Spuntò anche il pubblico. Invitai Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, piazzammo lì una tastiera, e lui cantava e suonava. Piano piano, arrivarono tanti altri: De Gregori, Jovanotti, la Pausini, perfino l’astronauta Luca Parmitano, in diretta dallo Spazio». Il tutto culminò nel giugno 2013 con una diretta in streaming, su diverse piattaforme che aderirono all’iniziativa. Due milioni di contatti. Agonia farà l’attore Arriva il cameriere con il primo piatto. Rosario è uno che sta attento alla linea e in effetti è in gran forma. Si è fatto portare la “sua” Zen-Pasta Shirataki, spaghetti traslucidi dall’aspetto gelatinoso. Non esattamente invitanti. «Vuoi assaggiare? No? Fai male. Ventotto calorie ogni cento grammi. Ventotto!». Aggiunge un po’ di pomodoro, un filo di «olietto». Torna a parlare dell’EdicolaFiore. «Abbiamo lanciato dei personaggi. Agonia (all’anagrafe si chiama Vito Scrimieri, ndr), è appena stato ingaggiato da Giovanni Veronesi per il suo prossimo film. Ma in questi anni, dobbiamo dirlo, abbiamo fatto anche autentica informazione». Vero. Hanno dato voce ai cittadini dell’Aquila terremotata, per esempio. E quando Messina, l’anno scorso, rimase senz’acqua, furono Fiorello & C. a portare la questione all’attenzione nazionale. «Alla fine l’acqua è arrivata, guarda un po’». EdicolaFiore, però, è stato anche un grande esperimento che gli esperti chiamerebbero cross-mediale. Una rassegna stampa quotidiana, commentata dalla gente comune, ripresa con un cellulare e diffusa via Web. Il vecchio (i giornali di carta) e il nuovo (lo smartphone, Internet) uniti al servizio della comunicazione. Il tutto usando un linguaggio inedito, contemporaneo, capace di arrivare anche ai Millennials, alle generazioni più giovani. Trattando le notizie, anche le più sensibili, con la leggerezza educata che gli è propria. E seguendo la vera, prima regola del giornalismo di qualità: informare senza annoiare. È per questo che Fiorello, uno showman, ha vinto il premio giornalistico in precedenza assegnato a grandi firme, direttori importanti, autori di satira, conduttori tv e inventori di programmi di informazione. I social e gli imbecilli In realtà, il premio a Fiorello è anche, e forse soprattutto, un grido d’allarme lanciato per salvare una grande istituzione della nostra società che rischia di scomparire. Sto parlando delle edicole. Il 10 maggio, nel corso della cerimonia a Milano, il premio a Rosario sarà consegnato dal titolare di una delle storiche edicole del capoluogo lombardo, quella in Largo Augusto. Mi dice Armando Abbiati, presidente nazionale dello Snag (il sindacato dei giornalai): «Con l’avvento di Internet e l’esplosione di tablet e smartphone, in pochi anni hanno chiuso 8 mila edicole. Ne sono rimaste 28 mila, ma se non si fa qualcosa presto ne falliranno altre migliaia». Sì, perché la crisi dei punti vendita è strettamente connessa alla crisi della carta stampata, in tutto il mondo. Salvare le edicole significa salvare i giornali, presidi di democrazia e pluralismo, fonti di informazione di qualità. Certo, viviamo in un mondo sempre più dominato dall’informazione veloce, istantanea, stringata e senza filtri del giornalismo diffuso, cosiddetto due punto zero. Dei citizen journalists e dei twittaroli ossessivi. Ma Fiorello, alfiere della contemporaneità, non la manda a dire: «A volte si dà troppa importanza a chi non ne ha. Magari uno si alza al mattino con la luna di traverso e twitta: “Quel programma in tv fa schifo”. Ma chi sei tu per dirlo? Che competenza hai? Tu vali uno! Il problema è che ci sono poi giornalisti pigri che prendono quel tweet e ci costruiscono un articolo. E in poco tempo quel singolo commento diventa “la rivolta del Web”. Guarda, d’accordo, Internet è democrazia, ma aveva pure ragione Umberto Eco quando ha detto quella cosa sui social media e gli imbecilli…». Eco, testualmente, disse: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo aver bevuto un bicchiere di vino». Curioso, come torna sempre il bar… Ma in definitiva i giornali?, chiedo a Fiorello. Come lo vedi il futuro della carta? Prima scherza, come suo solito. «Mah. Mi interrogo sui muratori: come se lo faranno il cappello? E la cartapesta: i carri di carnevale con cosa li fabbricheranno? Per non parlare di quando vorresti appartarti in macchina con una ragazza: con che diavolo copri i finestrini? Eh, erano bei momenti. Certo, rischiavi di distrarti. Mentre eri impegnato con lei, magari ti cadeva l’occhio su una notizia: ah, questa non l’avevo letta!». Poi torna serio. «Non riesco a immaginare un mondo senza i giornali, senza la carta. Prendi i libri: pensa che tristezza le case vuote, gli scaffali sgombri… E poi le fotografie. Siamo pieni di immagini sui nostri telefonini e sui nostri tablet. Ma io non ho più una sola foto stampata. Mio padre mi ha lasciato uno scatolone di ricordi, comprese le sue foto di quando era bambino. Io invece le mie, quelle della mia famiglia, dove si ritroveranno fra trent’anni?». Sommerso dalla carta Ecco perché Fiorello, notoriamente restio sia a posare sia a dare interviste, ha accettato di farsi ritrarre per la nostra copertina quasi sommerso dai giornali. Se le edicole, la carta stampata e l’informazione credibile e autorevole si salveranno, lo dovremo un po’ anche al numero uno degli intrattenitori. Quello che da ragazzo usava i giornali solo per nascondersi quando passava suo papà davanti al bar.