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 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

OLTRE IL GIARDINO

Se non altro la strampalata trovata di Grillo e Casaleggio che vogliono espellere dal movimento chi tra gli eletti gli disobbedisce e sottoporlo a una multa di 150 mila euro ha riportato l’attenzione sull’articolo 49 della Costituzione inattuato da quasi 70 anni. Correva il novembre 1946 quando Giuseppe Dossetti presentò un ordine del giorno sul riconoscimento giuridico dei partiti politici. Ma Palmiro Togliatti tuonò: ”Non la legge deve dettare queste norme, ma solo la Costituzione deve fissare lo sviluppo pacifico della lotta nel paese”. E così l’Assemblea costituente sancì il diritto dei cittadini ad associarsi in partiti politici senza alcun riferimento all’organizzazione interna, né all’attribuzione di competenze costituzionali o al rinvio della disciplina alla legge statale. I partiti sono associazioni di fatto, prive di personalità giuridica, come una bocciofila. Per cui al loro interno può capitare di tutto: minoranze che espellono maggioranze, tesseramenti e conti fasulli. Allora, dopo vent’anni di fascismo, la democraticità del sistema apparve forse meglio tutelata dalla “lacuna della legge”. Ma oggi, di fronte alla nascita di partiti anti-sistema, della crisi tra società e politica e della personalizzazione della leadership, con la verticalizzazione nella mani di leader carismatici, è evidente che occorre una disciplina di tipo pubblicistico che garantisca il sistema dalla brutalità antidemocrtatica dei Casaleggio, che pretendono di commissariare preventivamente gli eletti privandoli della possibilità di dissentire dai capi e dal loro “staff” e del divieto del vincolo di mandato, previsto dall’articolo 67 della Costituzione. Nel corso dei decenni decine di proposte di legge sono approdate in Parlamento per regolamentare il fantasma giuridico dei partiti: da quella di Luigi Sturzo nel ‘58 fino alle più recenti di Spini, Castagnetti, Turco, Pisicchio, Sposetti, Veltroni e decine di altri. Tutte finite nel nulla. Adesso tocca alla legge proposta in Senato da Zanda e Finocchiaro, la quale prevede che per potersi candidare alle elezioni è necessario che qualunque movimento politico acquisisca personalità giuridica con tanto di statuti e regolamenti. Quindi, procedure di ammissione e espulsione, applicazione della regola maggioritaria, tutela delle minoranze, modalità di selezione delle candidature alle cariche pubbliche e modalità di scelta del leader. Rispetto alle iniziative di singoli deputati e senatori, sembra che questa volta l’impegno del Pd sia più corale, ma capite che dopo tanti decenni di paralisi ogni dubbio è lecito. Fu già Aldo Moro in Parlamento a spiegare il perché: “Il riconoscimento della funzione costituzionale dei partiti presuppone la soluzione del problema della personalità giuridica che ad essi non è stata ancora riconosciuta, ma mai è stato posto rimedio ad una situazione troppo conveniente ai partiti stessi per pensare ad una soluzione”. I tempi sono cambiati con la personalizzazione delle leadership, di cui Grillo e Casaleggio sono il modello più negativo, e la crisi tra società e politica. Ma sospettiamo che resti ancora “troppo conveniente” per tutti la “lacuna della Costituzione”, con buona pace di una rifondazione del patto ormai rotto tra politica e società civile.
a.statera@republica.it
Alberto Statera, Affari&Finanza – la Repubblica 15/2/2016