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 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

WELFARE

«Solo se si appartiene alla tribù dei tifosi lo si può capire: il vero welfare è la domenica sera, se la tua squadra ha vinto. E in trent’anni quanto welfare ha dato Silvio Berlusconi ai milanisti» (Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset).

TRANQUILLO «La rincorsa, 11 passi, lo stacco, il salto sono rimasti gli stessi. Sono cambiato io, dentro: mi sento più tranquillo quando si alza l’asticella, più solido nell’esecuzione, correggo i piccoli errori in corsa e so sempre cosa fare» (Gianmarco Tamberi, detentore del record italiano di salto in alto).

SERENI «Il rugby è una festa. Però i calciatori non sono mica diversi da noi. Il problema è che nel loro mondo c’è troppa pressione: le tv, il business. Finisce che si dimentica che stiamo giocando, e in qualche modo educando le persone che vengono a vederci. Per dare il buon esempio bisogna essere sereni. Come quelli del rugby» (Martin Castrogiovanni, rugbista, detentore del record di presenze in nazionale).

SOLO «Da piccolo ero attratto dagli sport di squadra, non mi piaceva stare in vasca da solo per ore e ore, ma poi ho scoperto che anche a bordo piscina e negli spogliatoi è possibile socializzare. Oggi, sto bene con la testa sott’acqua, da solo con me e i miei pensieri» (Gregorio Paltrinieri, nuotatore).

AFFETTO «Mio padre pensava solo al lavoro, era un costruttore. Oggi ho il rimpianto di non averli coinvolti abbastanza: loro non chiedevano di venire a vedere le partite, io ero concentrato sugli allenamenti e non ho mai insistito, forse avrei dovuto: nella mia famiglia non siamo stati bravi a dimostrarci l’affetto» (Gianluca Vialli, ex calciatore, ora commentatore Sky).

CHILI «Posso ingrassare sette-otto chili in un mese. Nel marzo scorso dopo una settimana in montagna ne ho messi su dieci» (Antonio Cassano, attaccante della Sampdoria).

FRANCESE «Platini con me faceva il francese altezzoso, da juventino pensava che fossi romanista, ma io ero e sono laziale. Era l’ultimo a uscire dagli spogliatoi e per l’intervista mi obbligava ad aspettarlo a lungo. All’epoca per noi il tempo era vitale, il servizio dovevamo correre a montarlo nella più vicina sede Rai: in quelle attese mi giravano a mille...» (Giampiero Galezza, giornalista, che ha appena pubblicato l’autobiografia L’inviato non nasce per caso, Rai-Eri).