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 2016  febbraio 12 Venerdì calendario

UN HIPPY VI SEPPELLIRA’

Un hippy, ex grande manager pubblico, sta facendo tremare i corrotti di Spagna. Prima di cambiare vita ha registrato i suoi complici nel malaffare, le sue rivelazioni stanno travolgendo il Partito Popolare e hanno tolto al leader ed ex premier Mariano Rajoy anche le ultime speranze di restare al potere.
Tutto è cominciato a fine maggio dell’anno scorso con quella che ad alcuni è sembrata un’apparizione, ad altri una sceneggiata. Al tribunale di Valencia si presenta uno strano signore, capelli incolti, barba lunga, tatuaggi, orecchini con le pietre, bracciali e anelli. Dietro l’aura da santone c’è un nome insospettabile e una biografia ingombrante: Marcos Benavent, 45 anni, fino a qualche mese prima potente capo di un’azienda pubblica della Provincia di Valencia, legato al Partito Popolare e diventato una sorta di mistico penitente, se non proprio pentito: «Ero un drogato del dinero. Ma ora racconto tutto e la merda si raccoglierà con la pala». La minaccia era fondata: la conversione di Benavent, sincera o meno, ha una conseguenza pesante: l’ex boiardo sta vuotando il sacco, denunciando gli ex amici del partito. I primi effetti si sono visti alla fine dello scorso gennaio: 14 arresti e decine di indagati e tutto il gruppo del consiglio comunale di Valencia indagato, un’inchiesta che sfiora anche Rita Barberá, sindaco per 24 anni e fedelissima di Rajoy. I toni di Marcos sono apocalittici: «Forse mi uccideranno, senza avvisarmi. Ma devo parlare. Ho rubato, come facevano tutti. Chiedo scusa, voglio restituire il maltolto, sono disposto ad andare in galera». Oggi Benavent è un fantasma temuto e nascosto. Non si fa trovare, alimentando le voci più disparate: "Vive in un monastero", "Mia moglie lo ha visto in fila per chiedere l’indennità da disoccupato", "Fa il contadino". Dopo mesi di misteri, è riapparso il primo febbraio per farsi interrogare, stavolta limitando lo show davanti ai flash.
Marcos ha consegnato ai giudici le prove: ore e ore di registrazioni. L’ex rampollo di provincia ha incastrato imprenditori e politici portando con sé per anni un sofisticato orologio-registratore. Per ricattarli o per difendersi? «È un paranoico», racconta chi lo conosce bene. L’audio più famoso è quello in cui si sentono due uomini dentro un’auto contare il denaro: «Mille, duemila, tremila... dodicimila. Sono due milioni di pesetas» (non c’era ancora l’euro, Benavent cominciò da ragazzo con le ruberie). Sembrano malavitosi, parlano di una somma ricevuta da un imprenditore edile e vengono subito identificati: uno è Benavent, l’altro è Alfonso Rus, suo padrino politico, rude cacicco locale, sindaco di Xàtiva (trentamila abitanti nell’interno della Comunità valenciana) e presidente della Diputación di Valencia (l’equivalente della nostra provincia) finito in carcere nella maxi retata di fine gennaio. La registrazione viene diffusa a pochi giorni dalle elezioni locali e fa scoppiare un caos. La scena è talmente grottesca che tg e radio nazionali la diffondono senza sosta. Rus viene cacciato dal Pp, perde le elezioni e la libertà.
Di banconote in effetti da queste parti ne sono girate tante, erano gli anni del grande boom edilizio e della corruzione. Le opere faraoniche di Calatrava, belle e carissime, ben rappresentano un’epoca grandiosa, tendente alla megalomania. Si facevano soldi su tutto: la Formula 1, le corride, i musei e persino sulla visita di Papa Ratzinger. Da queste parti ha guadagnato bene anche Iñaki Urdangarin, il genero di Re Juan Carlos che, con l’Infanta, ora è sotto processo a Palma di Maiorca e rischia 19 anni di carcere.
Marcos Benavent è il rampollo di una famiglia in vista dei dintorni di Xàtiva, legata all’Opus Dei, potentissima da queste parti. Ma nella terra dei Borgia (sono nati qui due Papi, Alessandro VI e Callisto III), i costumi non sono così severi. È una "tierra de fiesta" e Marcos non fa eccezione: collezione di auto, moto, belle donne e serate infinite. Un "pijo", un fighetto di provincia, insomma, ma con una particolarità: Benavent, pur senza ribellarsi ai codici del suo ambiente, è anticonvenzionale, mai altezzoso, ha amici di tutti i tipi, alternativi compresi, "un pijo dal volto umano", scherzano a Xàtiva. Quando Alfonso Rus diventa sindaco del Pp, nomina il ragazzo assessore alla Gioventù e alle Feste, carica centrale, perché da quell’ufficio passano parecchi soldi. L’incarico salta, ma poi Rus diventa presidente della Provincia e recupera il delfino, affidandogli l’Imelsa, l’azienda pubblica di promozione economica, altro ruolo chiave per gli affari di una vasta cricca. Benavent è all’apice, sposa Nina, la ragazza più bella della zona, figlia di un imprenditore con il quale fa affari (anche lui arrestato a causa delle soffiate dell’ex genero).
Nessuno sa davvero quando la conversione abbia avuto inizio, di certo c’è che, quando gli "indignados" invasero la Spagna, con il cosiddetto movimento del 15 marzo, lui ne fu molto colpito, persino attratto. «In un certo senso era indignato contro se stesso», spiega un parente che chiede di restare anonimo. Per i corridoi della Diputación lo sentono spesso parlar male del suo partito, e qualche giornalista riceve documenti che inchiodano il Pp.
Nel luglio del 2014, Rosa Pérez, una consigliera provinciale di Esquerra Unida (la sinistra radicale valenciana) lo denuncia, consegnando ai giudici quei nastri che lui stesso negli anni aveva registrato. Chi glieli abbia dati non è chiaro, forse il suocero, un imprenditore offeso per come ha trattato la figlia, «in ogni caso non è stato lui», dice la Pérez, «anche perché non gli giovano di certo». La sua accusatrice parla di Benavent senza astio, anzi: «Alla fine di dicembre l’ho incrociato, lo avevo denunciato da qualche mese e gli ho detto "non ti faccio gli auguri perché non sono ipocrita, spero solo che il 2015 sia l’anno in cui si farà giustizia". La sua risposta mi sorprese: "Hai ragione Rosa, siamo stati dei ladri. Mi auguro che al potere arrivi gente come te". Incredibile». Passano due ore e Benavent si presenta nelle stanze di Esquerra con due pacchetti in mano: «Ci ha regalato un acchiappasogni indiano e dell’incenso, comprati in un negozio tibetano equo e solidale». Dopo pochi giorni Marcos scompare, viaggia all’estero, Germania, Olanda, Sudamerica, Giappone, mete esotiche e forse inventate. A Valencia si narra persino di un periodo trascorso con gli sciamani dell’Amazzonia. «Mi piacerebbe rivederlo e prendere un caffè con lui», ammette la Pérez, è una persona affascinante e intelligente, il meglio del Partito Popolare. Io credo alla sincerità della sua conversione, è quello che più di tutti sta collaborando con la giustizia».
A Xàtiva, però, non sono tutti così indulgenti. L’inchiesta dimostra che l’hippy di oggi fino a ieri era un predatore di denaro pubblico. «Ha registrato tutto perché voleva coprirsi», racconta Xavier Aliaga, giornalista di punta del settimanale "El Temps", un tempo amico di Benavent, «questa è una recita in vista del processo. Guardate come si è presentato in tribunale, i vestiti da finto povero costavano in realtà centinaia di euro». L’ex moglie Nina, anch’essa spiata senza pietà, non ci casca: «Pure i tatuaggi sono finti», ha scritto in una chat di WhattsApp. Il suo avvocato, Ramiro Blasco Morales, quello che nelle foto compare dietro a Benavent perplesso per la loquacità dell’assistito, racconta la sua verità: «Marcos sta parlando con i magistrati perché glielo impone la sua spiritualità. Solo così può stare in pace con se stesso». E la pace interiore dell’hippy di Valencia la stanno pagando in tanti.