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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

UN ERRORE DI MERITO (E DI METODO) PER TOKYO

Da martedì un Paese del G-7 ha cominciato a registrare tassi negativi di mercato anche a lungo termine: i rendimenti dei titoli di Stato giapponesi decennali sono entrati nella terra incognita del segno meno: -0,035%. Quelli a scadenze più brevi sono ancora di più nella sfera negativa. È un aspetto del nuovo mondo finanziario del 2016, che presenta sfide alla logica. Se il Giappone è il Paese Ocse con il più alto indebitamento rispetto al Pil, appare assurdo che, quanto emette obbligazioni, sia in grado di far pagare una specie di penale agli investitori interessati a comprarle, anziché doverli allettare con rendimenti attraenti.
Continua pagina 2 Stefano Carrer
Continua da pagina 1 In parte, la dinamica discendente dei tassi è legata all’annuncio del 29 gennaio scorso della Banca del Giappone (BoJ) sull’introduzione (a partire dal 16 febbraio o oltre) di un tasso di meno 0,1% sulle nuove riserve in eccesso parcheggiate dalle istituzioni finanziarie. Ma l’accelerazione è legata alle turbolenze dei mercati, con la fuga degli investitori dagli asset di rischio che fa salire lo yen e i prezzi obbligazionari, oltre a far crollare la Borsa.
Mai il governatore Haruhiko Kuroda si sarebbe aspettato che una decina di giorni dopo la sua mossa a sorpresa sia l’indice Nikkei (in picchiata) sia lo yen (in risalita) sarebbero tornati ai livelli dell’autunno 2014, il periodo del suo precedente colpo di “bazooka” (ossia il raddoppio della politica di allentamento quantitativo e qualitativo). Nell’immediato, lui sperava in un movimento esattamente contrario - yen giù e Borsa su - da una iniziativa finalizzata a rassicurare i mercati sul suo impegno a fare “whatever it takes” (frase sua) per radicare aspettative di inflazione e raggiungere il target del 2% sui prezzi.
Detto in termini più maliziosi, Kuroda voleva stoppare i venti di apprezzamento dello yen, ma la sua mossa ha contribuito a disorientare gli investitori, ossia a quelle volatilità e turbolenze che spingono in alto lo yen. Ma c’è anche di peggio. Se Kuroda – come è logico pensare – ha introdotto tassi negativi per cercare di stimolare una economia reale a rischio recessione, forzando le banche a erogare più credito, è ben difficile che questo accada.
Le banche giapponesi sono più deboli di dieci giorni fa: in Borsa mediamente sono precipitate del 21%, anche in vista di minori prospettive di redditività. In ogni caso, con il senno di poi sembrano aver ragione i 4 membri del board della BoJ (su 9) che si sono opposti invano al varo di tassi negativi. Lo stesso Kuroda e i suoi sostenitori, fino a non molto tempo fa, dicevano che questa misura anomala avrebbe creato scompensi nel sistema finanziario nipponico, tanto che l’allentamento «quantitativo e qualitativo» era stato lanciato lasciando i tassi di riferimento a +0,1% anziché portarli prima a zero.
I tassi negativi hanno senso in Europa, dove in molte aree ci sono segnali inequivocabili di «credit crunch» e le banche - indebolite dalla necessità di irrobustire i loro requisiti di capitale in un momento di aumento delle sofferenze - hanno bisogno di seri incentivi per ampliare l’erogazione di credito. Ma in Giappone gli istituti bancari sono parte attiva nella ricerca di clienti, come il rapporto Tankan della stessa BoJ ha evidenziato sondando le imprese.
Sono queste ultime che, non vedendo (soprattutto sul mercato domestico) grandi occasioni di investimenti e avendo già nel complesso disponibilità liquide molto alte, non fanno molte richieste di crediti.
Agli errori di calcolo si aggiungono quelli di metodo: l’ostinazione a voler «sorprendere» i mercati per massimizzare l’effetto degli annunci ha delle controindicazioni per una banca centrale, che dovrebbe semmai preparare gli investitori alle sue decisioni. Nell’ultimo caso, segretezza e fretta sono state cattive consigliere: non è stato chiarito subito che i volumi di depositi su cui applicare inizialmente il tasso negativo sono limitati a 10mila miliardi di yen, contro 210mila miliardi su cui resta per ora un rendimento dello 0,1%.
Ora, dopo i tassi, è il Pil del Giappone che si appresta a diventare negativo, dopo lo psicodramma del terzo trimestre 2015 in cui il dato preliminare indicava contrazione (e quindi recessione) mentre il dato definitivo è risultato positivo.
Lunedì sarà annunciato l’andamento nel quarto trimestre della terza economia mondiale: le attese prevalenti sono di un passo del gambero che, seguito al rallentamento di Usa e Cina, potrà rafforzare i timori di recessione globale.