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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

LO SCIOPERO DEL TIFO CONTAGIA LA PREMIER

Per una volta, «you’ll walk alone», «camminerai da solo», e ha portato subito male. Quando sabato scorso almeno 10mila tifosi del Liverpool hanno infatti abbandonato l’Anfield al 77’ per protestare contro l’annunciato caro-biglietti, i Reds stavano vincendo 2-0 con il Sunderland: è finita 2-2. I gol negli ultimi otto minuti di Johnson e Defoe hanno avuto il senso del messaggio: senza i suoi tifosi, il Liverpool non è la stessa cosa.

CARRAGHER E KLOPP
Ancora una volta Liverpool contro il potere. Ancora una volta dalla città ribelle parte una protesta. Stavolta non ci sono miniere da chiudere e migliaia di persone da mandare a casa come accadde ai tempi di Margaret Thatcher: il tema è quello del caro-biglietti. I vertici del club hanno annunciato il rincaro della nuova tribuna, pronta per l’inizio del prossimo campionato: si passa da 59 a 77 sterline. Un aumento del 30% e i tifosi hanno reagito nel match contro il Sunderland, abbandonando l’Anfield al 77’, già diventato il numero simbolo della protesta. Anche l’ex capitano Jamie Carragher, sabato scorso allo stadio, ha lasciato la tribuna in anticipo. Roy Evans, tecnico dei Reds negli anni Novanta, racconta: «Non bisogna dare per scontata la presenza dei tifosi. E’ ora di finirla di pensare solo al denaro. Il calcio deve compiere un passo indietro e tornare a essere uno sport». Gareth Roberts, editore di The Anfield Wrap, aggiunge: «La protesta dei fan del Liverpool è un fatto senza precedenti. Aver voltato le spalle alla squadra durante una gara è un episodio epocale». Ma le parole che hanno veramente messo in difficoltà il Liverpool sono quelle pronunciate dall’allenatore tedesco Jurgen Klopp, assente nel match con il Sunderland per un attacco di appendicite che lo ha portato d’urgenza sotto i ferri: «Bisogna trovare una soluzione». E’ un invito implicito rivolto al club di compiere una parziale marcia indietro.

NUOVE PROTESTE
La protesta sta dilagando e la prossima settimana si riunirà a Londra la Football Supporters’ Federation, l’associazione dei tifosi delle venti squadre della Premier. «Abbiamo una serie di opzioni per far sentire la nostra voce. L’iniziativa di Liverpool ha avuto successo e potremmo riproporla in campionato. I club, grazie al nuovo contratto televisivo, incasseranno una montagna di denaro che dovrebbe portare a un abbassamento dei prezzi dei biglietti e invece continuano ad alzarli». Con l’accordo triennale 2016-19, grazie anche alla vendita dei diritti all’estero, la Premier guadagnerà 8,3 miliardi di sterline – 10,26 mld di euro –, una somma che garantirà a ciascuno dei 20 club almeno 130 milioni di euro a stagione, per un totale, nel triennio, di quasi 400. Un affare da capogiro.

I CLUB «Otto miliardi di motivi per ridurre i ticket allo stadio», titola il Daily Mail. «Se non ora, quando?», scrive il Guardian, ma il presidente esecutivo della Premier, Richard Scudamore, replica: «Non siamo un istituto di carità». Detto da lui, che vanta uno stipendio di 1 milione e 150 mila euro l’anno, ma che con i bonus può arrivare a guadagnare 3,2 a stagione, non c’è da sorprendersi. E’ meno comprensibile, semmai, ogni opposizione da parte dei club a gesti di buona volontà, come per esempio quello di stabilire un tetto di 38,5 euro per i biglietti in trasferta. Sono contrari soprattutto i big come Arsenal – il più caro in assoluto in Inghilterra –, Chelsea e i due di Manchester. Giustificano così il loro rifiuto: «Ridurre i prezzi dei ticket per le trasferte penalizzerebbe i tifosi di casa».

ECCEZIONI Nel dubbio, spenniamo tutti, anche se ci sono eccezioni. Lo Stoke City, per esempio, quest’anno non ha aumentato i prezzi e il club ha persino pagato i pullman per le trasferte. David Sullivan, co-presidente del West Ham, prossimo al trasloco allo stadio Olimpico, ammette: «I ricavi da stadio sono ormai una parte minima degli introiti. Si potrebbe far qualcosa per andare incontro ai tifosi». Ma l’a.d. del Liverpool, Ian Ayre, difende la scelta dei Reds di alzare i prezzi: «Non possiamo elaborare un piano di sviluppo e contare solo sui ricavi delle tivù. Tutti vorrebbero che il costo del biglietto allo stadio sia più contenuto, noi compresi, ma in questo momento non è un’opzione possibile».

SLOGAN E qui si torna alla frase del Guardian: «Se non ora, quando?». Come recita uno striscione di protesta, «Working class game, business class prices». Un gioco popolare come il calcio ha prezzi da business class. Una strategia, questa, che potrebbe allontanare la gente dagli stadi e dare un colpo di piccone alla famosa fidelizzazione made in England: «Football without fans is nothing», il calcio senza tifosi è niente, ricordano i leader della protesta, finora civile e composta. Uno striscione esposto sabato all’Anfield avverte che i toni potrebbero però salire: «Bastardi avidi, quando è troppo è troppo».