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 2016  febbraio 06 Sabato calendario

IL SESSO CHE NOIA?


Non vai a letto con tuo marito dalla nascita del terzo figlio, che risale a due anni fa. Non ti dispiace. È un sollievo. Ami Hugh, certo, tieni molto a lui, ma d’ora in avanti la castità non ti dispiacerebbe affatto… Non ti piace come bacia. Non sai come dirglielo, non potresti mai ferirlo. Non servirebbe a niente. È così da troppo tempo». La protagonista del romanzo di Nikki Gemmel "Col mio corpo" (Guanda) sperimenta il freddo del cuore, la stanchezza della quotidianità, la noia, non riesce a dirlo e prova a scriverlo. Spesso non ci sono le parole. Soltanto da poco le donne riescono a verbalizzare ciò che provano, a definire il piacere o la sua assenza. Ci ha provato Charlotte Roche nel romanzo scandalo Zone umide e continua a provarci Erica Jong. I libri dell’intelligentissimo e antipatico Michel Houellebecq sono un monumento non alle gioie ma alle noie del sesso e ai tentativi per vincerle.
Le donne raramente escono allo scoperto. Poi però, in un sondaggio francese ripreso da Madame Figaro, il 46 per cento ammette di avere slanci mediamente scarsi e confessa lo sbadiglio tra le lenzuola. Curioso che questo succeda in un’epoca di cosiddetta liberazione, con il boom dei sex toy, del porno-soft, del mommy porn e il miraggio del Viagra rosa, che in teoria dovrebbe far ripartire il desiderio con una massiccia produzione di dopamina e noradrenalina (ma ci sono limiti, effetti collaterali e alla fine gli esperti sono scettici). La noia non è una, ce ne sono cinquanta sfumature. Può essere autocensura. Il modello sociale è inarrivabile: la top manager ultrasexy governa galassie, porta lingerie leopardata e pratica le dieci posizioni più improbabili del Kamasutra. È il caso di evitare il confronto. O può essere stanchezza per il protocollo del politicamente corretto: lei vorrebbe che lui fosse più diretto, forse anche un po’ brutale e dominatore, ma non si può certo spingerlo in quella direzione. Lui vorrebbe anche abbrancarla in ascensore, ma sa che non deve, uffa! L’attrazione addomesticata non è divertente. Nel dubbio, c’è chi si chiama fuori. Può essere anche un effetto collaterale della parità. Assumendo un modello maschile con relazioni di puro intrattenimento, senza impegno, con libera sperimentazione (la psicologa Umberta Telfener li chiama «amori emancipati») le emozioni si consumano prima. Fare l’amore diventa l’equivalente di una bella corsa. Se non è superlativo, ronf, avanti un altro. Tanto vale avere friends with benefits, o, per dirla in forma più elegante con i francesi, “amicizie amorose”.
Quesito: è possibile che nonostante l’ipersessualizzazione di ogni cosa, dalle auto al silicone sigillante (Herbert Marcuse aveva ragione), il nostro tempo sia caratterizzato dalla progressiva scomparsa del piacere? A farsi carico dell’interrogativo, benché premettendo che ci sono problemi più seri, è Wilhelm Schmid, professore di Filosofia a Erfurt, in Germania, e brillante conferenziere, famoso grazie a una serie di libri che traducono il pensiero classico in aiuto pratico. Dopo avere parlato di felicità, amicizia, serenità, ed essersi ritagliato il ruolo di consulente filosofico negli ospedali, affronta lo spinoso tema in Sexout (in uscita da Fazi). Spiega: «L’amore divinizzato non è come Dio, onnipotente, onnipresente e sempre disponibile. Soprattutto chi crede nel principio del piacere, deve lottare ancora più duramente contro la sua scomparsa, sempre in agguato. E questo influisce sulla soddisfazione in una relazione, che, come mostrano le inchieste sulle coppie, è spesso condizionata dall’appagamento sessuale. Molte donne, e sempre più uomini, alla domanda se il sesso che praticano corrisponda ai loro desideri, rispondono “no”». Insomma, per Schmid assistiamo allo svuotamento, alla dissoluzione di un’euforia. Il sexout non si è mai manifestato con così tanta evidenza e varietà di forme. La sospensione momentanea (timeout), più ampia (logout) o addirittura di lungo periodo (checkout) dell’attività erotica potrebbe essere il risultato di un sex-overkill, un’estenuazione tanto forte da aver consumato tutto. «Il sesso vende, certo», scherza Schmid, «ma a prezzi stracciati. Fuori tutto! Chi considerasse la propria esistenza sotto il profilo economico, vedendo nell’amore una forma d’investimento e un’attivazione del capitale sessuale, avrebbe un modello per spiegare il sexout: a una congiuntura favorevole al sesso ne segue una sfavorevole. Proprio come in Borsa». E questo è un periodo di crolli.
La noia femminile è poco indagata. È rimasta inespressa nelle pieghe di società che alle donne concedevano giusto il ruolo di vestali, mogli efficienti, madri amorevoli. Ma senza la noia, che strisciando tra principesse anoressiche e signore Bovary è arrivata a oggi, non si spiegherebbe il successo di un romanzo come Cinquanta sfumature di grigio (e successive imitazioni). L’autrice E.L. James, sorpresa dal clamore, ha assicurato che voleva soltanto pubblicare «un romance con un po’ di pepe». Ha dato voce alle tante donne incapaci di denunciare la routine, ma poi ha riportato tutto allo schema classico della coppia (figli, matrimonio). Con o senza fruste e manette, cravatte e bavagli, che c’è di meglio dell’amore per esorcizzare la noia? (la battuta è della scrittrice Margaret Atwood). Plotoni di sessuologi scavano nei sentimenti e ritengono che il problema sia lì. «Il sesso viene anticipato e proposto senza intimità, prima d’avere stabilito una relazione, senza conoscersi. Puro tecnicismo alla ricerca di un piacere che si pretende dall’altro. È più facile finire a letto che parlarsi francamente», è la riflessione di Umberta Telfener (suo il saggio La manutenzione dell’amore, Castelvecchi). «Sono sempre più le donne a condurre il gioco e a non accorgersi dell’ambivalenza: da una parte conquistano, dall’altra squalificano i maschi che non le seducono più». Risultato: relazioni tormentate come in By the sea di Angelina Jolie o in Mon Roi di Maïwenn, film con coppie moderne, dolenti, arrabbiate che si fanno del male e vivono sull’ottovolante (la noia sarebbe meno distruttiva).
È interessante il punto di vista dello psichiatra Vittorino Andreoli nell’ultimo libro, La gioia di vivere (Rizzoli): i sentimenti sono diventati una moneta di scambio, come il denaro. Compri quello che puoi con quello che hai. Compri la novità, la consumi, ti stanchi. Le relazioni sono usa e getta. «Il fuoco della passione è l’immagine di un romanticismo ormai superato. Serve un passaggio dall’amore alla solidarietà, che va costruito tenendo conto di due corpi, di due personalità, della loro dimensione sociale». Andreoli cita la teoria dello scambio-dono dell’antropologo Marcel Mauss. Doni un oggetto e una parte di te, ricevi in dono una parte dell’altro: questo crea il legame. Oggi facciamo regalistica delle emozioni. Il dono di sé è raro e considerato pericoloso. Dopotutto l’era dei sex toy è l’era dell’individualismo.
Che soluzioni ci sono alla noia? Certe volte nessuna. È nata per ridurre il danno la cosiddetta “filosofia dei piccoli piaceri”, e il suo profeta è Philip Delerm con il bestseller La prima sorsata di birra (Frassinelli). Traduzione: accontentarsi di un mazzo di violette, un bel tramonto e un paio di lenzuola di lino. O, come segnala Schmid, «nella modernità avanzata, il resto è più importante del sesso. Il lavoro. Il fitness. Gli hobby. Gli amici. I bambini. La forza centrifuga della vita moderna tocca la coppia come mai prima. Non c’è più la forza di gravità della tradizione e della convenzione a tenerla insieme. Il collante della coppia è se stessa, il reciproco interesse, lo stare bene insieme, che tuttavia si riducono fino a scomparire. Ecco il fadeout».
Come se ne esce? Certe volte ci sono lunghi percorsi di consapevolezza: imparare a piacersi è il primo passo, non sentirsi in competizione con la top manager leopardata è il secondo. Coltivare l’empatia, il terzo. Per Schmid, chi vuole evitare il sexout «farebbe bene a usare i sensi semplificando tutto o facendo in modo che le cose semplicemente accadano, anche quando lui o lei non sembrano averne granché bisogno. È bellissimo dare sfogo intensamente, in uno stesso, lungo momento, a tutta la sfera della sensibilità, dalla vista all’udito, dall’olfatto al gusto, ma anche quella del movimento e del senso che abbiamo nascosto nel nostro stomaco. Il sesso e l’erotismo, infatti, sono pansensisti come nient’altro. Se una coppia riesce a incontrarsi su questa via il sexout sarà stato soltanto una parentesi». L’eroina di Nikki Gemmel trova un lieto fine. Va alle radici del suo passato per trovare una parte rinnegata di sé, la lascia emergere dal fondo della coscienza e ritrova il desiderio con lo stesso, inconsapevole marito. Forse è proprio la noia a lanciare la sfida per ripensare l’amore e i suoi archetipi. Racconta Umberta Telfener: «C’era una volta una donna che baciò un ranocchio sperando diventasse un principe. Non successe. Si tramutò a sua volta in una rana. Molte amano baciare ranocchi». Forse è proprio la noia che ci costringerà (per vincerla) a scrivere nuove fiabe.