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 2016  febbraio 06 Sabato calendario

FERGUSON, BLAIR E GLI EREDI SBAGLIATI

Un parallelo interessante e arguto fra le sorti del Manchester United e quelle del Partito Laburista inglese è stato tracciato sul Guardian da Alastair Campbell in un articolo longform, il genere giornalistico (abituale nei Paesi anglosassoni, raro in Italia) adatto per la sua lunghezza a sviscerare in ogni particolare una teoria complessa. Campbell ha lavorato a lungo nello staff di Tony Blair ed è buon conoscente di sir Alex Ferguson: una persona degna di essere ascoltata, quindi, quando spiega perché entrambi i personaggi di cui sopra – dopo una serie di successi così lunga da trasformare Labour e United in macchine vincenti nei rispettivi campi – abbiano clamorosamente fallito la scelta dei successori, mancando così di perpetuare il loro cospicuo lascito. Ragioni parallele: un po’ è andata male perché ai tempi in cui governavano non favorirono la crescita di veri eredi, un po’ perché le scelte vere e proprie vennero prese seguendo criteri sbagliati.
A Ferguson, che tra l’altro nel racconto di Campbell appare come un convinto laburista, venne concessa un’eccessiva autonomia da parte della famiglia Glazer. In qualsiasi altro ramo delle loro aziende, a logica sarebbero stati i proprietari americani a indicare il nuovo manager: nel calcio no, il rispetto per Sir Alex fece sì che la scelta fosse sua. E lui pensò bene di affidare Old Trafford a quello che era un suo clone: David Moyes, scozzese, estrazione working class, con una buona esperienza in un club di medio livello. Quando l’esonero ha decretato la sua fine, Ferguson ha comunque indirizzato anche la decisione successiva, ripetendo l’errore ma nella direzione opposta: per carisma e passato, Van Gaal ricorda il Sir Alex di fine carriera. Ma come stiamo vedendo in questi giorni, anche il piano B pare ormai andato. In politica le successioni sono perfino meno semplici: non puoi acquistare “giocatori” per facilitarla come ha fatto Van Gaal. Nei dieci anni di mandato a Downing Street, Tony Blair (altro scozzese...) ha mutato in profondità il dna del partito, non a caso il suo veniva chiamato New Labour: appoggiando con un po’ di riluttanza Gordon Brown, che dopo esserne stato rivale si era accomodato nella sua ombra, Blair avviò il processo di disgregazione di quel “New” che ha raggiunto l’apice l’anno scorso con la vittoria alle primarie del massimalista Jeremy Corbyn. Figura più che rispettabile ma – secondo Campbell – inesorabilmente votata alla sconfitta nel futuro duello col premier conservatore David Cameron. L’accostamento fra i destini di “due delle più grandi istituzioni britanniche” – come le chiama lui – dimostra la teoria cara a Campbell:nondev’esserechi se ne va a designare il successore, ma una terza entità. La proprietà nel caso di un club di calcio, le elezioni primarie (Brown ne fece a meno) per un partito. Chi saluta tende sempre a sopravvalutare il proprio operato: e non c’è niente di meglio di un erede mediocre per sottolinearlo.