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 2016  febbraio 05 Venerdì calendario

MPS STUDIA IL RIACQUISTO DEL BOND 2018. È IN MANO AI CORRENTISTI E VALE LA META’

Il bond subordinato Mps con un grafico da brividi potrebbe essere ritirato dalla circolazione. Fu emesso per 2,16 miliardi nel 2008 perché la banca senese facesse provvista per pagarsi (carissima) Banca Antonveneta.
Fu studiato apposta per piccoli risparmiatori, con tagli minimi da soli 1.000 euro, e distribuito tramite gli sportelli Mps nella gestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, poi defenestrati, inquisiti e condannati in primo grado per ostacolo alla vigilanza. La Consob approvò l’11 aprile 2008 il prospetto: 52 pagine piene di rischi, in cui però si leggeva che «Mps assicurerà il mercato secondario del bond quotandolo tendenzialmente allo spread di emissione ». Potenza degli avverbi: lo spread di emissione era 100, ma nell’ultimo mese, in un contesto critico, quel bond è sceso da 88 sulla pari ai 54,75 di ieri.
Dei 61 miliardi di euro di subordinati bancari italiani quel decennale senese è tra quelli che fanno palpitare i risparmiatori, che riempiono le chat e i siti di trading con i loro timori di restare coinvolti nelle perdite, in un’eventuale risoluzione del Monte o suo “salvataggio” sul modello di quelli visti a novembre su Banca Marche, Etruria, Cariferrara, Carichieti. Piccoli istituti che videro spianato il capitale azionario e anche 788 milioni di bond subordinati, come da gennaio prevede la nuova direttiva europea sul “bail in” se un istituto si ristruttura.
Ieri l’azione Mps, colpita duramente da settimane, ha recuperato un 4,4% a 0,57 euro. La quotazione del subordinato 2018 (nome tecnico Upper tier II) è rimasta poco variata a 54,75. Molti sono i subordinati bancari italiani deprezzati da dicembre, nel timore che possano finire spianati come ad Arezzo e dintorni. Ma pochi si sono quasi dimezzati, come il bond Mps 2018.
Anche per questo a Rocca Salimbeni, dove si vive in trincea, la dirigenza cerca di evitare quello scenario, e starebbe studiando con attenzione la proposta di una primaria banca d’affari. Lo schema è anche in ossequio alle nuove norme Ue, che non conteggiano i vecchi subordinati nel computo del patrimonio minimo “bail in” chiamato ad assorbire il primo 8% di perdite sul bilancio. La proposta, che si dice rivolta anche ad altri istituti bisognosi di ristrutturare le passività (tra cui il Banco popolare) sarebbe di riacquistare sul mercato alcuni bond, così da rimpolpare il patrimonio primario, e poter presto emettere nuovi subordinati del tipo compreso nei nuovi parametri di solidità. Ci sono pro e contro, oltre all’incerto nulla osta della vigilanza. Si tratta infatti di offrire un riacquisto scontato a 60 o 70 per titoli in scadenza a 100 tra due anni: un affare per la banca e una forte perdita per i risparmiatori. Ma il riacquisto avrebbe almeno un potere segnaletico e tattico, per mostrare al mercato che su quei bond c’è un compratore (i più ora vendono soltanto).
Già a metà 2013, cercando di migliorare la gestione finanziaria, Mps tentò di riacquistare alcuni bond, tra cui il subordinato 2018. Ma quell’operazione saltò perché i prezzi erano saliti oltre la gamma stretta posta dalla Commissione Ue che teneva Mps in scacco dopo l’erogazione dei Monti bond statali. Proprio in quell’occasione - è agli atti dell’inchiesta 2013 dei pm senesi l’ex capo della tesoreria Massimo Molinari diceva al collega Marco Massaccesi: «Il buy back non sta andando un granché...ora tu dimmi col casino che andremo incontro in futuro sulle cedole se era il caso di riempire i clienti con 2,5 miliardi di Upper tier II che facemmo su Antonveneta ». L’altro: «Pazzesco. Ma chi gliel’ha data, come s’è originato?». Molinari: «Che ne so! Son quelle cose che come al solito la politica commerciale se ne va per i cavoli suoi». Il bond finora la cedola la paga, tasso Euribor più il 2,5% semestrale.