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 2016  febbraio 05 Venerdì calendario

Lo confesso, sono un ultrà granata, grande appassionato di calcio (la più alta metafora laica della vita), nei molti anni passati a Londra praticai un tifo aggiuntivo, da migrante, per la squadra del mio quartiere (Knightsbridge confina con Chelsea)

Lo confesso, sono un ultrà granata, grande appassionato di calcio (la più alta metafora laica della vita), nei molti anni passati a Londra praticai un tifo aggiuntivo, da migrante, per la squadra del mio quartiere (Knightsbridge confina con Chelsea). Ora il Parlamento di Westminster ha deciso che l’Inghilterra del calcio abbia un suo inno e abbandoni il vecchio “God Save the Queen”. Giusto, trovo idiota che la nazionale inglese debba prendere a prestito un inno che a nessuno viene mai in mente di intonare nei momenti topici della vita. Noi ne abbiamo uno bello, l’unica cosa per cui sarà ricordato Ciampi è l’aver obbligato i nostri calciatori a imparare le parole dell’inno (con gli altri Presidenti i birbanti fingevano di saperlo). La Francia ha la Marseillaise, l’unica cosa per cui Hollande sarà ricordato è la sua opposizione al terrorismo islamico attraverso il canto a squarciagola dell’inno dopo i funerali delle loro vittime, con i parigini (salvo quelli delle banlieue) che lo seguivano compunti. Mai sentito un inglese che canti “God Save the Queen” come atto di amore verso il suo paese. Un giorno un amico, londinese doc, mi disse: “impossibile, ha l’energia di un lamento funebre”. I giocatori scozzesi si esaltano con il loro “Flower of Scotland”, quelli gallesi con l’eccitante “Hen Wlad Fy Nhadau” (Terra dei nostri Padri), i nord-irlandesi con il patriottico “Land of my Father”. L’ascesa al vertice del Partito Laburista di Corbyn ha dato il via alla demolizione finale sia di God, sia di Queen: prima ha detto che riconosce solo Karl Marx, poi non ha fatto l’inchino alla Regina (capisco non fare come Cameron, che a Corte sembra un tappettino,, ma un atto di educazione verso una novantenne perbene ci stava tutto), infine un suo deputato, Toby Perkins, ha sollevato il problema, chiesto un dibattito a Westminster, lo ha ottenuto. Ci sarà il 4 marzo, mi piacerebbe tanto assistervi. Da adolescente, da una portineria di piazza Vittorio ho avuto il privilegio di assistere in diretta alla fine dell’aristocrazia sabauda, che bello sarebbe vedere cadere, in diretta, non dico l’edificio, ma almeno dei calcinacci di una parte di questo marcio mondo politicamente corretto. Di colpo in Inghilterra si è aperto un grande dibattito pubblico sull’inno. Il primo a intervenire è stato Cameron che ha sposato l’ipotesi “Jerusalem”, una celebre poesia del 1808 scritta dal poeta romantico William Blake, musicata nel primo novecento da Harry Parry, la quale contiene un verso celebre, usato persino nel linguaggio comune per descrivere l’Inghilterra: “green and pleasant land”. Un sondaggio fatto nel 2010 in occasione dei giochi del Commonwealth aveva invece scelto una canzone popolare, “Land of hope and glory” del 1902, che ora è l’inno delle nazionali di rugby e di cricket. Se posso dare un contributo da ex, mi pare che l’Inghilterra di Cameron e di Corbyn (malgrado l’apparenza, se grattate, sono la stessa cosa, credetemi) e quella che si sta delineando nel prossimo futuro sia matura per abbandonare sia God che Queen, e puntare decisamente, per esempio, sul profilo terzo di David Bowie, l’uomo, pardon la persona, che oggi meglio li rappresenta. Il suo geniale “Heroes” (io, io sarò il Re/ tu, tu sarai Regina/…) sarebbe coerente con il mondo nuovo della vecchia Albione.