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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Cinzia Giorgio, Storia pettegola d’Italia. I sussurri dei salotti, i complotti dei politici e gli scandali delle star: in ogni diceria si nasconde sempre un fondo di verità, Newton Compton editori 2015, 9,90 euro Vedi Libro in gocce in scheda: 2338513Vedi Biblioteca in scheda: 2343316Roma venne fondata secondo la leggenda il 21 aprile 753 a

Notizie tratte da: Cinzia Giorgio, Storia pettegola d’Italia. I sussurri dei salotti, i complotti dei politici e gli scandali delle star: in ogni diceria si nasconde sempre un fondo di verità, Newton Compton editori 2015, 9,90 euro

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Roma venne fondata secondo la leggenda il 21 aprile 753 a.C. Lo storico Tito Livio racconta, nella sua opera Ab Urbe condita, che Roma fu fondata da Romolo. Il dio Marte avrebbe stuprato la vergine vestale Rea Silvia, principessa di Alba Longa e figlia del re Numitore (diretto discendete di Enea, figlio della dea Venere e di Anchise), la quale in seguito avrebbe partorito i gemelli Romolo e Remo. Lo zio di Rea Silvia, Amulio, aveva imprigionato il re Numitore, ucciso i suoi figli maschi e costretto la nipote a consacrarsi alla dea Vesta. I neonati furono lasciati andare in una cesta lungo il Tevere, ma sopravvissero.

I fescennini: versi in saturni che formavano una farsa popolare alimentata da dicerie o oscenità. Si svolgevano come uno scambio concitato di battute oscene. Originari forse della città di Fescennium nell’Etruria meridionale. Venivano recitati durante le feste rustiche. Fecero la loro apparizione nel II secolo a.C. come forma di intrattenimento rozza e popolare.
La satira trova le sue radici proprio nei versi fescennini.

La prima definizione di satura o satyra o satira è del grammatico Diomede nel VI secolo d.C.: un carme basato sulla maldicenza che voleva fustigare i vizi degli uomini.

I carmina triumphalia erano i canti intonati dai soldati in occasione delle celebrazioni delle battaglie vittoriose. Si mescolavano lodi al comandante con pettegolezzi e allusioni sulle sue abitudini. Sono andati quasi tutti perduti. «Cesare sottomise la Gallia, ma Nicomede sottomise Cesare», ne è un esempio, con il riferimento alla relazione omosessuale tra Cesare con il re di Bitinia, Nicomede IV Filopatore. Questa diceria era nata tra il 94 e il 74 a.C. quando il giovane Giulio Cesare era stato inviato in Bitinia come ambasciatore per convincere il re ad inviare una flotta per aiutare Roma durante l’assedio di Mitilene.

Cesare andò a letto con le mogli dei suoi nemici. Fu definito “il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti”.

La nenia funebre era cantata da donne pagate, le prefiche, che intorno al letto del defunto ne cantavano la vita e le virtù. I familiari indossavano delle maschere, le imagines, ricavate dal calco dei visi dei parenti morti. Anche il morto era oggetto, durante il funerale, di allusioni e dicerie. La laudatio funebris rappresentava un elogio spesso non veritiero per il defunto ed era pronunciata da un parente molto stretto.

I saturnalia erano i giorni di festa dedicati al dio Saturno. Nella Roma repubblicana si festeggiavano il 17 dicembre. Vennero poi aggiunti altri giorni: due da Cesare, quattro con Caligola e sette con Domiziano. La festività venne organizzata in maniera definitiva nel 217 a.C. dopo la sconfitta dei cartaginesi nella seconda guerra punica. Inizialmente festa agricola, divenne poi una festa simbolica che richiamava all’età dell’oro.
Durante i saturnalia i romani componevano epigrammi, si scambiavano regali e vestivano delle tuniche semplici. In queste feste si ribaltavano i ruoli sociali: gli schiavi in quei giorni diventavano padroni e i padroni schiavi.

Cornelia, figlia di Cornelio Scipione l’Africano, vincitore di Annibale, era nata a Roma forse nel 189 a.C. Bella ed intelligente, era una delle donne più colte di Roma. Aveva sposato per decisione paterna il console Tiberio Sempronio Gracco e da lui ebbe 12 figli. Fu un matrimonio felice. Quando Tiberio morì Cornelia aveva 35 anni ed era ancora molto bella. Si occupò sempre e solo dei suoi figli e della loro formazione. Ne perse nove. Ad una donna arricchita presentò i suoi figli Tiberio e Caio così: «Haec ornamenta mea», «Questi sono i miei gioielli».
Cornelia morì a settantanove anni, ma prima vide morire Tiberio e Caio. Si ritirò a Capo Miseno dove alla sua morte fu eretta una statua alla cui base fu inciso: «Cornelia madre dei Gracchi».

Il console Caio Mario veniva da una famiglia contadina di Arpino. Arruolatosi giovanissimo aveva seguito tutto l’iter del corsus honorum. Sua moglie Giulia era la zia del futuro console e pontefice massimo Giulio Cesare.
Creò il primo “esercito proletario” che si sostituiva alle truppe mercenarie, arruolando ed addestrando in tempi record tutta la popolazione maschile.

Lucio Cornelio Silla proveniva da una famiglia della piccola aristocrazia. Aveva vissuto una giovinezza viziosa e libera. Nell’88 ottenne il consolato e governò a Rima da tiranno.
Quando Giulio Cesare varcando il Rubicone pronunciò la famosa frase “Alea iacta est”, infranse proprio una legge di Silla secondo la quale nessuna forza armata sarebbe dovuta entrare in Roma. La sua ultima moglie fu una bellissima ragazza di venticinque anni, Valeria. Morì a causa di un’ulcera allo stomaco degenerata in tumore. Sulla sua lapide volle scritto: “Nessun amico mi ha aiutato e nessun nemico mi ha offeso senza che io non appia ripagato in pieno”.

Lucio Sergio Catilina: era un giovane patrizio legato di Silla, propretore in Africa. Prima della congiura, la famosa congiura di Catilina, aveva subito un’incredibile campagna diffamatoria. Di lui si diceva di tutto. Era indebitato, accusato di concussione, si disse che avesse stuprato una vestale, reato per cui vigeva la pena di morte, e che avesse poi soppresso il figlio avuto dalla donna.

Cesare varcò il Rubicone il 10 gennaio del 49 a.C. ed entrò a Roma il 16 marzo lasciando i suoi uomini fuori dalle mura. Voleva essere nominato dittatore e amministrare il tesoro dello Stato.

Quando Cesare andò in Egitto, si racconta che la regina Cleopatra si presentò a lui facendosi srotolare da un tappeto dal suo servo Apollodoro. Si infilò direttamente nel letto di Cesare. Divennero amanti e lei gli regalò una crociera sul Nilo. Cleopatra rimase incinta e nacque Tolomeo Cesare, detto “Cesarione”. A Roma Cesare riconobbe pubblicamente il bambino, la qual cosa fomentò i malumori contro i lui.

La cospirazione contro Cesare prese forma nel 48 e fu organizzata da Cassio. Pare che Marco Antonio sapesse tutto e che non avesse mosso un dito per informare Cesare. Agli inizi del 44 i congiurati erano sessanta. Cesare era sprovvisto di guardie del corpo perché aveva da poco licenziato le guardie spagnole, non voleva vivere nel terrore. Il primo ad avventarsi su Cesare fu Publio Servilio Casca che lo colpì alla gola.
Il giorno prima di morire Cesare disse che avrebbe voluto per sé una morte rapida e violenta.
Svetonio ci racconta che Cesare fu colpito da 23 pugnalate e che si lamentò solo alla prima.
Il 17 marzo Antonio lesse pubblicamente il testamento di Cesare: veniva designato erede Caio Ottaviano.
Secondo alcuni psichiatri forensi americani Cesare si sarebbe fatto uccidere apposta perché aveva gravi problemi di salute.

La regina Cleopatra si trovava a Roma quando Cesare fu ucciso. Cercò di accordarsi con Antonio e tra i due scoppiò l’amore. Dalla loro unione nacquero tre figli: i due gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene e il piccolo Tolomeo Filadelfo.
Antonio era ancora sposato con Fulvia che poi ripudiò per sposare la sorella di Augusto, Ottavia. Ma successivamente sposò anche Cleopatra.

Antonio morì suicida perché gli avevano detto che Cleopatra era morta e Cleopatra si uccise col veleno o con un aspide perché Antonio era morto. Cesarione fu ucciso, il piccolo Tolomeo morì prima dell’arrivo a Roma. I gemelli invece furono cresciuti a Roma dalla sorella di Augusto. Selene nel 25 fu data in sposa al re della Numidia Giuba II, ne nacque un’unione ventennale più che felice e due o tre figli. Selene fece ristrutturare la capitale come Alessandria d’Egitto, rendendola una città all’avanguardia. Secondo alcuni studiosi fu Giuba II a scoprire le Canarie e le avrebbe chiamate così (“Isole dei cani”) per i numerosi randagi che vi abitavano.

Le Vite dei Cesari di Svetonio, un’opera divisa in otto libri che ci offre una carrellata completa dei vizi e delle abitudini, pettegolezzi compresi, dei primi dodici imperatori di Roma.
Di Augusto ci racconta la meteoropatia e che castigò i costumi morali. Aveva una mania: sigillava le sue lettere prima con un’immagine di una sfinge, poi con quella di Alessandro Magno e poi con la sua, dopodiché aggiungeva l’ora precisa in cui spediva la missiva.

Tiberio era molto tirchio. Nella sua villa di Capri aveva allestito un salottino per le sue libidini segrete.

Giulio Cesare Augusto Germanico era chiamato da tutti Caligola per i calzari che indossava. Alto, magro e smunto, si vantava di essere nato dall’incesto di Augusto con la sua unica figlia Giulia. Era solito commettere incesto con le sue sorelle anche in pubblico. Fu ucciso nel 41 dalla congiura dei pretoriani, insieme alla moglie e alla loro bambina che fu scaraventata contro un muro.

Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico era un timido studente modello, ma si rivelò un ottimo sovrano. Sposò Messalina, di cui si diceva che si prostituisse in un lupanare nella zona del Circo Massimo facendosi chiamare Lycisca. Venne uccisa a 23 anni e Claudio sposò Agrippina, madre del futuro imperatore Nerone.

Nerone era figlio di Domiziano, morto quando il futuro imperatore aveva solo tre anni. Adottato da Claudio a undici anni, fu affidato al filosofo Seneca. Divenne imperatore alla morte di Claudio, avvelenato da Agrippina con una zuppa di funghi.
Nerone al calare del sole era solito andare in giro per Roma dandosi alla pazza gioia e facendo il teppista.

L’imperatore Vitellio era molto goloso. Vespasiano era tarchiato e robusto e si lavava spesso. Domiziano, figlio di Vespasiano, depilava personalmente le sue concubine.

Il primo autore di satire fu Gaio Lucilio. Con la satira si demitizzava la politica, deridendo il potere con un’analisi feroce di vizi e virtù.

L’autore del Satyricon, Tito Petronio Nigro, noto come Petronio Arbitro (arbiter elegantiae della corte di Nerone), morì suicida nel 66 d.C. a Cuma. Aveva dipinto una società corrotta e schiava del denaro.

Marco Valerio Marziale fu studiato e amato dagli scrittori latini a lui successivi. Giovanni Boccaccio ritrovò un suo codice manoscritto e lo tradusse personalmente.

Decimo Giunio Giovenale era stato un avvocato senza successo, prima di diventare un letterato senza soldi all’ombra dei potenti. A ottant’anni fu mandato in Egitto dall’imperatore Adriano per espiare la colpa di aver scritto versi troppo omofobi. Scrisse: «Non c’è niente di più insopportabile di una donna ricca».

Il 27 febbraio 380 Teodosio promulgò l’editto di Tessalonica: il Cristianesimo veniva riconosciuto religione di Stato, proibite le altre religioni.

La figura di Cristo fu oggetto di pettegolezzi fin da subito. Sulla sua nascita se ne dicevano di tutti i colori: che Maria fosse stata violentata da un soldato romano, un certo Tiberio Giulio Abdes Pantera, rimanendo incinta. E che Giuseppe, impietosito, l’avrebbe sposata. Si diceva che Gesù si accompagnasse con le prostitute e che non rispettasse i precetti del sabato. Di tutto è stato poi detto sulla sua presunta relazione con Maria Maddalena.

La prima testimonianza visiva di Cristo è una caricatura graffita del II secolo che si trova su una casa romana sul Palatino: sono raffigurati un uomo con la testa d’asino crocifisso e un altro uomo che lo adora.

L’imperatore Costantino nel 313 promulgò l’editto cin cui metteva fine alle persecuzioni contro i cristiani: “E’ consentita sia ai cristiani che a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque Essa sia, garantisca pace e prosperità a noi e a tutti i nostri sudditi”.

Si dice che Claudia Procula la moglie di Ponzio Pilato, prefetto di Giudea che mandò a morire Gesù, e pare nipote dell’imperatore Augusto, si fosse convertita al cristianesimo da tempo. Sembra che avesse cercato di convincere il marito a non macchiarsi del delitto e che dopo la morte di Gesù, che tempo prima le aveva guarito il figlio Pilo nato con un piede equino, Claudia avesse deciso di lasciare il marito.
Claudia è riconosciuta santa dalla Chiesa greco-ortodossa, con il nome di Santa Procula o Procla, perché aveva tentato di salvare la vita a Gesù.

Nell’anno 40 si contavano mille seguaci del Cristianesimo, nel 350 erano circa 30 milioni.

Elena, la madre dell’imperatore Costantino, da giovane era stata una locandiera. Aveva poco più di sedici anni quando conobbe il padre di Costantino, Flavio Valerio Costanzo Cloro, detto “il pallido”. Dopo la nascita del figlio, nel 284, i due si separarono. Diocleziano era salito al potere quell’anno e aveva stabilito la propria capitale a Nicomedia in Bitinia, dove Elena continuò a vivere. Costantino fece uccidere la nuova moglie Fausta, che lo aveva ripetutamente tradito, “lessandola” con l’eccessivo calore dei bagni di palazzo.
Elena andò a Gerusalemme per cercare la Croce di Cristo e questo ritrovamento la elevò alla santità. Fece erigere chiese in Palestina e a Roma, in particolare due: una in onore di San Paolo (l’attuale San Paolo fuori le Mura) e una dedicata a San Pietro sul colle Vaticano.

Secondo gli storici il Medioevo è cominciato nel 476, l’anno della caduta dell’Impero romano d’Occidente ed è finito nel 1492, quando Cristoforo Colombo scoprì l’America.

Durante il Medioevo la lingua scritta della letteratura era il latino. La tradizione poetica orale era in mano ai menestrelli, ai giullari e ai trovatori.
Il termine giullare deriva dal latino ioculator, “buffone”. Erano gli eredi degli attori ambulanti dell’antichità. Viaggiavano tutto il tempo tra le corti e in ognuna raccontavano i pettegolezzi sentiti in quella precedente. Quando un giullare si stabiliva definitivamente in una corte diventava ministerialis, menestrello. Il menestrello smetteva gli abiti buffi e accompagnava i suoi racconti con uno strumento musicale.

Il ritrovo più famoso di giullari e trovatori era la festa laica di Calendimaggio a Firenze. Fu durante questa festa che Dante Alighieri a nove anni vide e si innamorò di Beatrice.

Il più famoso scrittore del Medioevo latino fu Liutprando, vescovo di Cremona, grazie al quale si conoscono usi e costumi della corte bizantina e della Chiesa altomedievale. La sua opera più famosa nota come Legatio, è un opuscolo in cui vengono attaccati i funzionari bizantini e l’imperatore stesso.

La leggenda della papessa Giovanna fu divulgata in versione scritta nel Duecento dal domenicano Jean de Mailly. Si narra che dopo la morte di papa Leone IV fosse stato eletto un giovane successore originario di Magonza o di origini inglesi che prese il nome di Giovanni VII o VIII. Si scoprì in seguito essere una donna, quando partorì in pubblico.
Nel 1647 il calvinista David Blondel smentì scientificamente la leggenda della papessa Giovanna.

Manfredi di Svevia era nato a Benevento nel 1232, figlio illegittimo poi legittimato dall’imperatore Federico II di Svevia e del suo grande amore Bianca Lancia. I due avevano una relazione clandestina dal 1225. Dal loro amore nacquero tre figli.

Romeo e Giulietta si chiamavano in realtà Mariotto e Ganozza ed erano di Siena. Tommaso Guardati, noto come Masuccio Salernitano, scrisse la loro storia nel 1476, inserendo il suo racconto nel Novellino. Cinquant’anni più tardi Luigi Da Porto riprese la storia collocando la vicenda a Verona e dando i nomi di Montecchi e Cappelletti alle due famiglie. Matteo Bandello nel 1554 trascrisse un’ulteriore versione nelle sue novelle. Anche in Francia e in Inghilterra la storia venne ripresa da altri artisti, tra i quali Arthur Brooke. Romeo and Juliet di William Shakespeare venne rappresentata per la prima volta nel 1597.
Dagli anni Trenta esiste a Verona, al civico 39 di corso Santa Anastasia, il Club di Giulietta, che riceve e risponde a migliaia di lettere da tutto il mondo. Il fondatore del club fu Ettore Solimani, custode della tomba della giovane Capuleti.

La pittura a olio fu inventata dall’artista fiammingo Jan van Eyck che ideò una nuova preparazione dei colori. Usò l’olio al posto dell’uovo ottenendo così colori più brillanti.

Uno dei più famosi delitti irrisolti del Rinascimento fu l’omicidio di Juan Borgia il 14 giugno 1497. Juan era il secondogenito di Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) e di Vannozza Cattanei, la donna più importante della sua vita. Ebbero quattro figli, Cesare, Juan, Lucrezia e Jofré e si lasciarono nel 1483. I ragazzi furono affidati alla cugina di Rodrigo Borgia e Rodrigo si consolò con la sedicenne Giulia Farnese.
La sera dell’omicidio Juan era stato a cena dalla madre e poi si era volatilizzato, ritrovato cadavere due giorni dopo. Il fratello maggiore Cesare fu poi accusato di essere il mandante dell’omicidio, perché Juan era il figlio prediletto di Rodrigo.

Girolamo Riario, signore di Imola e di Forlì e nipote di papa Sisto IV, fu l’organizzatore della Congiura dei Pazzi contro i due fratelli de’ Medici. Si stabilì che Lorenzo e Giuliano dovessero morire nel duomo di Santa Maria del Fiore durante la messa di Pasqua, il 26 aprile 1478. Lorenzo doveva essere ucciso per primo, ma riuscì a scappare. Giuliano, invece, a causa di un’infezione alla gamba che non gli permise di fuggire morì accoltellato da Francesco de’ Pazzi, il suo vecchio miglior amico. I congiurati furono tutti giustiziati, dopo essere stati aggrediti dai fiorentini pare anche con episodi di cannibalismo.

Pietro Aretino diceva di essere figlio di una cortigiana ma di avere l’anima di un re. In realtà era figlio di un calzolaio di nome Luca. Pietro era un ragazzo ribelle e la sua educazione fu parecchio incostante. Era abilissimo nel farsi raccontare i segreti più intimi da chiunque, per poi divulgarli liberamente. Era anche un perfetto organizzatore di feste e spettacoli.

Lorenzo il Magnifico ebbe un timore reverenziale nei confronti di Girolamo Savonarola, il predicatore dai sermoni apocalittici. Lo mandò a chiamare dal letto di morte ma pare che il Savonarola rifiutò di assolverlo dai suoi peccati. A Firenze nel periodo della predicazione di Savonarola si diffusero “i falò delle vanità”. Il più tremendo fu quello della sera del 7 febbraio 1497, un martedì grasso. Venne eliminato tutto quello che era reputato peccaminoso. Lo stesso Botticelli in persona portò alcune sue opere al rogo.
Il 23 maggio del 1498 Savonarola fu giustiziato dopo che i fiorentini e il consiglio dei notabili avevano deciso che il monaco aveva esagerato nel predicare troppo.

Nel 1528 viene pubblicato il libro di Baldassar Castiglione Il libro del Cortegiano in cui si descriveva la vita alla corte di Urbino presso la duchessa Gonzaga. Si trattava di una specie di vademecum della vita sociale del tempo.

Caterina Sforza, figlia di Galeazzo Maria Sforza signore di Milano, aveva sposato Girolamo Riario, organizzatore della congiura dei Pazzi ed era madre di Giovanni dalle Bande Nere, avuto dal suo terzo marito. Era famosa per il suo coraggio. Quando morì il marito amministrò la signoria in vece di suo figlio Ottaviano. Al settimo mese di gravidanza nel 1484 fece la famosa cavalcata fino a Roma e lottò contro i soldati di papa Borgia. Quando le ammazzarono i figli il 14 aprile 1488 esclamò alzandosi la sottana: «Impiccateli pure, a me non manca lo strumento per farne altri».

Durante il Rinascimento le prostitute ricoprirono un ruolo sociale significativo. A Venezia, Firenze e Roma tenevano salotti letterari, facevano parte di circoli aristocratici e partecipavano ad ogni occasione mondana.

Il termine cortigiana fu inventato dal maestro cerimoniere di papa Alessandro VI Borgia, Burcardo. Inventò questa definizione: «cortegiana, hoc est meretrix honesta».
Le cortigiane lavoravano apertamente e pagavano le tasse, a differenza delle prostitute di lume che esercitavano di nascosto. Le cortigiane oneste erano delle vere e proprie celebrità. A Roma le più richieste erano le greche, particolarmente belle e loquaci. La cortigiana più famosa di Roma fu Imperia. Le cortigiana veneziane potevano esibire gioielli e abiti sfarzosi ed uscire dal loro quartiere, il Castelletto vicino al ponte di Rialto. Veronica Franco fu la più celebre cortigiana della Venezia di fine Cinquecento. Fu una delle pochissime donne ad essere prosciolta dall’accusa di stregoneria, difendendosi da sola.

Cosimo de’ Medici nel 1545 promulgò a Firenze una legge che imponeva alle prostitute di indossare un velo giallo per essere riconoscibili.

Isabella Andreini fu la prima vera attrice di teatro italiana. Nata a Padova nel 1562, fu la prima ad essere riconosciuta a livello internazionale. Grazie a lei, fedelissima al marito a cui diede sette figli, le attrici non furono più assimilate alle prostitute.

Nel XVI secolo si diffuse l’usanza di appendere al torso e sul piedistallo delle sculture dei componimenti satirici in versi o in prosa. A Roma la più famosa “statua parlante” è Pasquino, collocata in piazza Pasquino all’inizio del Cinquecento e ancora oggi esistente. Una delle pasquinate più famose fu quella appesa negli anni Trenta del Novecento in occasione della visita di Hitler a Roma: «Povera Roma mia de travertino, t’hanno vestita tutta de cartone, pe’ fatte rimirà da ‘n imbianchino».

Giorgio Vasari nel 1550 pubblicò con l’editore Giunti (e ristampò nel 1568) Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, 160 biografie che partono da Cimabue. Vasari inventò il termine “Rinascita”, ovvero Rinascimento. Grazie a lui sappiamo che: Giotto era un enfant prodige e disegnava cerchi perfetti a mano libera; Filippo Lippi aveva fatto due figli con una monaca di cui si era innamorato; Botticelli era un buontempone, con un carattere bizzarro; Leonardo era molto lento nella consegna delle opere; Andrea del sarto aveva una moglie insopportabile; Raffaello amava troppo far l’amore e morì per il “troppo coito”.

Sandro Botticelli era chiamato così per il soprannome dato al fratello Giovanni, che era appunto grassoccio come una piccola botte.

Leonardo da Vinci nel 1476 fu accusato di aver sodomizzato un ragazzo di diciassette anni di nome Jacopo Santarelli. Sebbene assolto, Leonardo fece poi voto di castità perpetua.

Michelangelo Buonarroti si arrabbiava moltissimo se lo si definiva pittore e firmava le sue opere come “Michelangelo Buonarroti scultore”. Pare che emanasse un cattivo odore e che fosse un taccagno senza uguali. Non visse mai nella casa in Via Ghibellina 70 a Firenze, oggi sede del museo a lui dedicato, che destinò al nipote omonimo.

Raffaello pare che fosse raccomandato da Bramante anch’egli urbinate. Morì a 37 anni il venerdì santo del 1520, quasi certamente di polmonite. Si era ammalato durante un temporale dopo essere stato convocato d’urgenza da papa Leone X per parlare degli affreschi delle Stanze Vaticane.

La parola strega viene probabilmente da strix, un animale notturno simile a un gufo che si diceva succhiasse il sangue dei neonati.

L’imperatore Nerone, considerato capo di una setta segreta che si radunava sotto l’albero, fu sepolto sotto un populus, un pioppo che fu fatto abbattere nell’XI secolo da Papa Pasquale II. Quel luogo è piazza del Popolo a Roma.

Con la bolla Summis desiderantes affectibus del 1484 papa Innocenzo VIII decretò in maniera ufficiale l’avvio della caccia alle streghe in Italia. Durante la seconda metà del XVI secolo furono mandate al rogo centinaia di migliaia di donne. Solo in Italia si contarono cinquemila vittime. Secondo lo storico Giovanni Romero, la caccia alle streghe terminò a causa della crisi dei tribunali del Sant’Ufficio tra Sei e Settecento.

Caterina de’ Medici nacque nel 1519, da Lorenzo de’ Medici e la principessa francese Maddalena d’Auvergne che morì di febbre a pochi giorni dal parto.
Caterina non amava truccarsi e praticava l’equitazione. Si sposò con Enrico, il figlio del re di Francia Francesco I. Importò in Francia, il sapone, il profumo, il belletto e le posate, in particolare la forchetta. Ebbe dieci figli, ma i maschi morirono tutti uno dopo l’altro. La figlia Margherita sposò il re ugonotto di Navarra, Enrico, ma non potendogli dare figli lasciò che sposasse in seconde nozze la cugina Maria. Passò alla storia come la prima reale divorziata. Caterina affidò ad Enrico il regno di Francia, a patto che abiurasse in favore della Chiesa Cattolica. Enrico, accettando, pronunciò la famosa frase: «Parigi val bene una messa».

Nel 1689 il governo francese stabilì il Prix de Rome, una borsa di studio destinata ai giovani francesi per poter soggiornare a Roma e studiare da vicino l’arte antica.

Michelangelo Merisi da Caravaggio usava modelli presi dai bassifondi romani e cadaveri per dipingere i morti. Dissipava tutto quello che guadagnava, soprattutto in prostitute.

Napoleone Bonaparte dichiarò pubblicamente che la regina di Napoli, Maria Carolina di Borbone, era lesbica. Molto chiacchierata fu l’amicizia di questa con Emma Hamilton.

Emma Hamilton visse un ménage a trois dichiarato con il marito Lord Hamilton e l’ammiraglio Nelson con grande scandalo di tutta l’alta società britannica.

Tra le tante dicerie su Ugo Foscolo si disse anche che avrebbe scopiazzato l’idea dei Sepolcri dal suo amico Ippolito Pindemonte, citato esplicitamente nell’opera.

La tragedia di Foscolo Aiace venne rappresentata per la prima volta alla Scala di Milano il 9 dicembre 1811 e non fu un grande successo, perché lo spettacolo era troppo lungo e perché aveva alcuni passaggi involontariamente comici.

Ugo Foscolo girava sempre con gli occhiali da sole, per un’ipersensibilità alla luce.

I pettegolezzi su Alessandro Manzoni ebbero origine ancor prima che nascesse. Sua madre Giulia Beccaria, sposata a Pietro Manzoni più anziano di ventisei anni, partorì il suo primo figlio a ventitrè anni ma sembra che fosse rimasta incinta di Giovanni Verri, fratello del Pietro Verri del giornale “Il caffè”. Pare che Pietro Manzoni fosse solito portare una parrucca con il codino.

Alessandro soffrì fin da giovane di pesanti esaurimenti nervosi che placava con lunghe passeggiate. Patì sempre i pettegolezzi che definiva: «mania che si ha di parlare degli affari degli altri».

Manzoni seguiva uno stile di vita estremamente regolare: poche visite, lunghe passeggiate, giardinaggio, niente uscite mondane e a letto al massimo alle nove.

Pare che per scrivere velocemente Il cinque maggio Alessandro Manzoni abbia chiesto alla moglie di suonare il piano ininterrottamente per tre giorni per tenerlo sveglio.

I due figli Filippo ed Enrico scialacquavano il patrimonio del padre e contraevano debiti che causarono difficoltà economiche ad Alessandro.

Quando Giuseppe Garibaldi, reduce della spedizione dei Mille, andò a far visita ad Alessandro Manzoni gli portò in dono un mazzo di violette.

La mattina del 6 gennaio 1873 mentre si recava a messa nella chiesa di San Fedele, Alessandro inciampò e batte la testa sugli scalini dell’ingresso. Non si riprese mai e morì il 22 maggio.

Secondo alcuni la ricetta della pasta alla carbonara risale ad una nobildonna del Polesine che ospitava le riunioni segrete degli affiliati della società segreta.

I locali dove si radunavano i carbonari si chiamavano “baracche” ed erano case private, per lo più scantinati. San Teobaldo era il protettore dell’associazione. Per i carbonari Capodanno cadeva il 1 marzo. La stanza dove si tenevano le riunioni segrete era illuminata con candele di cera gialla su candelabri neri.

Giuseppe Garibaldi era il secondo di cinque figli di una famiglia di marinai. Prima di compiere quindici anni aveva già salvato una lavandaia che stava affogando in un fosso e aveva soccorso alcuni amici che stavano naufragando durante una burrasca.

In Sudamerica conobbe la creola Anita Ribera che per scappare con lui abbandonò il marito calzolaio. La vide per la prima volta dalla nave con un cannocchiale e decise subito che sarebbe stata la donna della sua vita.

Quando Anita morì si scatenarono dicerie di ogni tipo. Il medico che per primo vide il cadavere sostenne che poteva essere morta per strangolamento, magari ad opera dello stesso Garibaldi.

Prima di essere chiamato da Cavour nel 1859, Garibaldi si era stabilito a New York dove lavorò nella fabbrica di candele di Meucci. Tornato poi in Italia si stabilì nell’isola di Caprera dove si dedicò all’agricoltura.

La sera del 5 maggio 1860 Garibaldi si imbarcò con un migliaio di volontari a Quarto, vicino a Genova, alla volta del Sud Italia. Tra questi: 150 avvocati, 100 medici, 20 farmacisti, 50 ingegneri. Si aggiunsero anche una donna travestita da uomo, Rosalia Montmasson, moglie del futuro primo ministro Francesco Crispi, lo stesso Crispi e lo scrittore Alexandre Dumas, che aveva 60 anni, vestiva tutto di bianco e portava un cappello dalle piume blu, bianche e rosse.

Garibaldi decise di finanziare un giornale l’Indipendente, sul quale Dumas pubblicò a puntate i resoconti della spedizione dei Mille. Il suo collaboratore, il giovane garibaldino Eugenio Torelli-Viollier, sarebbe stato in seguito uno dei fondatori del Corriere della Sera.

Camillo Benso conte di Cavour fu nominato sindaco a soli ventidue anni. Era convinto che il vino rosso fosse il miglior rimedio per l’obesità.

Carlo Alberto di Savoia era soprannominato “Re Tentenna” a causa della sua costante indecisione. Circolava anche una famosa diceria per cui Vittorio Emanuele II non fosse figlio di Carlo Alberto ma del macellaio. Si diceva che il principino fosse morto a due anni a causa di un incendio scaturito nella sua stanza e che fosse stato sostituito dal figlio del macellaio di corte.

La popolana Rosa Vercellana detta “la Bela Rosìn” fu l’amante del re Vittorio Emanuele II, a partire dal 1847 e per tutta la vita. Da lei ebbe due figli naturali: Vittoria ed Emanuele Alberto. I due alla fine si sposarono con rito religioso e con un matrimonio morganatico che non attribuiva alla sposa e ai suoi figli alcun diritto sulla successione al trono d’Italia.

Umberto I, re d’Italia dal 1878 al 1900, era soprannominato “Sciaboletta” perché era così basso che doveva portare una sciabola d’ordinanza più corta del normale.

Pare che l’ultimo re d’Italia Umberto II avesse un debole per gli ufficiali. Benito Mussolini portava con sé una cartella contenente le prove dell’omosessualità del principe ereditario. Umberto II fu re per un mese soltanto dal 9 maggio 1946 fino a giugno quando gli italiani scelsero la Repubblica.

I salotti organizzati da signore dell’alta società esistevano fin dal Rinascimento. A Venezia era famoso quello della dogaressa veneziana Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero doge dal 1457 al 1462. A Roma molto importante fu il salotto della principessa Cristina di Svezia nella seconda metà del XVII secolo. Ereditato il trono a soli sei anni, Cristina parlava sette lingue tra cui l’italiano. Cartesio fu il suo insegnante di filosofia, lezioni che la regina si faceva dare alle cinque del mattino. Abdicò nel 1654 a favore del cugino Carlo Gustavo e si trasferì a Roma, dove insediò il suo quartier generale a Palazzo Farnese. Pare che non disdegnasse anche amori saffici, tra i quali quello con Ebba Sparre che definiva la sua “compagna di letto”. Tra i suoi amici più intimi ci fu lo scultore Bernini. In via della Lungara a Trastevere organizzò il suo famoso salotto e diede vita all’Accademia reale, centro di cultura letteraria.

Tra i salotti più famosi dell’Ottocento ci fu quello milanese di Clara Maffei, frequentato anche da Alessandro Manzoni, dal pittore Francesco Hayez e dal musicista Giuseppe Verdi. Si trovava a palazzo Olivazzi, in via Bigli.

Un importante centro di cultura fu il salotto parigino della principessa milanese Cristina Trivulzio di Belgiojoso. Sposata con il bellissimo principe Emilio di Belgiojoso, aitante e donnaiolo, dotato di una splendida voce da tenore, ebbe un matrimonio decisamente infelice. Emilio aveva acquistato la carrozza che Byron aveva usato a Milano, che al suo interno aveva un vero letto. Cristina ottenne la separazione nel 1828 e fu vista a teatro vestita di nero per il lutto del suo matrimonio fallito.

Trasferitasi a Parigi ebbe un’amicizia con l’anziano generale La Fayette e con il letterato Alfred de Musset. Si stabilì nel palazzo del duca de Plaisance, nella zona della Madeleine. Faceva uso di oppio e morfina per placare i suoi dolori articolari. Nel 1838 ebbe una figlia, Maria Gerolama, di cui non si conobbe mai la paternità.

Il primo giornale italiano dedicato al gossip uscì il 6 febbraio 1760 e si chiamava la «Gazzetta veneta», ricalcato sullo «Spectator» inglese.
Il primo giornale femminile fu «La comare», uno dei primissimi giornali in cui era presente la rivendicazione dei diritti della donna. Gli editori Del Duca nel 1946 pubblicarono «Grand Hotel», rivista di gossip ed attualità. «Novella 2000» nacque come «Novella» nel 1919 come rivista di letteratura e poi, acquisita dall’editore Angelo Rizzoli, nel 1927 si trasformò in rivista di gossip. Il numero 2000 fu aggiunto da Enzo Biagi.

La Banca Romana fu fondata nel 1835 come istituto che poteva emettere moneta. Nel 1851 fu trasformata in Banca dello Stato pontificio, per poi tornare Banca Romana nel 1870, in seguito alla presa di Roma e alla sua inclusione nel Regno d’Italia. Bilancio dissestato e abusi di vario tipo non le tolsero la facoltà di emettere moneta. Il capo del governo Giolitti ottenne che le quattro banche di emissione più importanti venissero unite e che si facessero carico di colmare il passivo della Banca Romana, anche con aiuti statali. Fu così che nacque la Banca d’Italia. Ne seguirono le dimissioni di Giolitti il 24 novembre 1893, coinvolto nello scandalo dell’istituto.

Mussolini scampò ad almeno sei attentati, tra il 1925 e il 1932. Il 7 aprile 1926 fu ferito al naso da un proiettile esploso dalla pistola della sessantaduenne zitella irlandese Violet Gibson, donna affetta da turbe psichiche. Quando il 31 ottobre 1926 il giovane Anteo Zamboni gli sparò un colpo di rivoltella mancandolo, fu linciato sul posto dalla folla inferocita.

«Le opere d’arte non sono come i diamanti. Per quanto prezioso, un diamante può essere sostituito con un altro simile. Ma la Monna Lisa o la Cappella Sistina sono creazioni uniche, insostituibili. I loro autori sono morti e nessuna somma di denaro potrebbe mai ricomprarle». (Generale Sir Maitland Wilson, comandante supremo delle forze alleate nel Mediterraneo).

I Monuments Men italiani erano un gruppo di studiosi e militari arruolati dall’esercito alleato per mettere in salvo opere di inestimabile valore. Tra questi c’era: monsignor Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, Carlo Giulio Argan che diventerà sindaco di Roma, Pasquale Rotondi che diventerà direttore dell’Istituto centrale di restauro di Roma.

Nel corso degli anni Cinquanta circa due milioni di persone abbandonarono il Sud Italia, per dirigersi verso Roma, Milano e Torino.

Il termine paparazzo che a partire dagli anni Sessanta indicò un fotografo di attualità a caccia di gossip nasce dal film La dolce vita. E’ infatti il cognome di uni dei personaggi, il fotografo che cerca uno scoop per via Veneto.

Il reporter Rino Barillari soprannominato “the King of Paparazzi” nel fotografare tutte le principali star del tempo ha rimediato una coltellata, costole rotte, più di centocinquanta ricoveri al pronto soccorso e la distruzione di varie macchine fotografiche.

Enrico Mattei. La sera del 27 ottobre 1962 precipita il piccolo aereo su cui viaggiava il presidente dell’Eni Enrico Mattei. Nato ad Acqualagna nel 1906, da giovane era stato uno studente svogliato. Tra mille lavoretti, trovò un buon impiego nel 1922 in una conceria di pellami e poi a Milano presso l’azienda di vernici Max Meyer. Riuscì poi a mettersi in proprio e ad aprire nel 1934 l’Industria chimica lombarda. Entrato durante la guerra nelle fila dei partigiani cattolici, raggiunse un ruolo di primo piano nel Comitato di liberazione nazionale. Fu quindi nominato commissario straordinario dell’AGIP, l’Azienda generale italiana petroli. Grazie alla scoperta di giacimenti di gas metano l’Agip, che era previsto venisse liquidata, ottenne finanziamenti dalla Banca Commerciale Italiana.
Nel 1953 venne istituito l’Eni (Ente nazionale idrocarburi) per riorganizzare tutte le partecipazioni statali nel settore. Mattei da Presidente dell’Eni ebbe un grande potere e influenzerà la politica italiana degli anni Cinquanta.

Angelo Rizzoli. Nacque poverissimo e crebbe in orfanotrofio. Aprì una tipografia in via Cerva a Milano da cui creerà un impero editoriale. Ne erediterà lo scettro il figlio Andrea e il nipote Angelo jr. Operazioni avventate e ingenti prestiti provocheranno l’estromissione della famiglia dall’azienda.

Pirelli. Giovanni Battista Pirelli aveva fondato nel 1872 la Pirelli & C per la produzione di articoli in gomma.

Barilla. Il Mulino Bianco, della famosa pubblicità, esiste veramente a Chiusdino vicino a Siena.

Moratti. Angelo Moratti, figlio di un farmacista cominciò a lavorare a quattordici anni come venditore di macchine utensili e lubrificanti.

Il 19 dicembre 1968 la Corte Costituzionale stabilì di cancellare la norma del codice penale che puniva l’adultera. L’adulterio femminile non costituiva più reato e veniva equiparato a quello dell’uomo, che era impunibile.

Il primo Referendum abrogativo della storia italiana avvenne il 12 e il 13 maggio 1974 e riguardava l’abolizione della legge sul divorzio approvata nel 1970. Il 60% degli elettori votò contro l’abrogazione.

Luigi Pirandello morì probabilmente di polmonite: era arrivato a fumare più di sessanta sigarette al giorno.

Ingrid Bergman e Roberto Rossellini parlavano tra di loro francese. Il loro primo figlio, Robertino, fu concepito in cucina durante una festa a Hollywood che lei diede in onore di lui e a cui parteciparono i più grandi divi dell’epoca.

Palmiro Togliatti e Nilde Iotti si incontrarono per la prima volta in un ascensore della Camera dei Deputati nel 1964. Lui era sposato e segretario del Partito Comunista e aveva cinquantasei anni, lei era una deputata di origine emiliana e ne aveva ventisei.

La madre di Sophia Loren, Romilda Villani, era un’insegnante di pianoforte talmente bella da aver vinto un concorso come sosia di Greta Garbo nel 1932. Sarebbe dovuta andare a Hollywood ma rimase incinta di Sophia. Il padre Riccardo Scicolone pur riconoscendo la bambina non sposerà mai la madre.

Maria Callas chiamava Pasolini “P.P.P.”.