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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

“ARTICOLI CORTI PER FAR PENSARE IN LUNGO”

[Intervista a Eric Fottorino] –
Eric Fottorino, 55 anni, giornalista, scrittore, ciclista. Una vita a Le Monde, il primo articolo scritto da studente, l’ultimo da direttore trent’anni dopo, nel 2011. Con la complicità di Laurent Greilsamer ha inventato e fondato le un, il settimanale gemello del nostro Origami, che uscirà giovedì prossimo con il suo primo numero dedicato a Vladimir Putin.
Monsieur Fottorino, nel 2014 la felice follia di fondare un giornale di carta. Perché?
«Per rispondere a una domanda che è cresciuta a partire dal 2000, quando l’universo dei media ha conosciuto la folgorante rivoluzione digitale. Da allora l’informazione scorre come un flusso continuo e disordinato che annebbia il senso degli avvenimenti e riduce la prospettiva. Di fronte a questo caos, noi abbiamo costruito un giornale radicalmente differente».
Un giornale d’opinione?
«Direi più di idee che di opinione. Volevamo offrire ai nostri lettori uno sguardo variegato sul mondo, con uno spirito di apertura che miscela la ricerca di senso al desiderio di scoperta e con fonti di riflessione stimolanti racchiuse in un bell’oggetto che si tocca, si guarda, si legge e si conserva dopo averlo letto».
Un giornale ristretto, un solo foglio. So che inizialmente avete anche pensato di chiamarlo «café noir». Perché?
«Abbiamo fatto nostra la massima inglese “less is more”, il meno è più. Il giornale si legge in meno di un’ora e sappiamo che il tempo è oggi uno dei beni più rari. Una lettura però densa e sorprendente, dove ogni tema si reinventa, nel fondo e nella forma. È un giornale che invita a riflettere e a scoprire, è l’incontro di una lente con un caleidoscopio attraverso i quali guardiamo al mondo sapendo che la verità può manifestarsi in forme differenti».
L’ambizione era e resta molto forte. Perché allora avete scelto una forma così leggera?
«La forma si è imposta come una necessità. Volevamo essere istruttivi più che esaustivi, ispirare piuttosto che informare. Proporre articoli corti per far pensare in lungo. Ecco, il nostro segno distintivo e radicale si afferma rovesciando alcuni codici abituali della stampa scritta. Inoltre abbiamo fatto la scelta di non avere pubblicità: su questa fragilità abbiamo costruito a poco a poco la nostra forza. Grazie ai lettori».
E come siete arrivati a questo bizzarro formato, un unico foglio da piegare, ripiegare, dispiegare?
«Come spesso accade, un po’ per caso, qualcuno ha cominciato a piegare la carta su cui prendeva appunti e piega dopo piega… Per i lettori, com’è stato per noi, è il ritorno ai giochi dell’infanzia: aeroplanini, barchette… A me piace immaginarlo come un grande uccello che apre le ali e può farlo solo con la carta. Vi immaginate il paginone finale sullo schermo di uno smartphone? È anche la nostra risposta a un’epoca dove tutto sembra restringersi e indurirsi. Aprendo le un, aprirete le braccia e lo spirito, come fare yoga in versione origami».
Perché avete scelto di occuparvi di un tema solo per numero?
«È un’altra innovazione chiave del progetto. Una sola questione scelta dall’attualità, sapendo che il fragore mediatico è il contrario dell’attualità. Alla frammentazione dell’informazione noi rispondiamo con l’approfondimento attraverso sguardi incrociati. Cultura e geopolitica; letteratura ed economia; poesia e antropologia; filosofia e statistica; storia e psicanalisi; urbanistica e cartografia. Un approccio multiplo, punti di vista inattesi per sfuggire agli stereotipi, con pertinenza e impertinenza».
Una giornale che dà delle risposte ai grandi quesiti?
«Come metodo di lavoro abbiamo adottato la celebre formula di Milan Kundera, secondo cui la saggezza di un romanziere consiste non nella sciocca pretesa di avere una risposta per tutto, ma una domanda a tutto. L’obiettivo del nostro giornale è porre le buone domande, afferrare la realtà attraverso lo strumento più adatto, lontani dai pregiudizi, dalle visioni egocentriche, dalle evidenze troppo evidenti».
E dopo un anno e mezzo a che punto siete?
«Trentamila copie, che per noi è il punto di equilibrio e l’emozionante sensazione di comporre settimana dopo settimana una specie di enciclopedia del contemporaneo».
Un’enciclopedia? Non si è francesi per caso.
Twitter @cesmartinetti
Cesare Martinetti, La Stanza 2/11/2015