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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

DOPO ROMA ME NE VADO IN AUSTRALIA


[Ignazio Marino]

Il cielo è plumbeo e tira vento. I cortei degli studenti, lo sciopero dei mezzi pubblici e una pioggia intermittente, hanno messo di nuovo in ginocchio la citta più bella del mondo. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, scruta dalla terrazza sui tetti del Campidoglio le rovine affollate di turisti. Nel suo giorno nero non perde la calma. Sullo schermo del computer ha la foto della figlia ventenne che studia all’estero. Sorseggia succo d’ananas e per pranzo si è portato da casa solo una mela a spicchi. Sommerso da polemiche di ogni genere (dai viaggi all’estero al botta e risposta con il Papa, preso di mira in tv da Maurizio Crozza nella sit-com House of Scars), lavora senza sosta per migliorare la raccolta dei rifiuti, incontra avvocati e ambasciatori.
Sindaco, alle spalle ha una carriera da chirurgo di successo e ora si ritrova criticato da tutti, compresi i suoi compagni di partito. Non le viene voglia di mandare all’aria tutto e tornare alla sua professione, magari negli Stati Uniti, dove tra l’altro guadagnava molto di più?
«Non nasco politico e non morirò politico. Ho sempre pensato fosse un impegno a termine. Le posso dire che dal 2023 sicuramente non farò più politica e magari vivrò a Sydney, anche se mia moglie non ne può più di traslocare...».
Allora non si dimetterà?
«Le rispondo con alcune parole della mia “lectio magistralis” a Philadelphia: nulla di importante avviene nella vita senza lavoro duro e spirito ribelle. E se qualcuno ti dice che quella cosa non è possibile, rispondi che la parola impossibile non esiste».
Sta per uscire Suburra, film di Stefano Sollima su “mafia Capitale”: come si sente quando Roma viene associata a questa immagine di criminalità?
«Soffro. Amo Roma, è la città dove mi sono trasferito da bambino. Ci sono cresciuto, tra villa Borghese e via Salaria. Ho studiato qui».
Ora è il sindaco della città. Si è pentito di essersi preso questa responsabilità?
«No. Ma le dico che questa immagine di corruzione e sporcizia non è quella che di Roma arriva a chi vive fuori del nostro Paese. Certo, se penso alla scalinata di Trinità dei Monti e a quanto la criminalità organizzata, penetrata a tutti i livelli prima del mio arrivo, abbia danneggiato la città... A sentire le intercettazioni di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati vengono i brividi. Alla Galleria Sisto IV (in Campidoglio, ndr), io ricevo i presidenti dei Paesi stranieri ed era proprio lì che il capo della segreteria del sindaco precedente si vedeva con Buzzi...».
Sì, ma ora i romani criticano lei. Per il traffico causato dalla pedonalizzazione dei Fori, per i marciapiedi di via del Babuino, per le buche...
«Non ho soldi per fare un sondaggio sul mio gradimento, ma quello di Affariitaliani.it afferma che il 52% dei romani maschi e il 54% delle femmine vuole che vada avanti».
E la polemica sul viaggio a Philadelphia con il botta e risposta con il Papa in merito al suo invito?
«Non intendo commentare le parole del Santo Padre. Penso che ci sia stata una domanda mal posta da parte del giornalista. Se il Papa si è irritato, credo abbia fatto bene».
Ma era proprio necessario andare a Philadelphia, dopo che già era finito nel mirino per la vacanza estiva negli Stati Uniti?
«Ho deciso di passare 14 giorni negli Usa quest’estate perché in Italia con mia moglie e mia figlia non possiamo fare un passo senza tre auto e sette uomini di scorta. Dopo varie minacce e lettere con proiettili, non mi è consentito prendere un gelato sotto casa senza avvertire i carabinieri incaricati della mia sicurezza. Rispetto il loro lavoro e volevo stare tranquillo in famiglia, quindi ho optato per quella vacanza. Il viaggio a Philadelphia era organizzato da tempo, sia per il mio intervento all’università sia per incontrare imprenditori disposti a finanziare progetti come il restauro dei Fori. Spendere anche 1500 euro per invitare chi versa due milioni di euro per restaurare il Foro di Traiano o per ottenere i fondi per la riqualificazione delle periferie, non crede sia vantaggioso?».
Scusi ma il Papa che c’entra in tutto ciò?
«Ad aprile il sindaco di Philadelphia è venuto a Roma per informarsi sulla nostra esperienza in merito ai grandi eventi di accoglienza e mi ha invitato. Tutto qui».
Pensa di farcela con il Giubileo alle porte? I cantieri sono aperti da un mese: è tranquillo?
«Sono felice che della sicurezza della città si occupi il prefetto Franco Gabrielli. Su viabilità, decoro e trasporti vigilerò io. Certo, del Giubileo del 2000 si sapeva fin dal 1400, di questo abbiamo avuto notizia soltanto pochi mesi fa».
Gabrielli ha detto che Roma è come la Costa Concordia.
«Sono d’accordo, anzi, ai tempi del sindaco Alemanno era peggio, si sono chiusi gli occhi per troppo tempo. Sono stato il primo a dire che a Roma c’è la Mafia. Oggi, invece, lo sanno tutti. E sanno chi sono i Casamonica».
Roma è sporca. Molte persone, anche famose, si sono messe a spazzare il loro quartiere. Che sta facendo lei?
«Tra due mesi Roma sarà pulita. Abbiamo un addetto ai rifiuti ogni 367 abitanti, Londra ne ha uno ogni 569 e Berlino uno ogni 631 ».
Forse non lavorano bene...
«Nel 2014 mi sono reso conto che le spazzatrici non avevano itinerari stabiliti, ma andavano dove preferivano. Abbiamo deciso 800 itinerari diversi e montato un gps sulle macchine. Possiamo seguirle e controllarle. Ogni tre mesi verificheremo con sondaggi capillari il gradimento dei cittadini. Se è negativo, affideremo, tramite gara, la pulizia ai privati».
Una cosa di cui va fiero?
«Gli spettacoli al Foro di Augusto e al Foro di Cesare. Li ho fortemente voluti per tener vive queste rovine meravigliose. Non solo ci abbiamo guadagnato, ma il 70% degli spettatori sono romani, non turisti».
Ha messo in rete tutte le spese sostenute con la carta di credito del Comune. C’è chi sostiene, però, che in certi casi si trattava di pranzi privati...
«Erano tutte spese istituzionali, incontri e cene fatte per affrontare i problemi della città. E questo succede ovunque, anzi, Roma con me spende meno che in passato e certamente in linea con le altre grandi città».
Lei, che è stato uno dei primi a trascrivere i matrimoni gay contratti all’estero, se fosse omosessuale, avrebbe il coraggio di fare coming out?
«Rientra nei doveri di un sindaco attenersi alle disposizioni europee in materia. Ho avuto un collaboratore che ha sofferto molto in una situazione simile. Premesso che sono eterosessuale, se fossi omosessuale, certo che lo direi. No, non avrei problemi a dichiarare la mia omosessualità».