Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 06 Martedì calendario

RCS. IL BOARD, LE PERPLESSITA’ E LA CESSIONE OBBLIGATA – 

La gestione delle trattative con Mondadori per la vendita della divisione libri. Il prezzo pattuito. Ma anche tutte le clausole (e i costi) accessori che completano il contratto di vendita. Sono queste, in estrema sintesi, le perplessità che avrebbero mostrato in più occasioni, non ultimo nel corso del board che ha approvato all’unanimità la cessione, i componenti del consiglio di amministrazione del gruppo Rcs. Perché, dopo mesi di trattative complesse e rinvii il risultato finale che ha raccolto Pietro Scott Jovane secondo indiscrezioni non avrebbe convinto del tutto il board.
Sulla carta, per la nascita del nuovo gigante del mercato dell’editoria libraria, Rcs ha dato il via libera alle vendita della Rizzoli Libri alla Mondadori per una cifra pari a 127,5 milioni. Un valore “scontato” rispetto alla cifra pattuita in prima battuta, pari a 135 milioni, a causa del nodo Antitrust: Mondadori è riuscita a strappare uno sconto assumendosi il rischio di un intervento Antitrust.
La prima criticità sarebbe proprio lo sconto strappato nelle ultime settimane da Ernesto Mauri, numero uno di Mondadori. In una trattativa che va avanti da quasi un anno – sarebbe il ragionamento fatto - come mai il rischio Antitrust, ovvio fin dall’inizio, non è stato mai preso in considerazione? Non solo. Nell’ambito del contratto siglato tra i due gruppi ci sarebbero una serie di costi accessori legati alla separazione della divisione Libri che sarebbero a carico di Rcs. Il risultato finale, così, è che il vero impatto sulla posizione finanziaria netta del gruppo a fine anno potrebbe essere secondo alcune stime inferiore ai 100 milioni. Con una aggravante: non è affatto certo che le risorse frutto della cessione entrino nelle casse di Rcs entro fine anno. Un dettaglio che, nella pratica, si traduce in un rischio sempre più concreto che il gruppo che edita il Corriere della Sera non rispetti i paletti stabiliti con le banche.
Rcs era infatti obbligata a vendere i libri. Le banche creditrici da tempo premono per accelerare il piano cessioni con l’obiettivo di tener fede alle garanzie previste dai contratti di finanziamento. A partire dal livello dell’indebitamento che a fine anno non dovrebbe superare i 440 milioni: al 30 giugno scorso il livello era a 526,2 milioni. La realtà è che difficilmente questi numeri potranno vedere la luce entro fine anno, tanto più che la vendita dei libri porta con sé anche Ebitda. In questo quadro, sempre più complesso, i consiglieri hanno la delega a chiamare l’aumento di capitale per completare quello deliberato nel 2012, nel caso le condizioni finanziarie della società lo rendano necessario. Nel 2013 Rcs è stata ricapitalizzata per 400 milioni e la delega per il secondo aumento di capitale è sino a 190 milioni. Toccherà, dunque, a Scott Jovane convincere le banche, ma anche il board con la presentazione del nuovo piano industriale. Un piano peraltro che era atteso per settembre e il cui principale obiettivo sarebbe quello di rassicurare le banche creditrici. Ma anche i soci e i consiglieri che, in questa parentesi della storia di Rcs, non coincidono.