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 2015  ottobre 02 Venerdì calendario

DA DOVE VIENE IL LEONARDO GIAPPONESE


Un robot «umano» dalla straordinaria mimica facciale, che può interagire con il pubblico. Non una bambola parlante, ma un vero androide, la cui creazione coinvolge conoscenze approfondite sui sistemi cognitivi umani. Lo ha progettato il professor Minoru Asada, direttore della divisione di robotica di neuroscienze cognitive dell’università di Osaka, e lo ha presentato al Museo della scienza di Milano. Sostiene che gli ci sono voluti otto mesi per la realizzazione. Il risultato è impressionante. Tuttavia, non è il famoso ritratto di Torino né uno studio digitale ad aver fornito ad Asada il modello per tutto questo, bensì un attore.
«Ho debuttato in Giappone, in città come Tokyo e Kyoto, dove per la prima volta un attore italiano ha recitato in un “teatro No” con i calzari bianchi, secondo le leggi dello spirito giapponese» racconta Massimiliano Finazzer Flory che in Essere Leonardo Da Vinci. Intervista impossibile diventa fisicamente l’inventore e artista del Rinascimento, con costumi d’epoca, trucco, lingua del tempo ricostruita su testi originali. «All’ultima tappa della tournée, a Osaka, c’era il teatro gremito e, tra il pubblico, il professor Minoru Asada, che con un suo team stava lavorando all’androide. Voleva fare di Leonardo un robot. Il problema è: come lo fai? Era indispensabile un riferimento visuale valido. Poi ha visto il mio spettacolo».
Ventidue repliche, oltre 1.400 spettatori, tournée in Giappone e negli Stati Uniti. Sono i numeri di un successo geniale, visto che (in 67 domande su infanzia, apprendistato, pittura, scienza, musica, anatomia, commenti su Cenacolo, nemici e religione) racconta i segreti di un cervello senza pari.
Come è accaduto che il Giappone ci ha copiato anche Leonardo? Diciamo che il professor Asada non ha perso l’attimo: «Subito dopo lo spettacolo ha chiesto una riunione. Gli demmo suggerimenti. E lui poté proseguire e terminare l’androide. Che ha preso vita dalla realtà, sì, ma in questo caso la realtà è il mio teatro. Ha i miei capelli e il mio trucco, un volto un po’ più vecchio del mio. Ha berretta, mantello, camicia, pantaloni e scarpe del mio spettacolo, moda italiana del Cinquecento. Ha la posizione delle mie mani, la postura studiata per la scena. Ma va ricordato che per la cultura giapponese copiare è omaggiare, non rubare». Se volete vedere l’originale, è in replica al Museo della scienza di Milano fino al 31 ottobre. Poi Leonardo vola a Houston e San Francisco.
(Stefania Vitulli)