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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

LE SERRE SPAZIALI SERVIRANNO ANCHE ALL’AGRICOLTURA TERRESTRE

I pionieri furono gli astronauti sovietici della missione Salyut: negli Anni 70 studiarono come la microgravità influenzasse la crescita delle piante, sperimentando i primi prototipi di serre spaziali. Che poi sono finite nella lista dei progetti futuribili della Nasa. Ma a far crescere la prima piantina in orbita è stata, in realtà, un’azienda italiana, la Aero Sekur di Latina, che nel 2004 ha messo a punto una serra spaziale gonfiabile.
Ora l’«agrospazio» è diventato un tema d’attualità. E infatti se n’è discusso all’Expo nell’incontro «Alimentazione nello spazio e negli ambienti estremi», ricordando che il progetto made in Italy è entrato in orbita il 29 gennaio dello scorso anno, quando la navicella «Progress» ha portato a bordo della Stazione internazionale un test gestito dall’astronauta Paolo Nespoli: lì sono state fatte nascere piantine di Arabidopsis, nota come «Arabetta», considerata un «organismo modello» in biologia.
È il primo passo di un progetto per realizzare un sistema di supporto alla permanenza umana nello spazio. «Le piante - spiega Laura De Gara, ordinario di Fisiologia vegetale dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e membro della commissione congiunta Nasa-Esa-Jaxa - consumano l’anidride carbonica prodotta dalla respirazione degli astronauti e rilasciano ossigeno. Inoltre, grazie all’azione di particolari microorganismi, sfruttano i liquidi biologici di scarto per produrre cibo, realizzando un ciclo integrato».
Le serre spaziali sono state quindi inserite nel progetto «Baolab», presentato proprio all’Expo. L’obiettivo è realizzare un sistema agroalimentare autosufficiente, capace di produrre coltivazioni per l’alimentazione in luoghi «impossibili»: dalle metropoli ai deserti fino, naturalmente, allo spazio. E intanto a far crescere ortaggi sulla Luna ci sta pensando un team dell’Università dell’Arizona. Tra le aziende coinvolte ci sono la stessa Aero Sekur e la Thales Alenia Space di Roma. A dimostrazione che le eccellenze italiane non mancano.