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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

CHE ERRORE LA SENTENZA UE SULLA PRIVACY

A volerla buttare in rissa si potrebbe dire che si tratta dell’ultima puntata del conflitto diplomatico e commerciale a bassa intensità.
Un conflitto che sta allontanando da tempo le due sponde dell’Atlantico. Ma la dietrologia non è mai una buona compagna di strada.
Fatto sta che in tema di innovazione, mentre gli Stati Uniti cambiano l’economia e il mondo a suon di piattaforme digitali, l’Europa arriva in prima pagina con le sentenze dei giudici. E, pensando di far male a Google o a Facebook, in realtà danneggia il nostro sviluppo. Non si tratta solo di digitale, ma anche della carta di credito che portiamo in tasca, o del servizio del nostro fornitore di telefonia.
La corte di Giustizia ha decretato che gli Stati Uniti non sono più un luogo sicuro per i dati dei cittadini europei. Lo fa per un motivo reale, le pratiche di sorveglianza di massa adottate dai servizi di sicurezza americani e venute alla luce con le rivelazioni di Edward Snowden, oggi rifugiato a Mosca. Tralasciando però il fatto che gli strumenti di raccolta di dati a strascico sono oggi utilizzati anche da buona parte dei governi europei.
La decisione di lasciare alle singole autorità nazionali la possibilità di opporsi a che i fornitori americani di beni e servizi tengano a casa loro le informazioni di tutti noi quando usiamo la posta elettronica, i social network o compriamo online, ha due effetti immediati. In primo luogo iscrive l’Europa alla lista dei Paesi che lavorano per la balcanizzazione di Internet, per un suo spezzettamento in sottoreti nazionali. Ci ritroviamo in compagnia della Cina, che già da anni ha realizzato un’efficiente intranet chiusa dal grande firewall e può così controllare cittadini e imprese, e la Russia di Putin, che di recente ha approvato un provvedimento che impone alle aziende di tenere i propri server in Russia.
Il secondo effetto è di danneggiare l’economia dell’Unione. Finora la presunzione che gli Stati Uniti fossero un approdo sicuro, un safe harbor in grado di tutelare i dati europei, aveva permesso non solo ai giganti Usa ma anche alle nostre aziende di semplificare gli adempimenti, evitando loro di dover sottostare a 28 regolamentazioni diverse nel custodire informazioni oltreatlantico. Da domani non sarà più così, non solo per il digitale ma per qualunque impresa, e al momento sono oltre quattromila: dai circuiti delle carte di credito come Mastercard, alle aziende di telecomunicazione europee quali Orange in Francia, che tiene le informazioni degli abbonati sui server cloud di Amazon.
È difficile immaginare che alcuni tra i più illustri giuristi europei siano animati da pulsioni liberticide o da sindrome tafazziana verso la nostra economia. Ma allora perché?
Semplice. È l’attitudine burocratica di chi, prima di vedere le possibilità offerte dall’innovazione, cerca di farla entrare a martellate in schemi giuridici nazionali figli del secolo scorso. E se non si adatta alle vecchie scatole, non ripensa i contenitori. Rottama il nuovo.