Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Giordana Di Stefano, 20 anni. Di Nicolosi (Catania), alta, bella, socievole, piena di amici, appassionata di danza spagnola, madre di una bambina di quattro anni avuta dall’ex compagno Luca Priolo, 24 anni

Giordana Di Stefano, 20 anni. Di Nicolosi (Catania), alta, bella, socievole, piena di amici, appassionata di danza spagnola, madre di una bambina di quattro anni avuta dall’ex compagno Luca Priolo, 24 anni. Costui, da quando lei l’aveva lasciato, aveva preso a perseguitarla – la seguiva, la minacciava, una notte le era persino piombato in casa forzando una finestra - e s’era beccato una denuncia per stalking. L’altra sera la Di Stefano, lasciata la piccola alla madre in una villetta fuori paese, cenò in pizzeria con gli amici. Poi, chiamata al telefono da Priolo, accettò di incontrarlo in compagnia di un suo cugino. Sembrava una conversazione pacata tanto che dopo 45 minuti, alla richiesta di essere lasciati soli, Giordana non si oppose e il cugino andò via. I due continuarono a discutere nell’Audi di lei, vicino a una pineta, anche dell’affidamento della bimba alla madre, lui si disse disponibile a non opporsi purché lei avesse ritirato la denuncia per stalking (dovevano incontrarsi in tribunale il giorno dopo): «Per un posto di guardia giurata, altrimenti non mi danno il porto d’armi». Il confronto si fece sempre più accesso finché lui, tirato fuori un coltello, le infilò la lama più volte alla gola, all’addome, alle spalle. La sera dopo vagava imbambolato su un binario della stazione centrale di Milano in attesa di un treno per Lugano quando i carabinieri, con un foto segnaletica in mano, lo chiamarono per nome: «Sì, sono io. Portatemi via», poi scoppiò in lacrime e si lasciò ammanettare. Poi, in caserma, confessò: «Io l’amavo ancora, lei non mi voleva più. Avevo paura di perdere la bambina». Notte di martedì 6 ottobre in una stradina vicino alla pineta di Nicolosi, alle falde dell’Etna.