Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 06 Martedì calendario

APPROVATO IL TTP, L’ACCORDO SUI COMMERCI TRA GLI STATI UNITI E ALTRI UNDICI PAESI CHE SI AFFACCIANO SUL PACIFICO (TRA ASIA, OCEANIA E AMERICHE): UN AFFARE PER GLI AMERICANI, UNA FREGATURA PER NOI EUROPEI

Fumata bianca per il Tpp, che sta per Trans Pacific Partnership, ovvero l’accordo sui commerci tra gli Stati Uniti e undici Paesi che si affacciano sulle rive dell’Oceano, in Asia, Oceania e le due Americhe: uno spazio economico che vale circa il 40% dell’economia globale, nonostante che dall’intesa sia esclusa la Cina per una precisa scelta politica. Anche per questo l’accordo ha una portata storica. Ma le conseguenze, anche per noi, sono ben più importanti.
1. Ci sono voluti 5 anni di trattative per giungere alla maratona finale di Atlanta. Ma è dal 2001, con il fallimento del Doha Round, che non si chiudeva una trattativa commerciale così importante. Non è di poco conto il fatto che il deal, fortemente voluto dal presidente Barack Obama, abbia preso corpo nel Pacifico. Il trattato gemello, il Ttip (Transatlantic partnership) che riguarda le relazioni Europa-America, seguirà solo in un secondo momento.
2. Difficile sottovalutare l’effetto politico dell’accordo, l’operazione più importante della presidenza Obama assieme alla riforma sanitaria. Anche se una parte dei repubblicani promette guerra mentre i democratici temono effetti negativi per l’occupazione. Ma per ora prende corpo una barriera flessibile che servirà ad arginare l’avanzata cinese o, ancor di più, a costringere Pechino a piegarsi al rispetto di norme finora ignorate. Altrettanto rilevante il successo di Shinzo Abe: il Giappone crea un asse anticinese in Far East. Anche se l’ipoteca cinese resta forte: che succederà in caso di nuova svalutazione cinese. Il Tpp vieta il ricorso alle svalutazioni competitive. Ma ad agosto, quando il renmimbi ha perso valore, il Vietnam è stato costretto a seguire Pechino. Insomma, il trattato avrà successo se favorirà l’inserimento successivo di Pechino. Altrimenti, sarà alto il rischio di un fallimento.
3. L’ultima fase del negoziato, come sempre accade, è stata la più movimentata. Il Giappone ha dovuto abbassare le barriere sull’import di auto. Gli Stati Uniti hanno fatto un passo indietro sui brevetti delle medicine, concedendo che dopo 8 anni (contro gli attuali 12) possano essere fabbricati dalle aziende indiane o cinesi.
4. Attenzione: i commerci contano, ma non troppo. Le tariffe doganali tra Europa e Usa sono ormai modeste per la maggior parte dei prodotti. La nuova frontiera delle relazioni commerciali passa dai regolamenti e dalla caduta delle barriere non tariffarie. In questo senso, il fatto che l’accordo America-Asia abbia preceduto quello tra America ed Europa che sembrava destinato fino a poche settimane fa a far da battistrada, è notizia che merita più di una riflessione. Con il nuovo trattato, ad esempio, gli Stati rinunciano a parte della sovranità: le corporations Usa, ad esempio, potranno affidarsi a collegi arbitrali per far valere i loro diritti di fronte alle leggi nazionali. Una multinazionale del tabacco potrà appellarsi contro le leggi anti-fumo. E molte regole a difesa dei prodotti nazionali rischiano di venir meno.
5. In Europa le cose non stanno (ancora) così. Ma la posizione del Vecchio Continente in queste settimane si è indebolita. Non è difficile collegare la scelta Usa di accelerare l’intesa con i partner del Pacifico con la fragilità dell’Europa, ove domina l’idea che lo Stato debba farsi carico della protezione dei cittadini, con sistemi di regole e autorizzazioni. Un’impostazione che non ha impedito lo scandalo Volkswagen scoperto dalle agenzie Usa che preferiscono infliggere sanzioni pesanti a posteriori piuttosto che fidarsi del vaglio preventivo della burocrazia o di controllori dei controllati. Il rischio è che, a pagare il prezzo per i trucchi dell’auto tedesca siano i prodotti doc dell’alimentare italiano. Se non stiamo attenti, arriverà sul mercato la mozzarella dello Iowa o il culatello del New Mexico.