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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

La nuova alba cecena: il regno di Kadyrov, l’uomo di Putin a Grozny il Fatto Quotidiano, lunedì 5 ottobre 2015 "Se non fosse stato per il nostro presidente Kadyrov, a quest’ora saremmo un nuovo Afghanistan”

La nuova alba cecena: il regno di Kadyrov, l’uomo di Putin a Grozny il Fatto Quotidiano, lunedì 5 ottobre 2015 "Se non fosse stato per il nostro presidente Kadyrov, a quest’ora saremmo un nuovo Afghanistan”. A cena in un ottimo ristorante di Grozny la “terribile”, il funzionario di Stato si lascia andare a questa affermazione, immersi in una afosa serata di inizio settembre. La nuova alba cecena regala un futuro splendente, il passato di guerra, morte, sangue e odio è solo un pallido ricordo. Benvenuti nella nuova capitale della Repubblica islamica di Cecenia, caposaldo pacificato di Mosca, sentinella nel Caucaso sempre in fermento, garanzia di sviluppo economico grazie a risorse infinite di gas. Fino a dodici anni fa qui e nel resto della ex Repubblica di Ichkerjia – repubblica montagnosa, com’era stata ribattezzata dall’allora eroe della prima guerra cecena, Dzochar Dudaev, poi trucidato nel 1996 – si combatteva e si moriva. I ribelli islamisti e wahabiti di Bassaev e Kattab imperversavano, incuranti della linea morbida del presidente ceceno, Aslan Maschadov, uccidendo in azioni terroristiche sia gente comune che ufficiali, soldati e poliziotti della Federazione Russa. In una nuova ondata di terrore, Vladimir Putin, saldamente al comando dopo aver rimpiazzato Boris Eltsin all’alba della seconda guerra dichiarata in Caucaso, e le forze speciali si sono lasciati andare ad una repressione durissima e indiscriminata. Zaciske, pulizie, rastrellamenti casa per casa, esecuzioni, processi sommari. Ridotte a cumuli di macerie, Grozny e gli altri centri sono stati ricostruiti cancellando le ferite di guerra. Nessuna traccia neppure nel temuto quartiere di Katayama, distrutto dai tank, o nel luogo del più grave attentato al palazzo del governo durante la seconda guerra cecena. Dalle macerie Grozny è risorta, con grattacieli, centri commerciali, giardini, monumenti stile sovietico, un pacchiano stadio Olimpico, cancellando l’anima islamica della città, ridotta ai minareti della maestosa Moschea “Cuore della Cecenia”, eretta dopo il 2004. Putin ha vinto due volte. Prima vendicando l’umiliazione della sconfitta nella prima guerra cecena (1994-1996); per il secondo successo basta guardare la Cecenia oggi, pacificata, tenuta sotto vuoto spinto nonostante la timida apertura al mondo occidentale. Viaggiare in Cecenia nel 2015 è possibile, i turisti sono invitati a venire, sebbene non ci sia un granché da visitare, se non gli sforzi mirabolanti messi in campo da Ramzan Kadyrov. Il culto della personalità non appartiene soltanto al capo-mito del Turkmenistan o al lider maximo, Fidel Castro. Le facciate e le pareti di centinaia di edifici mostrano le foto di un Vladimir Putin giovanissimo e dei Kadyrov, il padre Ahmad, ucciso in un attentato nel 2005, e suo figlio Ramzan che gli è succeduto, come in un sultanato mediorientale. L’accordo è chiaro: Kadyrov ha carta bianca, Putin lo tiene buono per garantirsi le risorse e il passaggio di gasdotti e oleodotti. Lo zar di Mosca perdona al giovane scavezzacollo qualche uscita sopra le righe: combattimenti farsa con Tyson, due palleggi con Maradona, scatti con stelle del cinema e altri sfizi costosissimi. Non tutta la popolazione cecena vive lo “splendido cambiamento”, ma invece di sostenere i redditi più bassi – un funzionario statale percepisce uno stipendio medio attorno ai 300 euro al mese – Kadyrov costruisce “Fort Grozny”, un autodromo dedicato al padre che in futuro potrebbe addirittura ospitare la Formula 1 o la Moto Gp. Sono passati i tempi delle follie calcistiche, col Terek Grozny, squadra di sua proprietà, guidata dall’ex rossonero Ruud Gullit, seppur per un paio di mesi soltanto. Intanto gli investitori internazionali iniziano a farsi vivi, anche l’Italia. Per ora qualche ristorante, alcuni di cattivo gusto come il Mafia Restaurant a due passi dal centro di Grozny. Per il grande business ci vorrà tempo: “C’è ancora paura – insiste il funzionario di Stato -, stiamo cercando di coinvolgere grandi gruppi, per ora senza successo”. La radio manda un pezzo di Macca Megyeva, icona musicale di regime mentre il marshrutka, un pulmino 18 posti raggiunge il villaggio di Samashky. Grozny di notte ha un sapore diverso. Il puzzo di gas di alimentazione delle auto è attenuato, poca gente in giro. Il fiume Sunja scorre pacifico tagliando il cuore della nuova capitale mentre cerco di ricordare i versi di una poesia di Puskin, Ta’zit, dedicata ai valori ceceni. Pierfrancesco Curzi