Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 04 Domenica calendario

DE GASPERI, DI VITTORIO E LA MISSIONE CHE SERVE AL PAESE

Caro direttore,
desidero ringraziarla di cuore per il suo memorandum «De Gasperi e la vocazione a lavorare in profondità» di domenica 6 settembre. La ringrazio soprattutto per aver fatto luce, con parole davvero toccanti, su un gigante della storia, che considero personalmente un modello di politico, di cristiano, di padre. Pur avendo letto diverse biografie di Alcide De Gasperi, non conoscevo la meravigliosa citazione segnalata dal professor Pombeni. Quel «lavorare in profondità» meriterebbe una meditazione personale e collettiva. Profonda come sorgente, profonda in termini di impegno e visione a 360°. Si tratta di una esortazione forte e autorevole, che proverò a coltivare come un mantra e a promuovere tra gli amici. Colgo l’occasione per sottolineare la continua evoluzione de «Il Sole 24 Ore» che è passato dalla cronaca alla interpretazione, talora anticipatrice e trainante, dei fatti o dei «segni dei tempi», come direbbe il nostro più insigne Presidente. Le auguro buon lavoro e porgo i miei migliori saluti.

Caro direttore,
che lezione da De Gasperi! Non ho l’età per poter dire di averlo conosciuto, ma nella mia coscienza politica è stato spesso un punto di riferimento. Posso dire di averne sentito parlare dalle scuole elementari, una cinquantina di anni fa, da una grande maestra trentina che ne era nipote e qualche volta ci parlava di suo zio e di quanto avesse fatto per la nostra Italia uscita in macerie dalla Seconda guerra mondiale.
Dal memorandum «De Gasperi e la vocazione a lavorare in profondità» mi piace ripetere quelle parole che dicono «non curanti delle accuse di essere troppo a destra o troppo a sinistra, secondo il linguaggio convenzionale della superata topografia parlamentare». Sembrano parole d’oggi, mostrano quanto fosse avanti uno dei padri fondatori della nostra Italia. Un po’ di nostalgia è inevitabile di fronte al panorama non sempre esaltante di questi tempi così sfumati e scoloriti. Con affetto.
Ci sono uomini che hanno fatto la storia e hanno passato una vita a schermirsi. Poi spariscono e nessuno se ne ricorda. Appartengono a questa categoria De Gasperi e Di Vittorio, democristiano, trentino, politico di professione il primo, sindacalista, da Cerignola, bracciante figlio di bracciante, leader storico della Cgil il secondo. Da un po’ di tempo in qua entrambi sono “ritornati” ed è bello constatare che, pur non avendoli conosciuti, molti oggi li vivono come una calamita di affetti e una guida esecutivo-morale per tutti. Antonio Prinzo ha cominciato a conoscere De Gasperi alle elementari mezzo secolo fa da una «grande maestra trentina» che «ne era nipote» e ogni tanto «ci parlava di suo zio e di quanto avesse fatto per la nostra Italia uscita in macerie dalla Seconda guerra mondiale». Di Vittorio ce lo metto io perché uomini di sinistra che ebbero il coraggio di dire no a Togliatti quando si spedirono i carri armati in Ungheria ce ne furono davvero pochi ed è giusto che un sindacalista così eretico che non esitò a compiere scelte controcorrente per «costruire il lavoro» faccia coppia, nella diversità dei ruoli, con il politico che più di tutti è riuscito a ideare e fare le cose incidendo in profondità. Sono uomini che sapevano parlare al cuore delle persone, in modo differente, ma senza mai mancare di attenzione, e si muovevano insieme a uomini di impresa che sapevano guardare oltre i cancelli della loro fabbrica come i Costa e a uomini del fare del calibro di Pescatore, Menichella, Saraceno e altri ancora.
Ricordo Baldina, figlia di Di Vittorio, e ne ho davanti agli occhi l’emozione e la suggestione con le quali raccontava come davanti all’uscio di casa ci fosse sempre gente ad attenderlo e come lui fosse sempre disponibile anche se rientrava alle tre del mattino. Ricordo, soprattutto, quanto fosse importante per tutte queste persone la politica intesa come capacità di risolvere i problemi e mi viene in mente una lettera dal carcere (agosto, 1927) di De Gasperi alla moglie nella quale la prega di rassegnarsi per la sua scelta politica e dice nella sostanza questo: come il chirurgo farà sempre il chirurgo e al massimo potrà cambiare l’ospedale; e come l’ingegnere farà sempre l’ingegnere, al massimo cambierà il Politecnico, così io farò sempre il politico perché questo è il mio mestiere, la mia carriera o meglio la mia missione, fin da ragazzo.
La nostalgia, il rispetto e la voglia di conoscenza di uomini come De Gasperi e di quella sua ostinazione a «lavorare in profondità», l’attenzione rievocativa che tocco con mano ovunque su Di Vittorio e mette a nudo l’assenza di coraggio di molti dei suoi successori, sono il regalo più bello per chi ha a cuore un Paese che recuperi la sua identità e riparta con la testa e con le braccia senza indulgere a semplicismi e ottimismi di maniera, ma riconoscendo e irrobustendo i germogli di ripresa e i segnali di speranza. Da cattolico mi viene da pensare che nell’aldilà, magari un po’ appartato, De Gasperi supererà la tradizionale ritrosia e si lascerà andare a una smorfia di sorpresa, quasi a chiedersi «ma parlano di me?», e non potrà che ripetere: lavorate in profondità. A ben pensarci, è esattamente quello che serve al Paese per l’oggi e per il domani, sapendo cogliere i passi in avanti e mai sorvolando su errori e passi indietro.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
Roberto Napoletano, Domenicale – Il Sole 24 Ore 4/10/2015