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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

LA TECNOLOGIA PER IL VOLO LOW COST

Un video di questa settimana ha scosso la comunità tecnologica: si vedono dei piccoli droni volanti costruire un ponte tibetano in completa autonomia. I quadricotteri hanno alla base un rocchetto con della corda e, volando, intrecciano i fili tra due ponteggi distanti sette metri. L’esperimento condotto dal Politecnico di Zurigo è eccezionale non solo perché fa presagire tempi in cui i droni eseguiranno difficili lavori edili ad alta quota ma per la coordinazione necessaria al corretto svolgimento dell’opera. Per ora c’è un programma che li gestisce facendoli muovere a tempo senza mai scontrarsi né ingarbugliare le cordicelle ma è chiaro che con l’intelligenza artificiale sarà tutta un’altra storia. Al momento infatti i droni sono soprattutto a pilotaggio remoto: se si guidassero da soli la storia cambierebbe e non è un caso se colossi come Qualcomm e Intel vogliono portare i propri potentissimi chip in questo settore. L’intelligenza pretende potenza. Un assaggio è arrivato dall’inglese Green Brain Project che sta mappando il cervello delle api per creare droni che ne simulino l’intelligenza e le capacità. Drone dopotutto vuol dire fuco in inglese. La startup californiana Uvify invece sta sviluppando macchine completamente indipendenti dall’uomo anche per il mercato consumer. Certo, non tutti vedono di buon occhio l’evoluzione dell’intelligenza artificiale. C’è chi teme questo avanzamento presagendo le cosiddette LAWS (lethal autonomous weapons systems), macchine da guerra prive di umanità che possano scegliere autonomamente i propri bersagli. Al solito, l’importante è che la tecnologia non cada in mani sbagliate ma con mezzi come l’Avenger qualche brivido viene: costruito dalla General Atomics, la mamma dei temibili Predator e Reaper, ha un laser da 150 kiloWatt capace di vaporizzare con precisione il bersaglio. Ma lasciamo da parte le applicazioni militari per guardare alla più rosea visione di Gregor MacLennan, program director di Digital Democracy, una no profit che aiuta le popolazioni svantaggiate con la tecnologia. In questo caso i multicotteri vengono usati per difendere i diritti terrieri come a Wapichana, in Guyana, dove stanno documentando l’erosione del suolo fertile da parte delle miniere d’oro. Anche la Croce Rossa investe nei droni per motivi umanitari ma ci sono due problemi: la diffidenza delle popolazioni locali e il rischio che i velivoli vengano catturati e usati per altri scopi meno umanitari. La soluzione sarebbe avere mezzi più economici cometeorizzato dagli studenti dell’ITI-LS “Francesco Giordani” di Caserta, che hanno ideato droni monouso fatti con materiali biodegradabili e componenti elettronici molto economici. Una bella sfida su cui molti stanno puntando. Venendo agli sviluppi più commerciali, i terreni fertili sono soprattutto il prezzo e fai da te. I droni sono figli dei maker, gli artigiani digitali che smanettano con la tecnologia, e la maggior parte è autoprodotta o venduta in kit. A livello hardware si è fatto molto, è pieno di progetti per stampare le componenti in 3D, comprarle a basso costo, ricavarle dal pattume. Il principale ostacolo alla diffusione delle macchine autonome però è il software. I modelli più avanzati pretendono notevoli capacità tecniche se si vuole avere il massimo ma una startup potrebbe rivoluzionare il panorama. Si chiama Airware e vuole diventare il Windows dei droni, facendo per le macchine volanti quello che Gates ha fatto con i computer: diffonderle puntando alla semplicità di programmazione. Dopo oltre quattro anni e 40 milioni di dollari di investimento (Anche da Google, General Electric e Intel), l’azienda ha presentato un sistema di pilotaggio automatico che consente di tracciare il percorso del velivolo direttamente dal tablet facendo anche delle deviazioni durante il volo. Oltre alla semplicità c’è la versatilità: si adatta infatti a tutti i velivoli di tutti i produttori, non importa se ad ala fissa o con una o più eliche. C’è infine il divertimento. Qui l’acceleratore preme soprattutto in direzione della realtà virtuale o meglio dell’uso di caschetti VR per pilotare in prima persona. Va detto che sono già una realtà, gli aeromodellisti lo sanno bene, ma il prossimo passo sarà avere dispositivi potenti tipo Oculus in grado di restituirci immagini in Full HD o 4K, di ridurre al minimo il ritardo e di muovere la fotocamera ruotando la testa. Un primo assaggio arriva da FLYBi, minidrone dotato di occhialoni HD in cerca di finanziamenti su Indiegogo. Sembra funzionare bene e ha già ottenuto i 35 mila dollari necessari per entrare in produzione ma siamo ancora a livello di giocattolo. Per raggiungere davvero il settimo cielo abbiamo bisogno di qualcosa in più.
Alessio Lana, Il Sole 24 Ore 4/10/2015