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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

LE CIFRE DI UN DISASTRO

Le cifre sono da capogiro: qualche analista, quelli di Credit Suisse, forse per far colpo calcola che lo scandalo Volkswagen potrebbe costare all’azienda anche quasi 90 miliardi di dollari, facendo impallidire il disastro ambientale americano della Bp.
Solo ipotesi da «scenario peggiore», non il più probabile, che travolgerebbero il un gruppo presentandogli un conto sette volte superiore ai profitti annuali e che ha stanziato “solo” 7,3 miliardi per farsi perdonare i suoi peccati.
Ma sono rivelatrici della gravità dello scandalo e dell’attivismo dimostrato dalle autorità degli Stati Uniti, che hanno trascinato con loro organismi e procure di altri paesi e ieri, stando alle indiscrezioni, hanno allargato le indagini sulle emissioni illegali a buona parte del settore auto .
Un attivismo indicativo che il clima di più stringenti regolamentazioni, passata la crisi del 2008, resta oggi è il contesto nel quale deve operare la Corporate America, e non solo. Soprattutto in settori che sono stati al centro di quella debacle e nonostante le polemiche sui rischi di troppe normative. La finanza deve già da tempo adeguarsi alla riforma Dodd-Frank, con i suoi requisiti di capitale e limiti sull’indebitamento, con gli stress test della Fed e i controlli e salate sanzioni sui rischi eccessivi come sulle grandi manipolazioni. Adesso tocca all’auto essere nella bufera. Fu a sua volta salvata e risanata dal contribuente, con interventi che a suon di miliardi interessarono l’intero mercato e andarono ben al di là di bailout e ristrutturazioni sotto l’egida del governo per le sole Gm e Chrysler. Autorità – e consumatori – ora richiedono una cultura più responsabile.
L’offensiva «ambientale» su Detroit e dintorni ha precedenti, ma minori. E questo denota la differenza qualitativa dell’oggi. La singola multa record fu inflitta l’anno scorso dall’Epa ai produttori sudcoreani Kia e Hyundai: 100 milioni per aver esagerato nel rivendicare i bassi consumi dei loro veicoli. Bisogna addirittura risalire al 1998 per trovare il maggior caso sulle emissioni: un patteggiamento da un miliardo con sette produttori di motori diesel che usavano proprio un defeat device, la tecnologia che trucca gli scarichi inquinanti nell’atmosfera, per migliorare le performance. Volkswagen, stando a ex funzionari dell’Epa, rischia ben altro, con in più le cause collettive di consumatori e investitori danneggiati, per valore di auto e titoli, i costi di richiami e riparazioni, le inchieste penali. E ben altro rischia anche il settore. È presto per sapere se Volkswagen rimarrà un caso isolato di aperte violazioni e sanzioni. Ma certo appare il suo “contagio”, quando si tratta di miglior applicazione e rispetto delle regole.
Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 3/10/2015