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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

“È ARRIVATA AL CAVALIERE LA CASSATA DA UNDICI CHILI?”

Metti che una sera a Roma un cronista avvisti al “Matriciano”, con una coppia di amici, Alessandra Moretti e Alberto Dell’Utri. Se volesse spiegare ai lettori chi è il commensale del parlamentare del Pd usando le intercettazioni e le informative confluite in procedimenti che non hanno mai visto indagato Dell’Utri, il cronista con le future norme sulle intercettazioni non potrebbe farlo. La delega al governo punta a impedire la pubblicazione di tutto ciò che non è contenuto nell’ordinanza di arresto con la scusa di salvaguardare i terzi non indagati, come Alberto Dell’Utri nel processo concluso con la condanna per mafia del fratello o in quello concluso con la condanna per riciclaggio dell’amico Gennaro Mokbel.
Si potrebbe raccontare che, secondo il discusso finanziere Filippo Alberto Rapisarda, Gaetano Cinà gli avrebbe chiesto di assumere Alberto e Marcello dell’Utri negli anni 70 e che lui non se la sarebbe sentita di rifiutare perché sapeva che Cinà era legato alla famiglia mafiosa del boss Stefano Bontate, ucciso nel 1981. Si potrebbe scrivere che Cinà è stato poi coimputato con Marcello Dell’Utri e sarebbe stato condannato con lui se non fosse morto prima. Ma sarebbe difficile pubblicare l’audio della celebre telefonata (disponibile sul web oggi) della sera di Natale 1986 in cui Cinà, alle 19:38, chiama per sapere se è arrivata la cassata spedita da Palermo per l’allora Cavaliere Silvio Berlusconi.
Alberto Dell’Utri (A): Tanino, ti stavo chiamando per ringraziarti. Ho trovato magnifica la cassata!
Tanino Cinà (C): È buona, è arrivata bene?
A: Benissimo.
C: Comunque, io ti ho telefonato per farti gli auguri.
A: Grazie, Tanino. Io ricambio con grande affetto.
C: Sono giorni che uno si deve ricordare degli amici fraterni.
A: Ma io me lo ricordo tutti i giorni!
C: Ti ricordi di me quando sei a cavallo, che non fai niente! […]
C: Sono sceso giù per telefonare a te e a Marcello… Lui però stava riposando. Mi ha detto Miranda (Ratti, la moglie di Marcello Dell’Utri, ndr) “Che fo, lo sveglio?’’, le dissi di non svegliarlo, perché poi deve fare nottata! E le ho domandato se l’ha ricevuta lui, perché non ne so niente.
A: Non lo hai saputo?
C: No.
A: Ma tu pensa!
[…]
C: La cassata ce l’hai sotto chiave, no?
A: Sotto controllo […]
C: Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?
A: No, quanto pesava, quattro chili?
C: Sì, va be’! Undici chili e ottocento!
A: Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò?
C: Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva!
A: Certo!
C: Ecco che cosa devo chiedere a Marcello, ma ne sa niente?
A: Anche la curiosità di sapere se è arrivata sana.
C: Certo!
A: È logico perché quella è bella quando è sana!
C: Ma ci ho fatto fare un… il biscione che cosa è? Il biscione è… solo Canale 5.
A: Ah, tu ci hai fatto fare il biscione?
C: No, Canale 5 e la scritta Canale 5, in numero e in lettere.
Poche settimane prima, nella villa di Berlusconi in via Rovani c’era stato un attentato. Cinà era stato contattato da Marcello dell’Utri per sapere se fosse opera di Vittorio Mangano ma il fattore di Arcore era in prigione e la bomba era dei catanesi. Nel processo concluso con la condanna di Marcello Dell’Utri le telefonate sono state fatte ascoltare dall’accusa e quindi – anche per la nuova disciplina in arrivo – sarebbero divenute pubblicabili almeno nel contenuto. Non così – sempre se la nuova disciplina entrerà in vigore secondo gli auspici dei renziani – le conversazioni intercettate e i pedinamenti effettuati nel 2013-2014 dal Ros dei carabinieri per dimostrare i rapporti di Alberto e Marcello Dell’Utri con Mokbel, condannato a 15 anni per riciclaggio per la frode Fastweb-Telekom.
Le informative del Ros infatti non sono state trasfuse nell’ordinanza per Mafia Capitale. Non si potrebbe riportare quello che scrive il Ros sulla tela intessuta in ben sette incontri tra Mokbel e i Dell’Utri. Tanti sono stati i pranzetti e le cene dall’11 novembre 2013 al 19 febbraio 2014 registrati dai carabinieri, uno dei quali a casa proprio di Alberto. Gli incontri, per il Ros, “vanno necessariamente messi in relazione” con la condanna di Marcello in appello che arriverà pochi mesi dopo.
L’11 novembre al ristorante “La Camilluccia” per quattro ore i fratelli “venivano accolti amichevolmente” da Mokbel. Tre giorni prima, Alberto Dell’Utri si era fatto intercettare al ristorante “Assunta Madre” mentre diceva a un amico catanese: “Marcello non deve fare altro che andare da Silvio e dirgli ‘Silvio io vado nella Guinea Bissau gli spiega tutto, per fare… passaporto diplomatico di tutto anche perché deve consentire lo spostamento Libano-Guinea”.
Pochi mesi dopo, il 21 gennaio 2014, Marcello e Alberto, scrive ancora il Ros, “venivano accolti all’ingresso del ristorante “Il Localino” di Roma da Mokbel, il quale salutava Alberto abbracciandolo e accoglieva con baciamano e abbraccio Marcello”. In quel periodo, Mokbel fa una serie di ricerche in Internet sulla Guinea e le isole Bijagos. Ricerche in apparenza “singolari sia perché quell’area geografica era indicata tra quelle considerate rifugio sicuro da Marcello Dell’Utri sia perché la consultazione… risaliva ad alcuni giorni antecedenti la notizia dell’emissione dell’ordinanza”.
Sarebbe un peccato non poter pubblicare anche una conversazione intercettata nel febbraio 2008. Aurelio Gionta, il complice di Mokbel che in quel periodo tesseva i rapporti con i calabresi vicini alla cosca Arena durante la campagna elettorale per il senatore Nicola De Girolamo, dice al suo capo: “Ho ricevuto una chiamata da Alberto Dell’Utri e l’ho lasciato in stand by”.
A quel punto Mokbel diceva: “Gentaglia… quando ti servirà… ma ora lascialo stare Dell’Utri”.
Allora Mokbel era ricco e potente. Nel 2014 si è piegato a fargli il baciamano. Evidentemente gli serviva. Oppure, come Alessandra Moretti, ha cambiato idea e pensa non sia “gentaglia”.
Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 3/10/2015