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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

DARMIAN: «IL MIO TORO NON MUORE MAI»

Ci sono gesti all’apparenza insignificanti che fanno invece capire quale sia l’importanza di un giocatore all’interno di uno spogliatoio, uno dei pochi settori del calcio dove ancora contano le vecchie leggi dello sport. La scena, anzi le scene perché gli episodi sono due e hanno le stesse modalità, avvengono nella pancia dell’Old Trafford, un’ora dopo Manchester United-Wolfsburg, match vinto 2-1 dai Red Devils dopo un finale sofferto. Matteo Darmian — un cognome che avrebbe origini armene — sta parlando con la «Gazzetta». Passa De Gea, il portiere, sorride e dà una pacca sulla spalla a Darmian. Pochi minuti dopo, stessa sequenza. Passa Rooney, non proprio l’ultimo arrivato dello United: altro sorriso, altra pacca sulla spalla. Rooney, miglior bomber della storia della nazionale inglese, ci dà l’assist perfetto per parlare di Darmian e del suo nuovo mondo Manchester, ma anche del suo legame, fortissimo, con il Torino.
Com’è giocare con quel signore?
«Rooney ha una forza straordinaria. Non molla mai. Perde il pallone e va a riconquistarlo».
Martial è un altro dei fenomeni del Manchester United: primo giudizio?
«Mi pare un predestinato, nato per essere un fuoriclasse. Ha 19 anni, ma mi sembra solido. La testa è fondamentale per reggere le pressioni».
Dal granata del Torino al rosso fuoco del Manchester United: non è solo una differenza cromatica.
«Lo United è il top, come Real Madrid e Barcellona. L’organizzazione è il punto dei forza dei club inglesi. Ma ho trovato un ambiente dove la professionalità convive con lo spessore umano. Lo spogliatoio mi ha messo nelle migliori condizioni per ambientarmi».
Van Gaal?
«Un duro. Pretende molto in allenamento. E’ estremamente attento ai dettagli».
A Torino ha lasciato un altro maestro come Ventura. Ogni estate gli smontano l’orologio e lui, puntualmente, ne fabbrica uno nuovo.
«Maestro è la parola giusta per Ventura. E’ uno di quegli allenatori del quale dici sempre “Si vede la sua mano”».
Che cosa c’è, oltre a Ventura, dietro a queste stagioni del Torino?
«La capacità di rinnovare senza distruggere. Si fa mercato, ma partenze e arrivi non sconvolgono gli equilibri. C’è sempre un nucleo storico ed è attorno a questi giocatori che si imposta la ricostruzione».
Juve in difficoltà, Roma discontinua, Inter bastonata dalla Fiorentina, Milan che non convince, Sassuolo imbattuto, Napoli che sta spiccando il volo, Torino che stasera potrebbe ritrovarsi in vetta. E’ il campionato più aperto degli ultimi tempi: ci può stare una grande sorpresa, e magari il Toro in lotta per lo scudetto?
«I grandi club faranno sentire la loro forza, ma sono convinto che sarà il campionato italiano più divertente e incerto degli ultimi anni. Io tifo Torino. In quelle 4 stagioni la mia pelle è diventata granata».
In Inghilterra sembra una corsa a due tra le squadre di Manchester: United-City.
«Il City è la squadra che mi ha colpito di più. Non l’abbiamo ancora affrontata, ma ho seguito diverse partite e ha enormi potenzialità».
Primo giudizio sul calcio inglese?
«Ha ritmi superiori a quello italiano. Si gioca a un’intensità maggiore. Non c’è mai un attimo di respiro. Dal punto di vista tattico, tutti con la difesa a quattro e cinque uomini a centrocampo. Il 4-2-3-1 è il modulo più praticato».
Darmian calciatore del mese di agosto dello United: una partenza perfetta.
«Come si dice in gergo, buona la prima. Rompere subito il ghiaccio con il Tottenham nel debutto mi ha agevolato».
Che cosa può portare di italiano nello United?
«Cultura del lavoro e rigore tattico. La nostra scuola resta una delle migliori al mondo».
La vita fuori dal campo?
«C’è poca vita fuori dal campo perché qui, tra Premier, Champions e Coppe, non ci fermiamo mai. Abito vicino Carrington, il centro tecnico, per evitare di restare intrappolato nel traffico. Frequento il gruppo degli spagnoli, De Gea, Mata, Herrera, ma ho legato anche con Blind».
L’inglese?
«La mia conoscenza era scolastica. Sto migliorando con l’aiuto di un insegnante e la pratica con i compagni».
Un altro maestro da ricordare, oltre a papà Giovanni ai tempi dell’oratorio?
«Francesco Rocca. Mi ha insegnato ad essere un professionista serio».