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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

PAPA’ GAETANO, ROBERTO E LA LAZIO DA TRADIRE: «TIFERO’ PER IL FROSINONE»

A volte la Storia ti sfiora e nemmeno te ne accorgi, se non anni dopo. Gaetano Stellone si è visto sfiorare da due treni della vita, perdendoli non proprio per colpa sua. Anche se mitigano il tutto i successi recentissimi del figlio Roberto (Frosinone in A e pimpante all’appuntamento in casa Lazio). Gaetano a metà Anni Sessanta, a Barletta, si divideva tra l’atletica leggera con Mennea e le partitelle a pallone per strada («io mi allenavo sul fondo, Pietro era già una scheggia»). Preferì il calcio. A 18 anni altro treno, altra corsa: in C segnò 8 gol col Barletta, fu segnalato al Milan (provò una settimana) e alla Lazio, dove venne visionato da Juan Carlos Lorenzo.
AMARCORD «Entrai in sede e vidi un coppone enorme – era il 1969, ricorda –. Dietro c’era il presidente Lenzini. Firmai tremando. L’ingaggio era di 450 mila lire, il minimo. Con me anche Chinaglia, Wilson, Nanni, Facco, Ferruccio Mazzola, Massa, Papadopulo. La Lazio? Mi è rimasta sempre nel cuore». Per Gaetano Stellone in biancoceleste un’esperienza intensa ma senza palcoscenico: amichevoli precampionato, o con la De Martino, prima di finire a Pescara nel 1970 («Potevo debuttare col Vicenza, ma se avessi giocato addio prestito»), alla Salernitana nel 1973, al Matera (con un Gigi De Canio ragazzino) nel 1974. «Chinaglia? Si faceva spesso vivo quando tornavo a Roma dai vari prestiti».
DI PADRE IN FIGLIO Già, Long John, Stellone sorride con un po’ di malinconia. «Gigante buono e leader duro, cattivo in partita. Le ho vissute quelle gare infrasettimanali: intense, accadeva di tutto, se non eri sveglio ti facevano male. Maestrelli lasciava fare e insegnava calcio». Maestrelli: un fratello maggiore. «Con le proporzioni del caso, appena ho visto mio figlio Roberto allenare mi è tornato in mente lui: per lo studio delle partite e il rapporto con i giocatori. Pacato ma deciso, sicuro. Ah, so bene che anche con Roberto allenatore non avrei giocato...». E ride. Ma Stellone junior: non è della Lazio?«Innamorato di Van Basten, il suo idolo. Pianse quando gli dissero che era troppo piccolo per un provino con Morrone per le giovanili biancocelesti». I paragoni cadono nel nulla tra padre e figlio. «Roberto ha giocato in B e A, io sino alla C. Lui aveva tutto: sinistro, corsa, tecnica ed elevazione. Io ero più un’ala. L’ideale sarebbe stato giocare insieme: i miei cross per i suoi colpi di testa. Quando ha smesso, ho pianto. Nel 2005 sfiorò la Lazio. Veniva dal torneo super col Genoa (18 gol, in B). Il Torino anticipò tutti, ma mi sarebbe piaciuto vederlo con l’aquila sul petto». Gaetano Stellone: supporter laziale («Seguo, tifo e gioisco»), moderato e lotitiano: «È tornato un club forte, quest’anno farà meglio. Pioli? È bravo. Lotito voleva il Frosinone ancora in B? Lo speravano in tanti, nessuno lo diceva. Che conta una frase al telefono? Ma io e Roberto facemmo gli scongiuri: sono serviti».
LA SCELTA A volte la Storia si passa una mano sulla coscienza e qualcosa restituisce. Come un figlio che, col Frosinone, rincorre la prima vittoria esterna in A, contro Lotito e la sua Lazio. Comunque finirà stasera sarà un successo per Gaetano? «No. Sono della Lazio fino al midollo, ma sono soprattutto padre. Tiferò per Roberto, per il Frosinone. Ci proveremo come con la Juve. Noi non molliamo mai». E chissà che, questa volta, con la Lazio non sarà tutta un’altra storia per Gaetano Stellone.