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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

LA FIGLIA DI BOTTAI PARLA CON TROPPO AMORE DEL PADRE

Avviene a volte che i figli dei leader politici si sentano trascurati e sviluppino un rapporto difficile con la figura di chi li ha messi al mondo, ma non è certo il caso di Maria Grazia Bottai. Il suo libro Giuseppe Bottai, mio padre (Mursia) trabocca d’affetto verso la figura del gerarca fascista e lo difende a tutto campo, con evidenti esagerazioni.
Senza dubbio l’uomo aveva doti notevoli, amava la cultura e l’Italia, capì prima di altri (ma sempre tardi) che il regime aveva imboccato una china disastrosa. E il suo arruolamento nella Legione straniera ne dimostra il coraggio personale. Tuttavia non si può certo dire che Bottai fosse un «fascista liberal-democratico rimasto nella dittatura per limitarla», visto che anzi, come ministro dell’Educazione nazionale, gestì direttamente per molti anni, fino al 1943, l’indottrinamento sistematico degli italiani attuato dal regime. Ed è altrettanto infondata la tesi che all’Italia di Mussolini le leggi razziali siano state «imposte dagli eventi internazionali», visto che la stessa Germania non esercitò alcuna pressione in quel senso.
L’amore filiale è un sentimento quanto mai rispettabile, però il giudizio storico deve basarsi su altri criteri.