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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

IL 2015 DI NIBALI. GLI SCREZI, I SILENZI, L’ORGOGLIO. E L’ANNO NERO SI RIBALTO’

Non è sempre vero che il buongiorno si veda tutte le volte dal mattino. Non funziona che se scendi dal letto con il piede sbagliato, poi non rimetti mai più in sesto la giornata. Quella di Vincenzo Nibali è stata (anche) una lezione a chi pensa che una storia nata male debba per forza chiudersi allo stesso modo. Sì, perché ci sono stati — almeno — tre momenti nel 2015 in cui lo Squalo era sottoterra o quasi. E adesso che ha ricominciato a pedalare leggero ad altezza-cielo, il riavvolgere il nastro dell’annata significa alzare il sipario su particolari inediti, gesti mai visti, emozioni mai raccontate. Il filo conduttore: Vincenzo Nibali. Un corridore. Un uomo.
umori E’ la penisola arabica lo scenario delle prime corse. La modernità di Dubai e la tradizione dell’Oman. I ritmi sono ancora blandi. Alla sera il clima è mite, la luna alta in cielo, e Vincenzo si intrattiene volentieri a parlare a tutto campo con chi c’è nella hall dell’hotel. «Nessun altro campione è così disponibile e alla mano», dicono in coro i colleghi stranieri. Lo amano. L’inaccessibilità di Froome, i silenzi di Contador, l’indecifrabilità di Quintana? Altra storia. Vincenzo è unico. Il primo scontro diretto in salita — in Oman — però va male. E’ presto, sì. Ma non è che allo Squalo la cosa faccia tanto piacere. Il suo orgoglio fatica a accettare le sconfitte e anche più avanti la musica non cambia. Il complicato inverno da vincitore del Tour in carica presenta il conto. Quintana vola sul Terminillo sotto la neve alla Tirreno-Adriatico e Vincenzo arranca. Le classiche delle Ardenne non lo premiano, al Romandia va male e confessa: «Non so perché». Senza dimenticare — anzi, è il primo dei tre momenti «no» — la spinosa querelle legata al mantenimento della licenza World Tour per l’Astana. Nibali si muove in prima persona, scrive al presidente dell’Uci, spende la propria credibilità per salvare la baracca. Ci riesce, ma a livello di testa «costa».
LACRIME Il tentativo di «resettare» tutto, per cercare il bis consecutivo al Tour, Nibali lo fa. Al Delfinato — giugno — sfiora il successo di cui avrebbe tanto bisogno, veste un giorno da leader, ma poi crolla. Si rifà al tricolore, che vince a Superga per la seconda volta (alla vigilia aveva sbottato: «Non mi sono mai divertito quest’anno in bici»). Nel 2014, la maglia di campione d’Italia era stato il viatico per un Tour trionfale. La musica però non è la stessa. Nibali perde subito terreno tra ventagli e cadute nei complicati giorni olandesi, non fa la differenza sul pavé, cade a Le Havre, perde 10” sull’insignificante (per lui) Mur de Bretagne. Soprattutto, affonda a 4’25” da Froome sulla prima vera salita pirenaica. Eccolo, il secondo momento «no». Vincenzo arriva e chi gli sta accanto chiede umana comprensione ai cronisti che lo braccano: «Aspettate, altrimenti vi scoppierà in lacrime davanti». Il grande capo, Alexandre Vinokourov, ci mette il carico: «Gli serve un buon meccanico per la testa, qualcosa si è rotto. Lui è il nostro leader, non può perdere così». Lo Squalo però reagisce, pesca dal cilindro la fantastica cavalcata verso La Toussuire e risale fino al quarto posto finale.
CAMBIO Neanche un mese e gli tocca la Vuelta. Ci arriva bene, Vincenzo. In squadra ci sono anche Aru e Landa ma non c’è il tempo per fare ragionamenti di leadership e tattica. Lo choc dell’espulsione per traino arriva subito: seconda tappa. E’ la terza mazzata e c’è chi teme che potesse essere lo spunto, quasi la scusa, per chiudere in anticipo l’anno balordo. Forse l’avrebbe fatto chiunque. Ma non Nibali. Che fa armi e bagagli e torna in Sicilia. Stacca da tutto e tutti. Lui e papà Salvatore in bici, come quando era ragazzino. Funziona. E’ un altro Vincenzo quello che torna in gruppo: sfiora l’Agostoni, vince la Bernocchi, si prende di forza la maglia azzurra. Il percorso del Mondiale di Richmond non lo aiuta a stupire, ma torna e firma subito la Tre Valli Varesine. A quel punto, il Lombardia può raddrizzare del tutto l’annata. Venerdì le prove generali. Nibali pedala sul finale e scrive un messaggio riservato all’allenatore Paolo Slongo «Se sto bene, attacco qui». E’ il presagio dell’impresa di ieri. Il lietissimo fine di un anno che era stato tutt’altro che lieto. Sì, può succedere. Vincenzo Nibali ce l’ha appena insegnato