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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

CAPITALE BLOCCATA DA UN SINDACATINO CON APPENA 134 ISCRITTI

ROMA Il sindacatino che ieri ha messo kappaò i trasporti della Capitale rappresenta l’1,1% dei lavoratori dell’Atac: 134 iscritti su 11.921 dipendenti in forza alla municipalizzata. Due giorni fa, il giorno prima della protesta, 9 sigle su 10 avevano ritirato la serrata, firmando un accordo con il Comune davanti al prefetto Franco Gabrielli. In campo era rimasta solo l’Usb, un sindacato che secondo l’assessore romano ai Trasporti, Stefano Esposito, «vale come un partitino extraparlamentare». Tanto è bastato però per bloccare tre linee metropolitane (la A, la B e la ferrovia urbana Roma-Lido) e per mettere il rallentatore alle corse degli autobus. Non è un caso se l’unica linea a funzionare regolarmente è stata la nuova metro C, quella che viaggia con treni tecnologici driverless, vale a dire senza conducente.
I macchinisti della metro infatti da due mesi protestano contro una riforma del contratto che ha chiesto loro due cose: di timbrare il cartellino con un badge elettronico (prima si firmava un foglio con la penna) e di ricevere alcuni bonus in busta paga non più in automatico, ma solo in base al raggiungimento di alcuni obiettivi. Risultato: prima lo “sciopero bianco” che ha bloccato la metro per tutto luglio, ora una raffica di scioperi. Nonostante il nuovo piano sia stato firmato dai confederali.
Secondo l’Agenzia comunale per la mobilità, l’adesione alla protesta di ieri è stata del 30%. Quindi ben oltre gli iscritti all’unico mini-sindacato che ha difeso fino all’ultimo la mobilitazione. Ecco allora che questo dato diventa anche il fermo immagine della crisi di rappresentanza delle sigle tradizionali, Cgil, Cisl e Uil.
LA GRANDE FUGA
Non è un caso se nel giro di appena due anni abbiano deciso di abbandonare l’iscrizione ai sindacati oltre 500 dipendenti dell’Atac: la quota di «non iscritti» (a cui non vengono decurtati 14 euro in busta paga ogni mese) è aumentata del 24%, passando da 2.050 lavoratori del 2013 a 2.551 di settembre 2015. C’è stato anche un travaso di consensi dai confederali (in calo di 3%) verso i sindacati minori. Ma nell’ultimo anno sono nati anche movimenti interni anti-sindacalisti, come quello messo in piedi da un’autista di 33 anni, Micaela Quintavalle, che spiega: «Tanti lavoratori ormai non credono più ai sindacati tradizionali. In centinaia negli ultimi mesi hanno iniziato a disdire l’iscrizione. Altri invece tengono formalmente la tessera, ma solo per riuscire a strappare qualche piccolo beneficio, come un turno migliore. Ma quasi tutti ormai si rivolgono altrove».
Proprio la Quintavalle, qualche tempo fa, ha denunciato i «turni speciali» che l’azienda riservava sindacalisti. Turni che infatti, poco dopo, sono stati sforbiciati del 35%, grazie a un’intesa firmata alla fine anche dalla “triplice”. Quell’accordo è riuscito a fare un po’ di pulizia in un’azienda da sempre ultra-sindacalizzata. Fino a febbraio scorso esistevano oltre 150 dipendenti che grazie all’anomala qualifica di “attivisti” non svolgevano i normali turni di lavoro. Ora si sono dovuti adeguare.