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 2015  settembre 01 Martedì calendario

CLASSE NOVANTA – MARCO SPORTIELLO ‘92


Il numero uno, al momento della scelta, ha chiesto il trentasette: «È l’anno di nascita di mio nonno Pasquale, un modo per ricordarlo». Marco Sportiello è un ragazzo così: poche interviste, e pure tenere. Uno che si sorprende ancora, come se i riflettori accesi fossero un caso. Come fosse un portiere passato da lì quasi distrattamente e ingaggiato al volo. Ci accadeva da ragazzini quando mancava un elemento per finire le squadre per strada. Se così è andata anche per Marco, è accaduto quando era bambino, tifava Milan e giocava con il cugino. Dicono fu una idea degli zii, quella di fargli fare il portiere. E così, come un ragazzo messo per caso tra i pali, sembra essere ancora. Invece fa il titolare in Serie A, c’è arrivato mentre tutti si domandavano chi avrebbe messo l’Atalanta in porta una volta ceduto Consigli al Sassuolo e la Dea invece aveva già deciso.
Non c’è miglior posto, se sei giovane, bravo e giochi a calcio, dell’Atalanta: lo hanno dimostrato Baselli, Cigarini, Bonaventura e molti altri prima di loro. Anche per questo Sportiello adesso è uno dei migliori portieri italiani in circolazione, sicuramente uno di quelli con il rendimento più alto nella scorsa stagione. Perché a Bergamo è arrivato presto: era il 1999 e aveva soltanto sette anni. Ora ne ha ventitré ed è grande da un po’, perché prima di arrivare in Serie A ha fatto il giro da Seregno, in D nel 2010/11, e successivamente Poggibonsi, in Seconda Divisione e Carpi, in Prima. Infine, a casa. Dove diventa titolare perché l’Atalanta ha capito che può farlo.
Un anno da primo portiere, dopo una stagione a sprazzi e pure buoni. L’esordio in Serie A, il 12 gennaio 2014 contro il Catania, è una serie di fotogrammi raccontati al Match Day ufficiale della settimana dopo: la varicella che ferma Consigli, la canzone di Mondo Marcio (“Il primo”) ascoltata prima di salire sul pullman della squadra, gli amici del paese in curva, la partita che poteva anche non finire mai perché era bello starci, poi il gol di Giacomo Bonaventura e la speranza invece che tutto finisse subito per portare a casa la vittoria, la maglia che stava per lanciare in Curva a un amico e che poi ha tenuto per sé, come ricordo, l’ascesso dentale a rendere insonne una notte che forse lo sarebbe stata comunque per l’emozione.
Poi è arrivata l’esperienza, l’anno scorso l’esordio era già un ricordo lontano e in una stagione da titolare si possono anche mettere a curriculum i due rigori parati a Rodrigo Palacio e Gonzalo Higuaín, oltre a tutte le qualità messe in mostra. Chi guarda con occhio allenato le partite di Sportiello lo trova quasi perfetto nei fondamentali e in miglioramento con la palla tra i piedi, ma pronto a far parlare di nuovo di portieri italiani, proprio quando si pensava si stesse esaurendo un filone che appartiene alla storia del nostro calcio. Cresciuto (e tanto: è alto 192 centimetri) guardando Sebastiano Rossi, ora – come tutti i prodotti più giovani del nostro pallone pronti a diventare calciatori di pregio – sente voci dall’estero e ancora non cede al richiamo, perché uno che sceglie il numero di maglia pensando alla data di nascita del nonno non ha fretta. Si gode, piuttosto, la propria semplicità e aspetta un’altra stagione da protagonista. In cui chi ha scelto di passare da Seregno invece di avere fretta e reclamare spazio nel calcio dei grandi saprà aspettare ancora, giocarsi tutto. Attendere la maglia azzurra, proprio mentre siamo aggrappati a Buffon e in attesa di un ricambio con un respiro lungo. Sì, può essere Marco Sportiello, il numero uno che ha scelto il trentasette.
Fulvio Paglialunga