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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

IL BARCELONA SI SCHIERA: VINCEREMO TUTTO, ANCHE LE ELEZIONI


BARCELLONA. Manuel Vázquez Montalbán, il padre di Pepe Carvalho e gran appassionato di fútbol scriveva: «La squadra di calcio del Barcelona polarizzava le ansie nazionaliste dei catalani come se fosse l’esercito disarmato di un Paese con l’identità schiacciata dal vincitore della guerra civile. Quando il Barcelona vinceva una partita contro il Real Madrid, considerato la squadra del governo, Catalunya si risarciva di tutte le guerre civili che ha perso dal XVII secolo».
Oggi questo esercito disarmato può scendere in campo a fianco degli indipendentisti catalani. Artur Mas, il presidente della Generalitat, lunedì 3 agosto, ha firmato il decreto per convocare il 27 settembre elezioni anticipate in Catalunya. Elezioni che per Mas, e i suoi soci della lista Junt pel sì (Insieme per il sì), devono essere un plebiscito a favore di uno Stato indipendente catalano. Elezioni in cui l’F.c. Barcelona può essere un’arma elettorale pesante. Il cannoneggiamento è cominciato da mesi, il 6 giugno, finale della Champions League con la Juventus.
All’entrata dello stadio Olimpico di Berlino la Asemblea Nacional Catalana distribuisce fra i tifosi culè 10 mila esteladas, la bandiera indipendentista catalana. E la Plataforma ProSelecciones Esportives Catalanes, da giorni, anima i soci via Twitter: «Andate con la estelada, ritornate con la Champions». La cosa funziona e sugli spalti di bandiere gialle e rosse ne sventolano a migliaia. Tanto che la Uefa decide di sanzionare l’F.C. Barcelona con 30mila euro di multa. La tifoseria blaugrana avrebbe contravvenuto all’articolo 16.2. e del codice di disciplina che castiga «l’uso di gesti, parole, oggetti che significhi o trasmetta un messaggio che non ha relazione con l’evento sportivo, specialmente messaggi offensivi o provocatori di natura politica, ideologica religiosa». Dopo la sanzione della Commissione Antiviolenza per i fischi nel Camp Nou all’inno nazionale durante la finale della Copa del Rey, la decisione della Uefa getta altra benzina sul fuoco dell’indipendentismo e provoca la risposta di Josep Maria Bartomeu, presidente della società blaugrana. «Siamo catalani, catalanisti e credo che il tifoso del Barcellona quando va in trasferta, ad una finale possa fare ciò che crede più conveniente. Credo nella libertà di espressione e nella democrazia».
Il 18 luglio si vota per eleggere il nuovo presidente del F.C. Barcelona. Due giorni prima i quattro candidati firmano il Compromis de País. Interessante dare una scorsa a questo manifesto. «La storia del Fútbol Club Barcelona è legata alla Catalunya e all’identificazione maggioritaria dei suoi soci e tifosi con le rivendicazioni politiche, sportive e sociali del catalanismo». Queste le prime righe. E per essere più chiari al punto 4 si afferma: «Appoggiare le azioni in favore del diritto del popolo di Catalunya e mettere il club a fianco della decisione che prenda il popolo catalano nel libero esercizio di autodeterminazione». Non è tutto, nel Camp Nou, dopo la lettura del documento, gli aspiranti alla presidenza posano insieme ai candidati della lista unitaria per l’indipendenza. Mostrano la seconda maglia del Barcelona, con quattro strisce catalane e la scritta Guanyarem (vinceremo) 27S. Un bello spot elettorale. È vero che i soci del club eleggono alla presidenza Bartomeu che ha centrato la sua campagna sui successi della squadra, sul triplete (Liga Copa del Rey e Champions) e lasciano al palo Joan Laporta, l’ex presidente che, senza esitare, aveva affermato: «Se vinco il Barcelona si posizionerà a favore del blocco indipendentista».
Ma la foto con la estelada e il Compromís de País suscitano le ire di una parte del barcellonismo. Javier Sardá, conduttore televisivo e fanatico culé, sostiene che hanno convertito quello che era más que un club in una pura struttura dello Stato catalano. E aggiunge «razionalmente non sono più un tifoso del Barcelona».
Il 20 luglio Pep Guardiola, allenatore del Bayern Monaco ed ex del Barcelona, annuncia la sua candidatura alle elezioni del 27 settembre con Junt pel sì. Lo farà in forma simbolica come ultimo nome di lista. L’allenatore del Bayern Munich non ha intenzione di abbandonare il suo mestiere per sedersi, come deputato, nel parlamento catalano, ma è convinto che la sua partecipazione alla lista di Artur Mas sia un gesto, inequivocabile, a favore dell’indipendenza. Guardiola ha preso posizione più volte a favore della sovranità catalana. È socio, insieme ai suoi tre figli, della Asamblea nacional Catalana e di Ómnium cultural, due entità che fanno parte del blocco separatista. Il 9 novembre 2014 è volato da Monaco di Baviera a Barcellona per votare nella consulta indipendentista. Eppure la sua decisione ha sollevato un putiferio e reazioni indignate come quella di Jorge Fernández Díaz. Il ministro degli interni del governo del Pardido Popular lo accusa di aver giocato e trionfato con la nazionale spagnola per soldi. «C’è gente il cui unico Dio è il denaro» dice. Un buon modo per scaldare gli animi. Detto per inciso Guardiola ha giocato 47 partite con la Spagna e nessuno ha mai messo in discussione la sua professionalità. In quanto ai soldi, il Barcellona certo non lesina sui salari. Gioco facile per Guardiola rispondere alle accuse: «Perché non posso difendere le mie opinioni? I partiti mi chiesero di presentarmi e io risposi sì». Dalle elezioni il Pep si attende che tanta gente vada a votare: «Meglio per la Catalunya, per la Spagna e per l’Europa». E quanta gente potrà schierare l’esercito disarmato del Barcelona? Secondo i rapporti confidenziali del governo, svelati dal settimanale Interviu, potrebbe spostare il 30-40 per cento dei voti a favore del sì all’indipendenza.