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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

ARTICOLI SULLA MORTE DI FRANCO INTERLENGHI DAI GIORNALI DI VENERDI’ 11 SETTEMBRE 2015 – 


MAURIZIO PORRO, CORRIERE DELLA SERA –
Franco Interlenghi, morto ieri a Roma a 83 anni, è stato con Sciuscià (1946) uno dei minorenni più famosi del neorealismo insieme a quelli di Germania anno zero e Ladri di biciclette . Erano bambini non prodigio ma che testimoniavano dell’Italia umiliata e sconfitta dalla guerra.
Vittorio De Sica lo scelse 15enne per «essere», più che recitare il giovanissimo lustrascarpe Pasquale (shoe-shine) in un capolavoro del neorealismo, girato tra mille difficoltà, storia di un’infanzia e un’amicizia tradite e del sogno di libertà nella corsa di un cavallo bianco.
Franco, detto Charlottino per la sua imitazione di Chaplin, di famiglia modesta, era davvero a giocare in via Palestro quando sentì che cercavano ragazzi per il film; corse e fece due volte la fila di fronte a De Sica, che prima lo rifiutò poi lo scritturò: ricorda che prese 250 lire al giorno, una pacchia, ma il film fu un fiasco in sala, «non piacque neanche agli amici».
Con quegli occhi mai davvero innocenti, ricciolino, era pronto a passare dall’epoca post bellica al realismo rosa della Domenica d’agosto (1949) di Emmer (il ciclista proletario che si finge ricco) e di Parigi è sempre Parigi ; e il paesano rivoluzionario di Don Camillo , il sospetto innocente di Processo alla città , il fratellastro della Lollobrigida nella Provinciale di Soldati-Moravia.
Ma dopo il ragazzo del riformatorio, il ruolo che nel ’53 segna la carriera di Interlenghi è quello di Moraldo nei Vitelloni di Fellini compagno dell’ammiratissimo Sordi, di Trieste, Franco Fabrizi e Riccardo Fellini: ma è lui a sostenere il ruolo autobiografico del regista («mi aveva chiamato, guardato a lungo senza dire una parola») quello che decide di troncare con le illusioni di provincia e di tentare la fortuna a Roma. È lui in treno in un magico finale, mentre gli amici dormono: in città il personaggio di Moraldo si trasforma nel Marcello della Dolce vita .
Non sono i soli due registi di riferimento: le numerose esperienze lo portano nella Cinecittà di cartapesta del kolossal di Blasetti Fabiola («prendevo 4.000 lire al giorno e mi sono rotto un braccio giocando a pallone in una pausa»), nell’episodio italiano dei Vinti di Antonioni, dov’è il ragazzo borghese coinvolto col contrabbando, in uno sketch di Amori di mezzo secolo , con Monicelli in Padri e figli .
In un mai terminato né pagato Guglielmo Tell con un poco sobrio Errol Flynn, conosce Antonella Lualdi con cui si sposerà formando una coppia bella da rotocalco, stile Power-Christian: sono le promesse del cine, lei con Sofia, Mangano, Bosè, Rossi Drago, lui con Girotti, Mattioli e Mastroianni, di cui era amico e socio di incredibili scherzi.
Intanto Interlenghi è un nome che viaggia nelle super produzioni, nell’ Ulisse di Mario Camerini, Teresa di Zinnemann, Contessa scalza di Mankiewicz, dove rischiò per un ritardo di essere ammazzato da Humprey Bogart, in Addio alle armi di Vidor e si arriva perfino a un western di Monte Hellman nel ‘78.
Recita spesso con la moglie, da cui avrà due figlie di cui una, Antonellina, anche lei attrice; partecipa a molti buoni film di Bolognini ( Gli innamorati , Giovani mariti , La notte brava ), e poi aiuta un riconoscente Pasolini a inizio carriera, prova il tocco di Rossellini in Generale della Rovere e Viva l’Italia ; e tenta perfino, ma non firmata, la regia di Universo di notte , nel ’62, filone strip night lanciato da Blasetti.
Un’importante parentesi teatrale è quella con Luchino Visconti che nei primi anni 50 lo fa recitare nella compagnia Morelli Stoppa, figlio con Mastroianni del Commesso viaggiatore ma anche in Rosalinda e Troilo e Cressida , Un tram che si chiama desiderio (e avanti nell’ Inserzione della Ginzburg), mentre affianca Gino Cervi nel Cyrano .
Il secondo tempo della sua carriera è faticoso: ci sono le occasioni con Michele Placido regista (fino a una partecipazione in Romanzo criminale ), di Tinto Brass e Giuseppe Tornatore, ma la dolce ala della giovinezza se ne è andata, così soprattutto lavora in tv in produzioni di De Sisti, Muzii, Rossi, Massaro, Corbucci, Capitani, Base («Padre Pio») e allestimenti di Pirandello e Ben Johnson.
Maurizio Porro

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ALESSANDRA LEVANTESI KEZICH, LA STAMPA –
La guerra era appena terminata nel luglio del 1945 quando Franco Interlenghi, scomparso ieri all’età di 83 anni, si presentò alla Lux di Via Po per far un provino con Vittorio De Sica. Quando dopo una fila lunghissima arrivò il suo turno, De Sica gli chiese se sapeva far a pugni, lui rispose di no e venne scartato; rifece la coda una seconda volta, mentì e ottenne l’ambito ruolo. Il film era Sciuscià, capolavoro del neorealismo che nel 1947, con quella storia cupa di adolescenze allo sbando nella cornice povera e confusa dell’Italia appena liberata, conquistò un Oscar; e la carriera del giovanissimo romano, che aveva saputo incarnare il ragazzino Pasquale con tanta sensibilità, partì alla grande.
Con Visconti a teatro
Era attraente, spontaneo, accattivante, aveva la fresca energia della giovinezza, era perfetto per rappresentare un paese pronto a ricominciare da capo, a rinascere dalle rovine del fascismo e della guerra. Nel biennio 1948/49, a quell’attore naturale privo di scuola, si aprirono persino le porte del teatro: tre spettacoli storici (Rosalinda, Morte di un commesso viaggiatore, Troilo e Cressida) con la compagnia Morelli- Stoppa e sotto la prestigiosa direzione di Luchino Visconti.
Ma è stato il cinema la sua vera casa: i film girati negli anni Cinquanta furono una quarantina, e spesso a firma di registi che si chiamavano Blasetti (Fabiola), Emmer (Domenica d’agosto, Parigi è sempre Parigi): e poi Antonioni (I vinti), Fellini che gli assegnò la parte del suo alter-ego Moraldo in I vitelloni, il Monicelli di Padri e figli, al Rossellini di Il generale della Rovere e Viva l’Italia!, il Bolognini di Gli innamorati e Giovani mariti. E citiamo anche Canzoni, canzoni, canzoni di Domenica Paolella perché fu su quel set, nel 1953, che Franco incontrò la bella Antonella Lualdi sposata nel 1955 e madre delle sue due figlie.
Essendo gli anni Cinquanta - l’epoca della cosiddetta Hollywood sul Tevere - con gli americani che approdavano volentieri a Roma per via dei costi bassi e delle maestranze eccellenti - Interlenghi transitò in svariate grosse produzioni, sia pur non in parti di primo piano, da La contessa scalza con la Gardner e Bogart ad Addio alle armi con Rock Hudson. Tuttavia il fatto di essere icona del neorealismo lo penalizzò, relegandolo nell’oblio, sulla svolta degli anni Sessanta: come se nell’Italia cinica del boom non ci fosse più posto per quel suo bel volto pulito. Per ritrovare Interlenghi sullo schermo bisogna attendere la fine degli anni Ottanta, e l’affermarsi di fresche leve di registi che, in qualche modo, si riallacciano al cinema dei padri. Sono Giuseppe Tornatore (Il camorrista) e Michele Placido (da Pummarò a Romanzo criminale) i primi a recuperare l’ormai maturo interprete offrendogli ruoli di carattere e dando il via a una nuova fase della sua carriera. Con il tempo si era appesantito e i capelli erano diventati bianchi: ma il sorriso, lo sguardo, la simpatia, quelli sono rimasti identici fino alla fine.

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ROBERTO NEPOTI, LA REPUBBLICA –
ROBERTO NEPOTI
Con Franco Interlenghi, morto ieri mattina nella sua casa romana di Ponte Milvio all’età di 83 anni, se n’è andato un altro pezzo di grande cinema italiano. Era lui, appena quindicenne, il Pasquale Maggi del capolavoro pre-neorealista di Vittorio De Sica Sciuscià (1946), il piccolo lustrascarpe di via Veneto che se ne andava a Villa Borghese per cavalcare un cavallo bianco detto Bersagliere; ed era ancora lui l’attore che, sette anni dopo, Federico Fellini scelse per interpretare il suo alter- ego, Moraldo, nei Vitelloni .
Apprezzato dai registi del neorealismo, Franco fu però “punito” dalla faccia - un po’ troppo bella - di cui madre natura lo aveva dotato, finendo spesso relegato in parti di primo amoroso, fidanzato della figlia di Totò ( Totò Peppino e i fuorilegge ) o bel giovane nei peplum, come in Fabiola di Alessandro Blasetti e Ulisse di Mario Camerini, dove era un Telemaco disceso dai lombi di papà Kirk Douglas. Ciò non toglie che la sua filmografia sia ricca di titoli importanti per qualità o per popo-larità: tra i tanti, Domenica d’agosto di Luciano Emmer (1949), Processo alla città di Luigi Zampa (1952), Don Camillo di Julien Duvivier (1952) I vinti di Michelangelo Antonioni (1953), Gli eroi della domenica di Camerini (1953). Luchino Visconti, invece, lo diresse a teatro: nella versione 1951 di Morte di un commesso viaggiatore con la compagnia Morelli- Stoppa. All’epoca della “Hollywood sul Tevere” Interlenghi fu nel cast di grosse produzioni americane come La contessa scalza di Joseph Mankiewicz (1954), a fianco di Ava Gardner, o Addio alle armi di Charles Vidor (1957). In La ragazza del peccato di Claude Autant-Lara (1958) ebbe il ruolo dell’amante, un po’ mascalzone, di una Brigitte Bardot all’apice della bellezza.
Con gli anni ‘60 cominciò ad apparire in film minori, fornendo prestazioni sempre di buon livello ma più da caratterista che da protagonista. Forse è vero, come ha ipotizzato qualcuno, che gli nocque la (involontaria) concorrenza di Marcello Mastroianni, all’epoca accaparratore naturale delle parti più ambite di uomo bello e seduttivo. I ruoli da caratterista erano diventati la regola col passare degli anni, quando Interlenghi lavorò per la tv (nelle serie Il maresciallo Rocca , Don Matteo e altre) e comparve in alcuni film di successo popolare, tra cui Romanzo criminale di Michele Placido (2005), era il barone Rosellini, o Notte prima degli esami oggi (2007), nella parte di nonno Luigi. Nel 1955 aveva sposato un’altra bella del cinema italiano, Antonella Lualdi, dalla quale aveva avuto due figlie.

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GLORIA SATTA, IL MESSAGGERO –
Se n’è andato a 83 anni nella sua casa di Ponte Milvio, a Roma, Franco Interlenghi. Il neorealismo, I Vitelloni, il grande teatro messo in scena da Visconti, la fama internazionale, una famiglia costruita sotto il segno del cinema: l’attore romano ha avuto una lunga carriera e una vita personale caratterizzata dal matrimonio, avvenuto nel 1955, con la bellissima attrice Antonella Lualdi che gli avrebbe dato due figlie, Stella e Antonellina, entrambe attrici. Nel 1997 era diventato bisnonno.
Interlengi era un attore “preso dalla strada”. Scoperto da De Sica che ad appena 15 anni gli fece interpretare il magnifico protagonista di Sciuscià, è stato uno degli elementi di punta del cinema italiano che risorgeva dalle macerie della guerra e spesso, in nome della verità senza finzioni, andava a cercare i suoi talenti nelle vie, al mercato, tra la gente comune.
L’attore lavorò con grandi registi come Fellini per cui interpretò il personaggio di Moraldo, uno dei protagonisti de I vitelloni, Rossellini (Il generale Della Rovere), Emmer (Domenica d’agosto), Bolognini (Giovani mariti e La notte brava), Antonioni (I vinti), Monicelli (Padri e figli), Vidor (Addio alle armi), Mankiewicz (La contessa scalza), Autant-Lara (La ragazza del peccato), Monte Hellman (Amore piombo e furore). Ebbe come compagni di set Alberto Sordi, Brigitte Bardot, Jean Gabin, Ava Gardner, Rock Hudson, Gina Lollobrigida, senza disdegnare le commedie di Totò.
IDEALISTA
Faccia pulita, versatile e ricco di carattere, dopo lo sfortunato lustrascarpe protagonista di Sciuscià che aveva lanciato la sua carriera, Interlenghi interpretò negli anni Cinquanta diversi ruoli di bello, romantico, idealista. Dagli anni Settanta in poi, senza trascurare il cinema, si sarebbe dedicato soprattutto al teatro, entrando nella compagnia Morelli-Stoppa e rappresentando con Visconti spettacoli di prestigio come Morte di un commesso viaggiatore, Troilo e Cressida, Rosalinda o come vi piace. In età matura scoprì la tv e fece qualche apparizione nelle fiction più popolari come Don Matteo 4.
Negli anni Novanta, fu tra gli interpreti di Il camorrista, il film di esordio di Tornatore, e prendendo parte a Pummarò battezzò un altro debutto da regista, quello di Michele Placido che sarebbe poi tornato a dirigerlo in Le amiche del cuore e Romanzo criminale. Con Tonino Cervi fece L’avaro. In tempi recenti ha avuto un ruolo in Notte prima degli esami oggi e ha vestito la tonaca del cardinal Casaroli in una fiction su Papa Luciani. Il suo ultimo film, nel 2010, è stato La bella società di Cugno.
Interlenghi amava rievocare l’incontro con Antonella Lualdi, una delle attrici più ammirate della sua generazione. «La conobbi nel 1953, sul set del film Canzoni, canzoni, canzoni di Paolella in cui facevo uno studente», raccontava l’attore. «Per tutto il tempo cercai di corteggiarla. Quant’era carina! Gagliarda, veramente, abbiamo volato insieme per tanti anni». I due si sarebbero separati ma, dopo un lungo periodo di lontananza, erano tornati insieme, incarnando fino all’ultimo quella coppia magica che aveva fatto sognare tanti italiani.
Gloria Satta