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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

L’UOMO CHE INVENTÒ LA DEMOCRAZIA DEGLI ALGORITMI

«Il sistema politico è stato occupato da veri bastardi». Il linguaggio è un po’ da osteria. Ma il concetto è chiaro, non ci sono filtri. A esprimerlo è stato di recente Karel Janecek, uno tra gli uomini più ricchi della Repubblica Ceca, nel corso di un’intervista alla versione europea del sito americano The Politico.
Janecek, a 42 anni, è già un veterano della finanza. Opera nel settore dalla metà degli anni Novanta e ha guadagnato molti soldi sulle borse di Chicago, Londra e Francoforte. Da qualche tempo s’è messo in testa di investire più sulla democrazia che sui listini. L’ambizione è alta: mandare a casa i «bastardi» e riplasmare completamente un sistema ritenuto marcio. In effetti nel corso degli anni gli scandali legati alla corruzione si sono moltiplicati.
Quello che Janecek propone è una sorta di «democrazia degli algoritmi». Li ha studiati all’Università di Praga, dove s’è laureato in matematica. Ne ha perfezionato l’uso a Pittsburgh, la città americana in cui si è specializzato. Li ha applicati con successo alla finanza. Ora vuole renderli compatibili con la politica. La chiave di volta è il modello di voto. Janecek ha escogitato una formula matematica che lo innova radicalmente, permettendo agli elettori di esprimersi non su un solo politico e non con una sola spunta. Si possono bensì assegnare contemporaneamente voti positivi e negativi. A favore e contro, in altri termini. Così facendo il candidato che mobilita consensi, magari con pratiche non edificanti, può sì ricevere preferenze positive, ma anche riscuoterne di negative e dunque essere bocciato, se l’incrocio tra conta effettiva e algoritmi restituisse tale responso. «È come se gli elettori potessero pronunciare un’intera frase, anziché limitarsi a barrare un unico nome», ha detto il tycoon, spiegando che questo modello premia i candidati puliti e limita i giochi di partito. S’innalza di conseguenza il livello delle istituzioni.
A ogni modo queste idee sono state ignorate dai partiti cechi. Ma Janecek non s’è arreso. Ha messo in piedi un’associazione – Democracy 2.1 – e deciso di scommettere sui territori. Sono stati contratti accordi con varie amministrazioni locali. A Litomerice, poco più di ventimila abitanti, s’è tenuta una consultazione su sedici possibili progetti urbani. I votanti avevano a disposizione quattro preferenze positive e due negative. Oltre il 40 per cento ha usato tutte e sei queste opzioni. Il gradimento maggiore, per la cronaca, è andato a un piano che devia il traffico su gomma dal centro storico.
A Ríchany, cittadina da quindicimila anime, è stato attivato un programma attraverso cui il sindaco, periodicamente, potrà chiamare i residenti a dire la propria su più questioni. Anche in questo caso ci saranno quattro positivi e due negativi. Non si andrà fisicamente alle urne, però. Democracy 2.1 ha anche elaborato un software che consente di votare tramite pc o tablet.
Lo stesso è stato fatto a New York. In cinque dei cinquantuno distretti, chiamati tradizionalmente a esprimersi ogni anno sull’utilizzo del bilancio da parte della giunta, la squadra di Janecek ha reso elettronico il voto. L’esperienza nella Grande Mela, cui si affiancano iniziative analoghe in Tunisia e Cina, dimostra che il matematico ceco non s’accontenta più di cambiare il suo Paese. La democrazia algoritmica dev’essere mondiale.