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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

PERCHÉ NON SI DEVE ESULTARE PER IL RIALZO DELLE STIME DELL’ISTAT O DELL’OCCUPAZIONE

La stima preliminare del Pil per il secondo trimestre 2015 (diffusa il 14 agosto) indicava una crescita congiunturale pari solo allo 0,2 per cento (in decelerazione rispetto al primo trimestre) e tendenziale dello 0,5 per cento. Il primo settembre l’Istat, presentando i dati dei conti economici trimestrali, rettificava al rialzo le stime rispetto a quelle preliminari (crescita congiunturale dello 0,3 per cento e tendenziale dello 0,7 per cento), con eccessivo sollievo di governo e giornali. I contributi alla variazione congiunturale del Pil dei reali driver della crescita restano infatti negativi: -0,1 per cento è quello degli investimenti fissi lordi e -0,2 per cento quello delle esportazioni nette. Il pass-through sull’economia reale del cosiddetto bazooka di Draghi è nullo, non sta producendo domanda effettiva. Anzi a detta della stessa Bce che ha già tagliato le stime di crescita per l’Europa, si riaffaccia lo spettro della deflazione contro cui il bazooka doveva sparare: ma sebbene a forma di tubo (un vero e proprio euro-dotto a vantaggio delle banche), il bazooka non è un bazooka, e il quantitative easing non assomiglia ad una vera politica monetaria (a sostegno del tesoro). Inoltre, come già scrivevamo, già nel secondo trimestre 2015 iniziava a pesare sulla crescita italiana la riduzione della domanda estera: cosa succederà dopo il domino di svalutazioni competitive seguite alla svalutazione dello yuan in agosto e al forte ridimensionamento della crescita dei paesi emergenti? Non parliamo poi dell’ulteriore decisivo elemento depressivo della riduzione della spesa della Pubblica amministrazione (-0,2 per cento in termini congiunturali) che sta avvenendo, come ci ha perfettamente rappresentato Luca Antonini la settimana scorsa, tutta a discapito della componente moltiplicatrice di crescita e sussidiarietà delle autonomie locali più virtuose (del nord del paese).
Si esulta poi eccessivamente anche per i primi risultati occupazionali positivi (103 mila unità in più rispetto al primo trimestre come dato destagionalizzato), mettendo in secondo piano l’enorme livello dei disoccupati (3 milioni 179 mila), tuttora in crescita (35 mila unità in più), e non considerando appieno come questa ripresa occupazionale, dovuta principalmente agli incentivi del governo per i nuovi contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, potrebbe risolversi in un fuoco di paglia una volta finiti i soldi. Si tenga poi sempre a mente che i dati a cadenza infrannuale, quando non risentono dell’“errore umano” come nel caso delle statistiche erronee su assunzioni e cessazioni divulgate recentemente dal ministero del Lavoro (successivamente rettificate), incorporano comunque elementi di incertezza e di instabilità delle stime.
Insomma, purtroppo, errata corrige ma non troppo.