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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

PERISCOPIO

La vicenda dei migranti insegna che non bisogna fidarsi molto degli ungheresi. È gente che confonde troppo facilmente il gulasch con il gulag. Gianni Macheda.

La Merkel pronta a prendere 500 mila stranieri. Più dell’Inter. Il rompi-spread. MF.

Vespa ha fatto sedere i due membri incensurati del clan mafioso Casamonica sulle stesse poltroncine bianche che ogni sera ospitano le terga di politici, criminologi, cantanti. Li ha integrati nella tradizionale messinscena di Porta a porta. Un errore clamoroso per un professionista del suo calibro, che sa bene come, in televisione, il contesto valga molto più del testo. Vespa quindi non ha sbagliato a farci sentire la versione dei Casamonica, ma a metterli comodi nel suo salotto, che poi sarebbe il nostro. Massimo Gramellini. la Stampa.

Ci si può domandare perché Hollande si sia imposto la fatica di un pellegrinaggio a Gerusalemme mentre in Francia si trova il più rumoroso Muro del Pianto di tutti i paesi più industrializzati. Philippe Bouvard, Journal drôle et impertinent. J’ai lu, 1997.

Alla maestra i bambini della quarta classe di Calenzano, bambini che leggono tutti i giorni i quotidiani, hanno chiesto (e ottenuto): l’eliminazione del grembiule «che fa divisa fascista»; l’autorizzazione a darle del tu e chiamarla Rosanna, «così la si sente amica e non padrona, e se dice che un ciucio vola, prima le credevamo, adesso diciamo che lo racconti ad altri»; di mettere i banchi in cerchio e togliere la cattedra, «così è una famiglia, una comunità, non un collegio». Natalia Aspesi. il Giorno, 1970.

Panfilo Gentile scrisse questo suo trattato per dimostrare che tutte le democrazie, più o meno, sono necessariamente mafiose perché tutte sono governate da élites demagogiche che assecondano gli umori delle masse per conservare il potere e per spremerne ogni possibile vantaggio. Sergio Romano, prefazione a Panfilo Gentile, Democrazie mafiose. Ponte alle Grazie, 1997.

La crisi cinese è una crisi di crescita che si risolverà grazie all’intervento delle autorità cinesi. È chiaro che, se prima la Cina cresceva del 7-8 per cento l’anno e ora rallenta, ci si preoccupa, ma non bisogna dimenticare che quella cinese è un’economia che può contare sempre su un mercato di un miliardo e 300 milioni di potenziali consumatori. Piuttosto sono i mercati emergenti che dovrebbero farci preoccupare: la Russia, fino alla crisi ucraina, era in crescita e ora sta sprofondando. Il Brasile, quest’anno, dovrà fare i conti probabilmente con una flessione del 2% del pil. Se i soldi sono pochi si comprano beni essenziali, non certo computer. Gianfranco Lanci, numero due del gigante cinese Lenovo (Marco Letizia). Corsera.

Quando mi iscrissi alla Bocconi era il 1967. Si preparava la contestazione. Sembrava un’alba radiosa. E invece era già tramonto. Cercavo figure ideali senza trovarle. In quelle borghesi mi spaventava il grigiore o il cinismo, in quelle rivoluzionarie l’esaltazione. Le emozioni dei cortei mi parevano primordiali, calcistiche. Non mi integravo nelle manifestazioni. Si urlava lo slogan «Padroni, borghesi, ancora pochi mesi». Mi dissi: se è così, tra un po’ dovrò collaborare a eliminare me stesso. A quel punto scelsi di andare a Zurigo. Luigi Zoja, psicanalista (Antonio Gnoli). la Repubblica.

È iniziato il periodo di schiacciante prevalenza della scrittura cosiddetta «parlata». Del suo sviluppo si deve dare atto agli aborigeni, per l’incessante lavoro che portò all’abolizione della carta (tranne che per i documenti burocratici) e per il trionfo delle lingue personali ormai immuni alla lettura. Il processo, contrariamente a tutti gli altri nel paese, è stato rapidissimo. Massimo Bucchi, scrittore satirico. ilvenerdì.

Con gli occhi di bambina - La notte della vigilia di Ferragosto in quelle montagne si facevano grandi falò, in onore dell’Assunta. I ragazzi avevano costruito grosse pire di legna, ai miei occhi di bambina altissime. Come scendeva il buio, si appiccava il fuoco. Da un capo all’altro della valle brillavano allora le luci rosse di decine di falò. Le fiamme dapprima stentavano, nell’umidità della notte, come fiere che lambiscano incerte il loro pasto. Poi, d’improvviso, si alzavano vigorose, in un crepitio di scintille, mentre noi attorno arretravamo, come davanti a un drago che si risvegli. E finalmente il fuoco divorava la legna, vorace, con un rumore di vento sordo, che per me ne era la voce. Ipnotizzata fissavo quello splendore ardente, e le fiamme come cose vive, che si allungavano allo spasimo verso il cielo, senza riuscire a toccarlo. Sentivo la mia faccia che scottava, e in quella luce purpurea il volto di chi mi stava accanto sembrava un altro, trasfigurato, di uomini di tempi antichi. Le faville si alzavano, splendenti, brillavano più intensamente e precipitavano, spente. Sopra di noi il Grande e il Piccolo Carro, luci eterne, ma così lontane. Nel buio stringevo la mano di mia madre, colta come da una tristezza improvvisa; mentre il falò di Ferragosto ardeva - e insieme a lui, lo sentivo, l’estate si consumava. Marina Corradi. Avvenire.

Io sono sempre stato per il matrimonio tra uomini, anche perché tanti spot pubblicitari ci dicevano questo. E non per vantarmi, ma come ragazzo ho fatto sempre tutto quello che fanno negli spot. Maurizio Milani, scrittore satirico. IlFoglio.it.

La pattuglia degli amici del Selva, dopo i liquori, sembrava aver ricevuto il colpo di grazia e offriva un variegato spettacolo: Santo Pellegrino era smorto e aveva gli occhi lacrimosi, il dottor Durini esibiva un naso rosso come i barbigli di un gallo, Prospero Gallinaccio e il notaio Anfuso s’erano sbottonati il gilet e sudavano copiosamente mentre l’ingegner Cascanti era l’unico che cercava di tener su la conversazione narrando le leccornie a base di cacciagione che offriva l’Osteria del Cacciatore su a Pradello. Amleto aveva le palpebre pesanti e osservava la scena stravaccato sulla sedia, col ventre proteso e le mani aggrappate al bordo del tavolo. Andrea Vitali, Il segreto di Ortelia. Garzanti.

In quella nebbia che l’anestetico aveva depositato nel suo cervello dopo il buco nero dell’operazione, udiva scorrere le parole senza lasciare un segno, indistinto rumore. Prima ancora di formarsi, i concetti si disintegravano come gocce di pioggia sopra una macchina in corsa. Nantas Salvalaggio, Calle del Tempo. Mondadori, 1984.

La differenza fra la buona pubblicità e la cattiva è che, entrate tutt’e due nelle nostre case, la seconda ci esce dagli occhi. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/9/2015