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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

RAGLI CONTRO VESPA: SUI GIORNALI E IN TV LO ZOO CASAMONICA

Sintesi: nello studio di Porta a Porta sono arrivati la figlia e il nipote del boss Vittorio Casamonica (defunto e protagonista di un funerale trash) e giornalisti e politici hanno dimenticato anni di interviste a mafiosi, figli di mafiosi, mogli di mafiosi, assassini, parenti di assassini, drogati e spacciatori, per esempio ma è davvero solo un esempio quel Carmine Schiavone che tutti i talkshow l’anno scorso si contendevano anche se era assassino, mandante di assassini, cassiere della camorra, fornitore all’ingrosso di droga, estorsore, schiavista di prostitute, truffatore, mescolatore di sabbia da aggiungere al cemento, seppellitore di rifiuti tossici, avvelenatore di falde acquifere, organizzatore di bische clandestine, a lungo latitante, pentito solo dopo l’arresto e il carcere duro, infine calunniatore sistematico dello Stato e dei suoi servitori. Il problema sono due incensurati: la figlia e il nipote di un morto.
Segue stupidario.

Massimo Gramellini, giornalista.
Sulla Stampa ha tentato un «sì ma però» che stava insieme come l’acqua con l’olio: quello di Vespa è sì un colpo giornalistico ha scritto ma «ha fatto sedere i due membri incensurati del clan mafioso sulle stesse poltroncine bianche che ogni sera ospitano le terga di politici, criminologi e cantanti. Li ha integrati nella tradizionale messinscena di Porta a Porta. Un errore clamoroso». Che siano incensurati l’ha già detto, il problema è che stavano troppo comodi: si poteva sdraiarli per terra a piazzargli un riccio sotto il sedere, illuminarli male, piazzarli su poltroncine nere. E se è vero che Enzo Biagi intervistò criminali del calibro di Buscetta e Sindona, «come li intervistò? In solitudine... lontano dal suo programma» aggiunge Gramellini. Ma fu solo per motivi di sicurezza. I Casamonica invece erano incensurati, non staremo a ripeterlo.

Francesco Merlo, giornalista.
Su Repubblica, dopo traduzione, apprendiamo che il problema è anzitutto «la saggezza dell’istinto» della signora Casamonica (la saggezza dell’istinto?) ma soprattutto l’esaltazione «dell’illegalità della suburra romana per vitalissima tradizione popolare da proteggere come il ladino, il romancio e i dialetti delle enclave arbëreshë». Ah, questo Vespa e i suoi concorsi esterni con l’enclave arbëreshë. Poi, con parole quasi nostre, Merlo ha spiegato che di Vespa il problema è «il ruffianesimo e la dolce impertinenza che riserva a tutti i potenti, Casamonica compresi... l’ammiccare untuoso sul palcoscenico televisivo più importante d’Italia... la complicità magliara che nega il giornalismo». Già, ma se anche fosse vero e in parte lo è: la cifra di Porta a Porta è stranota. Vespa, cioè, dovrebbe riconvertire un approccio giornalistico che dura da mezzo secolo a cominciare da Vera Casamonica? Una che qualsiasi talkshow avrebbe accolto a roulotte aperte?
Nota: Merlo ha satireggiato di quando qualcuno, di un giornale, diceva «È abbastanza brutto per tirare centomila copie... Ma si può farlo più brutto ancora... Piglia ’o iurnale e riempilo e ’merda». Lo scrive nel giorno in cui Repubblica annuncia di essere primo in Italia per vendite.
Nota due: Repubblica intervistò i nipoti di Casamonica Guerino e Giorgio il 22 agosto scorso, a pagina 9. Roba da enclave arbëreshë.

Ignazio Marino, sindaco di Roma.
Ha detto in un’intervista alla Stampa: «Da cattolico, penso che a guardare Porta a Porta si faccia peccato e bisogna confessarsi». Congiuntivi a parte: scherzava? Pare di no. Poi: «Io dissi che c’è la mafia dopo 32 giorni dall’elezione». Lo disse: e con ciò? Ancora: «Più di un milione di spettatori ha assistito sostanzialmente a un replay dei funerali spettacolari e mafiosi già finiti sui giornali... ma questa volta la rappresentazione è stata studiata a tavolino». Vespa ha invitato i co-protagonisti incensurati di un fatto di cui hanno straparlato tutti i media: era un’intervista, perché bis dei funerali? «È inaccettabile in un servizio pubblico, specie in considerazione della gravità del rischio mafioso che pesa sulla città». A parte il consiglio di guardarsi in casa, Vespa, quindi, avrebbe dato gratuitamente voce alla mafia? «Non conosco chi era in trasmissione e non mi permetto di dare giudizi su di loro». E allora di che sta parlando? «Trovo offensivo che si dia spazio a un episodio che nell’immaginario collettivo è stato visto come la prova di forza di una famiglia mafiosa».
Quindi conclusione la Rai non deve intervistare gli incensurati che invadono l’immaginario collettivo: è il servizio pubblico collettivo. Chiaro. Cristallino.

Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia.
Ha detto: «Domani proporrò di accogliere la richiesta del capogruppo del Pd di audire i vertici della Rai e dell’ordine dei giornalisti sulla partecipazione a Porta a Porta dei Casamonica». Traduzione: mai stanca di sconfinare in competenze altrui (a fronte del perfetto silenzio che avvolge la presunta attività della sua Commissione) Rosy Bindi ci informa di essere ancora viva. «Non si può accettare che la Rai offra un palcoscenico a uno dei clan criminali della capitale», ha aggiunto. Forse si potrebbe aggiungere un comma al reato di concorso esterno: essere parenti è di per sé una colpa. Resta intatta la massima: la Commissione antimafia non va abolita perché la presiede Rosy Bindi, ma che la presieda Rosy Bindi spiega perché va abolita.

Marco Causi, vice del sindaco Ignazio Marino.
Ha detto: «Mi auguro che qualcuno abbia il buongusto di chiedere scusa alla città di Roma, ai romani e a tutti i cittadini». Causi non perde occasione per parlare del suo capo.

Pierluigi Battista, giornalista.
Sul Corriere della Sera ha scritto che Vera Casamonica, in particolare, «sfonda il video, ti schiaccia, diventa protagonista mattarice, numero uno... con i Casamonica non c’è partita, ogni loro apparizione si trasforma in uno spettacolo irresistibile, ogni intermediazione sparisce, viene schiantata. E vincono i Casamonica, senza gara... Dicono: è un’intervista. Ma con una presenza scenica come quella, l’intervista perde significato». Ma erano i Casamonica o Benigni? Tutta questa presenza ammaliatrice e spacca Auditel noi non l’abbiamo vista, anzi, per gli antipatizzanti c’era di che appesantire il proprio errore: ma forse la nostra valutazione non è quella giusta. «È forse la prima volta che in tv appaiono delinquenti matricolati e famiglie, pregiudicati, protagonisti di fatti di sangue con sentenze definitive alle spalle?» si chiede giustamente Battista. «Ma non pop come i Casamonica» si risponde Battista. Almeno abbiamo individuato il problema: essere pop. Ossia? Confessiamo un leggero mal di testa.

Gianluigi Paragone, giornalista.
Ha detto che «Porta a Porta è una trasmissione che non fa paura». Le trasmissioni di Paragone, in effetti, la fanno.