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 2015  settembre 11 Venerdì calendario

FERRI, IL SOTTOSEGRETARIO DA CALCIOPOLI

Si è sempre dichiarato estraneo a Calciopoli. Ma Cosimo Maria Ferri, magistrato in aspettativa e inossidabile sottosegretario alla Giustizia al secondo mandato, viene citato dai giudici della Terza sezione penale della Cassazione: coloro che hanno scritto le motivazioni del processo contro Luciano Moggi e altri imputati, conclusosi il 23 marzo scorso con la prescrizione della maggioranza dei reati risalenti al 2005.
Il riferimento a Ferri, che è stato commissario della Figc, è contenuto nella parte delle motivazioni che riguarda il presidente della Lazio Claudio Lotito. C’è una “congerie di telefonate compromettenti”, “di prove inequivocabili delle pressioni” esercitate da Lotito “sul mondo arbitrale” per assicurarsi il “salvataggio” della Lazio dalla retrocessione nel campionato 2004-2005. L’allora numero due della Figc Innocenzo Mazzini viene intercettato mentre assicura a Lotito che la sua “mediazione” era riuscita ad assicurare alla Lazio un occhio di favore da parte dei designatori arbitrali Bergamo e Pairetto, “così come avevano avuto esiti positivi interventi di persone estranee all’ambiente calcistico quali” Ferri e l’ex leader di An Gianfranco Fini.
Ferri, il 26 giugno 2006, 4 giorni dopo il deferimento, si dimise dalla Figc, evitando così il processo sportivo. Gli veniva imputato di “non aver adempiuto all’obbligo di informare senza indugio i competenti organi federali di essere venuto a conoscenza che terzi avevano posto o stavano per porre in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara Chievo Verona-Lazio del 20 febbraio 2005…”.
In un’informativa, i carabinieri scrivono che attraverso Ferri, Mazzini “cerca un adeguato e riservato contatto con il Lotito soprattutto per la questione di maggiore interesse, ovvero quella del favore arbitrale”.
Sentito dalla procura di Napoli come persona informata sui fatti, Ferri ammette l’antica amicizia con Mazzini e con Lotito. L’attuale sottosegretario alla Giustizia pare confermare il tenore accusatorio delle telefonate intercettate sulle attività di salvataggio della Lazio, tanto che Lotito lo denuncia. La musica cambia durante il processo.
È il 27 aprile 2010: rispondendo come teste dell’accusa alle domande dei pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano, Ferri minimizza, smussa, farfuglia. Lo scontro con i pm è palese. Ferri ricorre a sofisticati distinguo e sfuma il significato delle parole trascritte nei verbali, che i pm gli contestano. Parla così di Mazzini: “Un giocherellone, che se la cantava e se la suonava”.
I pm si infuriano. E la testimonianza in procura? “Mie personali deduzioni”, risponde, mentre certe conversazioni di Mazzini e Lotito vanno liquidate tenendo conto “dell’esuberanza” dei due. “Non ho assistito a fatti precisi, ho solo interpretato 7-8 telefonate, sono mie impressioni”. Ora le parole scritte dalla Cassazione, pesanti per chiunque ma specialmente per un magistrato che ha un incarico di governo e resta al suo posto.