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 2015  settembre 10 Giovedì calendario

“IO, BACCA E BALOTELLI INSIEME QUESTO MILAN È DA SCUDETTO”

[Intervista a Luiz Adriano] –
È un brasiliano venuto dal freddo, Luiz Adriano. Otto anni allo Shakhtar Donetsk, con temperature fino a 10 sotto zero. Che ci fa lì uno di Porto Alegre? «Me lo chiedevano in tanti», risponde il numero 9 del Milan durante la pausa del doppio allenamento messo in menù da Sinisa Mihajlovic nella settimana del derby. Rispetto alla gestione Inzaghi i carichi di lavoro sono stati rivisti al rialzo. Molto al rialzo. «La novità per me è soprattutto nella parte tattica - spiega Luiz Adriano -. Dove giocavo prima, pensavamo soltanto ad attaccare».
Contro l’Inter domenica sera sarà più complesso: come va con Bacca?
«Molto bene. La nostra intesa migliora di allenamento in allenamento. Parliamo molto, anche prima delle partite. Lavoriamo per diventare la miglior coppia d’attacco del campionato».
Dimentica Balotelli?
«Sono contento che sia arrivato, perché è un grande giocatore e il campionato è lungo. Con lui sarà più facile raggiungere gli obiettivi».
Quali?
«Il mio personale è quello di segnare più gol possibile. A livello di squadra, voglio aiutare il Milan a tornare in Champions e a vincere lo scudetto».
Crede che ci possa essere un tridente con Balotelli schierato un po’ più indietro?
«Sarebbe ottimo, perché Mario ha qualità straordinarie. Non ci sarebbe alcun problema a giocare tutti e tre insieme».
Contro Fiorentina ed Empoli secondo Mihajlovic avevate paura.
«C’è stata un po’ di ansia, cose che succedono. Dalla prossima partita vedrete una squadra diversa. Il professore ci ha parlato a lungo».
Il professore?
«Sì, Mihajlovic. Come dite voi? Il mister».
Un pronostico su Inter-Milan?
«È un “clasico”, una partita molto sentita dalla città. Non me la sento di prevedere un risultato».
Torniamo alle origini nell’Internacional: che ci va a fare in Ucraina un brasiliano di neanche vent’anni che ha appena vinto il Mondiale per club contro il Barcellona?
«Lo Shakthar è stato il primo club straniero a interessarsi a me. In Brasile non lo conosceva nessuno, mi dicevano che non era la squadra adatta a me. Io invece l’ho considerato un’occasione di vita importante: ho fatto le valigie e sono partito. Sono stati otto anni molto belli, in cui abbiamo vinto tantissimo. E soprattutto è stata l’esperienza che mi ha fatto arrivare al Milan».
L’impatto con il clima ucraino?
«Facile: mettevo due pantaloni, due maglie, due paia di guanti... Con quelle temperature non hai scelta».
E con la città?
«Sono un tipo tranquillo: casa, lavoro, famiglia. Ho mia moglie Camilla e mia figlia Alicia di 2 anni e mezzo. Sto aspettando che mi raggiungano a Milano».
Ha sentito parlare della maledizione del numero 9 dopo Inzaghi?
«Non sono superstizioso. Faccio il mio lavoro, l’importante è stare bene fisicamente».
Perché ha detto sì a Galliani e no ai milioni facili degli emiri?
«Per la tradizione del club e la storia del vostro campionato. Ho parlato con Pato e con Lucescu, mio allenatore allo Shakhtar, e ho capito che era la scelta giusta».
Con il Brasile non va altrettanto bene. Manca un centravanti eppure non è arrivata la convocazione.
«Il ct ha chiamato solo centrocampisti. Spero di fargli cambiare idea».
Al Milan c’è una lunga tradizione di suoi connazionali: qualcuno in particolare le ha acceso la fantasia da ragazzo?
«Mi piacevano Cafu, Ronaldo, Emerson. Pensare a quanto hanno vinto è uno stimolo a fare bene, senza pretendere di diventare come loro».
Che cosa l’ha colpita del calcio in Italia?
«L’organizzazione delle squadre piccole: giocano come le grandi».
Una curiosità: tutti i tatuaggi che si è fatto hanno un tema?
«Sì: famiglia e religione».
Stefano Mancini, La Stampa 10/9/2015