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 2015  settembre 05 Sabato calendario

QUEL PALO DEL LAGO DI COMO

Scusi, Scuffet, com’era poi andato l’esame di maturità? «Bene, sono uscito con 72!». La curiosità è donna, ma anche legittima: il giovane portiere del Como, grande promessa del calcio italiano, finora ha fatto parlare di sé più per il “caso” del diploma (di ragioneria) che per le prodezze tra i pali. E dire che ne ha fatte tante, con la maglia dell’Udinese, esordendo in Serie A a 17 anni e guadagnandosi epiteti “fenomenali” e arditi paragoni: non era ancora maggiorenne ma aveva già la patente di nuovo Buffon.
Rivelazione del campionato 2013-14 (partito come terzo portiere, è stato lanciato da Guidolin in seguito all’infortunio di Brkic), la scorsa estate doveva passare all’Atletico Madrid ma i genitori hanno preferito che il ragazzo completasse gli studi in Italia. Una scelta coraggiosa e controcorrente, che ha fatto parlare e, dopo, discutere, visto che poi Simone Scuffet (con la t pronunciata, alla friulana) ha imboccato una curva in discesa, restando un anno in panchina. Adesso riparte da una neopromossa in Serie B, il Como.
Un passo indietro per prendere la rincorsa?
«Potrebbe sembrare, ma io non lo considero così. È un passo avanti perché mi gioco la maglia da titolare in una società che ha dimostrato di credere molto in me, dopo quello che è successo in seguito al famoso “no” all’Atletico. A proposito del quale vorrei precisare una cosa».
Prego.
«Mi è dispiaciuto che si sia parlato tanto del fatto extrasportivo, cioè lo studio, quando non era quello il motivo principale. Sono rimasto a Udine, d’accordo con la società, per proseguire un percorso di crescita che non era concluso. Ci tengo a ribadire che la scelta è stata fatta assieme alla società, non si è trattato di uno sgarro come qualcuno ha voluto far credere».
Perché parla di sgarro?
«Perché a leggere i giornali sembrava che l’Udinese volesse mandarmi via a tutti i costi, invece non è così: la società ha pensato in primis ai miei interessi».
Quindi non è vero che è rimasto in panchina perché gliel’hanno fatta un po’ pagare, visto che a Pozzo quei 10 milioni avrebbero fatto comodo?
«Ecco, proprio quello intendevo. Niente di più falso. La verità è che è arrivato a Udine un grande portiere come Karnezis, che ha fatto un’ottima stagione. E io ho anche potuto imparare molto da lui».
Davvero non si è mai pentito?
«No, penso che sia stata la scelta giusta, perché l’Udinese mi ha dato tanto: dalle giovanili, dove mi hanno insegnato l’importanza del lavoro e dell’umiltà, che sono poi i valori con cui mi hanno cresciuto i miei genitori, alla prima squadra. Anche l’anno scorso, nonostante abbia giocato pochissimo, sono migliorato».
Meglio quindi 72/100 alla maturità che 4,5 milioni di euro in 5 anni?
«...».
Dica la verità: con quei soldi, quale sfizio si sarebbe tolto?
«Io penso che i soldi che fa un giocatore debbano essere messi da parte. Secondo me la gestione economica delinea il carattere di una persona. E per come mi vedo io, non li avrei certo scialacquati».
Come si vede lei?
«Molto attento, freddo, preciso».
Gli altri come l’hanno vista dopo che ha rifiutato un’occasione come quella che le aveva offerto l’Atletico?
«Ho ricevuto elogi ma anche critiche e commenti ironici. Finiti quando chi li aveva fatti ha capito com’è andata veramente e mi ha dato ragione».
A proposito di ironia: un mese fa, quando sembrava dovesse andare al Lanciano, su Internet girava la sua foto con la scritta: “Ripensandoci bene... la scuola non è così importante”...
«L’ho vista, mi son fatto una bella risata».
Scherzi a parte: lei si sente ancora un portiere da Serie A?
«Io mi sento un portiere che ha ancora bisogno di migliorare tanto; l’esperienza in B può farmi molto bene».
Como è il posto giusto o nessuna squadra di Serie A l’ha cercata?
«Ci sono state offerte, non da squadre di A. Ho scelto Como perché mi è piaciuta subito: già me ne aveva parlato molto bene il preparatore dei portieri dell’Udinese, Alex Brunner, che ha giocato molti anni qua. Ho trovato una squadra e una società molto serie, in cui si lavora tanto e bene. Un’altra cosa positiva è l’entusiasmo che c’è per la promozione, dovremo cavalcarlo per partire col piede giusto».
Quali sono le ambizioni del neopromosso Como?
«Sappiamo di dover lottare innanzi tutto per la salvezza, ma la Serie B è strana, può succedere di tutto».
E le sue? Si dice che la Roma la stia cercando per l’anno prossimo. A Como la allena Carlo Sabatini, fratello del ds giallorosso: non è che da buon ragioniere ha già fatto due conti?
«Io non ho avuto contatti diretti con la Roma, non ho mica scelto Como per questo. Certo, se un giorno la Roma mi vorrà, avrà un canale preferenziale per contattarmi... Ma adesso voglio solo pensare al presente, a questa nuova avventura».
Nuova per tanti motivi: è la prima esperienza fuori casa. Come se la cava?
«Mi sto ambientando; per ora sto in un residence, non ho ancora trovato casa».
Che raccomandazioni le hanno fatto i suoi?
«Mamma mi ha detto solo di non far casino con la lavatrice, che mi avrebbe fatto vedere lei come usarla».
Sa cucinare?
«Beh, una pasta la so fare, non morirò certo di fame!».
Pensa che non abitare più coi genitori potrà aiutarla a maturare?
«Sicuramente, penso fosse arrivata l’ora di uscire da casa dei miei e costruirmi una vita mia personale».
In campo sembra già maturo: come ha fatto a mostrare tanta sicurezza, “buttato dentro“ in A a soli 17 anni?
«Devo averla, anche per il ruolo che ho. Una cosa che mi ha insegnato Brunner, e che mi ripeteva all’inizio di ogni partita, fin dalla Primavera, è stata quella di fare le cose semplici, perché dà sicurezza nei momenti difficili e serenità quando le cose vanno bene, quando altrimenti si rischia di “sbroccare”. Bisogna mantenere freddezza ed equilibrio mentale. Se fossi emotivo farei fatica a guidare la difesa».
L’ha fatto egregiamente anche in azzurro. Nel 2013, con l’Under 17, ha vinto l’argento all’Europeo ed è stato fra i portieri migliori al Mondiale...
«Siamo arrivati secondi perdendo ai rigori, è uno dei ricordi più belli che mi porto dentro perché non eravamo favoriti ma abbiamo fatto un percorso di crescita stupendo, ribaltando molte partite».
E ora c’è l’Under 21, con Di Biagio.
«Il massimo, anche perché sono a un passo dalla Nazionale maggiore».
Che lei ha già “assaggiato” nella primavera del 2014, quando Prandelli l’ha chiamata a Coverciano per due stage: che ricordo ha di quei giorni?
«Quando è arrivata la convocazione non ci credevo! È stato emozionante essere lì, a 17 anni, con quei grandi campioni».
A cominciare da Buffon...
«All’inizio non mi sembrava vero. È il mio idolo, sono cresciuto guardandolo e ora ho appeso una foto in cui siamo insieme».
L’hanno subito paragonata a Buffon: che effetto fa?
«Non scherziamo, lui è un fenomeno! Però dicono che fisicamente, anche di viso, gli somiglio molto: se può bastare per dire che sono il nuovo Buffon...».