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 2015  settembre 05 Sabato calendario

CIAO BUMBLE! 10 GIORNI SUL SITO DI DATING DOVE COMANDA LEI

È mezzanotte e dalla camera da letto sento il tablet emettere un flebile “ping”. Eccola, un’altra connessione. In tutto sono undici e mi sono iscritta a Bumble solo poche ore fa. La curiosità ha la meglio sul sonno. È Juan, quarantenne originario di Barcellona, che si descrive «affascinante, intelligente e positivo». Ma non mi interessa e l’approccio finisce lì.
Perché su Bumble gli uomini hanno zero potere e il gioco è in mano a noi, alle donne. Inventata un anno fa, questa è infatti la prima app di appuntamenti che combatte il cyber sessismo e che offre a noi ragazze la scelta se contattare o meno il pretendente di turno. È la risposta femminile a Tinder. Letteralmente. Perché la fondatrice di Bumble, Whitney Wolfe, è stata co-fondatrice di Tinder e, guardacaso, ha lasciato il gigante del dating online con una spettacolare causa legale, denunciando i suoi colleghi per discriminazione sessuale. Rivoluzionare il mondo delle app per incontri è diventata così la sua missione. La maggior parte sono pensate e costruite da uomini, nell’esclusivo club maschile di Silicon Valley, dove solo il 13% dei manager è donna. A iscriversi sono soprattutto loro e grazie a loro si fanno i soldi. E le donne? Un accessorio per attirarli. Non c’è da stupirsi se su Tinder si ricevono spesso messaggi volgari, esplicitamente sessuali, al limite dell’abuso.
Ma non su Bumble. In dieci giorni di uso quotidiano la frase più audace è stata un: «Ciao gorgeous!», un “ciao bella” con tanto di faccina che fa l’occhiolino. Iscriversi richiede pochi minuti, si può farlo attraverso il profilo Facebook (bisogna avere un tot di amici per provare che l’account non è un falso) ma gli utenti vedono solo qualche foto e i dettagli che si scelgono di condividere, come l’età, la professione e il solito about me. L’app funziona basandosi sulla prossimità. Vivendo io a Londra il mio Bumble mi mostra tutti i profili di uomini tra i 37 e i 47 anni (il range che ho selezionato io, ognuno ha i suoi gusti ovviamente) che abitano in città o poco fuori (ho stabilito un raggio di 50 chilometri). La caccia ha inizio.
All’inizio non sembra molto diverso da Tinder. Mi scorrono davanti una serie di facce sorridenti: Simon, 38, Suren, 47, Alexandre, 37… Sfogliando a sinistra la persona viene eliminata, mentre sfogliare a destra significa «mi piaci». Per stabilire una connessione entrambe le parti devono aver espresso un interesse. E qui comincia il bello. Perché da quel momento solo le donne possono iniziare una conversazione. Ci sono 24 ore di tempo per chattare con il lui di turno. Dopodiché la connessione sparisce per sempre. Nessuno può inondarti di foto o messaggi indesiderati. Hai il controllo totale e i maschi hanno solo un “bonus” giornaliero. A scelta possono estendere fino a 48 ore la finestra entro la quale la predestinata può contattarli.
Nel mio primo giorno ricevo due “estensioni”: cioè due utenti hanno pensato che valesse la pena spendere il loro jolly per me. Uno è italiano, Marco, 37 anni, lavora per una nota organizzazione no-profit. «Che fai su Bumble?», chiedo. «Sono qui per curiosità, non ho preclusioni di sorta». Non me la sento di ingannarlo, gli dico che lo studio per lavoro e non la prende bene. Juan, invece, parte in quinta: «Per me è un altro modo di incontrare persone. Avrò il mio primo appuntamento domenica. A meno che tu e io non beviamo qualcosa domani». Faccio la vaga e dico che non posso. Lo sfido e ammetto di non essere single. È un problema? «No, a meno che lui non sia armato e mi venga a cercare». Juan non cerca l’amore, deduco. Mi invita a cena a casa sua («cucino molto bene»). Rifiuto. Non demorde. Mi confessa che il suo appuntamento non c’è stato perché lei ha cancellato all’ultimo minuto. «Sono ancora un vergine di Bumble. Drink prossima settimana?».
Ma io mi sto già dedicando a Enrique prima che le 24 ore finiscano, un 42enne informatico che si definisce «grandioso in tutti i sensi e avventuriero». Provoco: «Ciao, sono su Bumble per cercare divertimento. E tu?». Non coglie la palla al balzo e tergiversa: «Non so veramente cosa voglio. Ma tu a che tipo di divertimento ti riferisci?». Duro di comprendonio. Decido di essere esplicita: «Sesso». A questo punto mi aspetto una pioggia di selfie erotici – boxer gonfi, pettorali irsuti, primi piani nella doccia e via dicendo – invece non succede nulla. In Bumble si possono scambiare foto, ma ognuna di esse ha il nome di chi la manda stampato in bella vista. Questo scoraggia i più audaci per paura che l’immagine imbarazzante circoli nel web con il proprio nome sopra.
Enrique azzarda solo una domanda sulle mie fantasie, poi sparisce. Possibile? Sì. E c’è anche di peggio (per la mia autostima). John-Paul, 47enne dagli occhi intensi (che ha esteso le 24 ore per essere certo di non perdermi), nemmeno mi risponde. E neppure il 45enne super abbronzato Xander. Deludente. Possibile che i maschi di Bumble si comportino come le donne su Tinder?
«Bumble offre l’opportunità agli uomini di non sentirsi, per una volta, gli aggressori e alle donne la possibilità di prendere il controllo del dating, che nel web appartiene solo ai maschi», teorizza la Wolfe. Forse è la verità. Sentirsi cacciati e non cacciatori rende gli uomini mansueti. Perfino onesti. Bob, 38 anni, al primo messaggio mi spiega che è appena uscito da una lunga relazione e ora cerca solo distrazioni: «Se ti interessa, bene. Altrimenti in questo momento non posso darti altro. Non c’è motivo di mentirti, no?». Wow, se tutti gli uomini fossero così sinceri nella vita reale, non si perderebbe tanto tempo in rapporti inutili. Dico a Bob che lo ammiro ma che non sono interessata. E lui sparisce senza replicare.
E poi incontro Brad, così carino e gentiluomo che mi chiedo davvero cosa ci faccia su un’app. Ha appena divorziato, non ha mai usato il dating online, «ma il peggio che mi può capitare è incontrare persone nuove bevendo un bicchiere di vino, giusto? Per favore non dirmi che sei qui per scrivere un articolo!». Beccata. Quando confesso, mi diffida dall’usare la sua storia e poi, in un ultimo messaggio-appello, che riassume lo spirito di Bumble, scrive così: «Per favore, ricordati solo che ci sono un sacco di persone normali e per bene che usano queste app. Trattale con il rispetto e la dignità che si meritano quando scriverai il tuo articolo».