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 2015  settembre 05 Sabato calendario

BUFERA SULLA SCARCERAZIONE DEL MOSTRO

FOLIGNO Nell’intenzione rimediata e goffa della giustizia dei cerotti e delle bende dovevano essere tre anni. Invece saranno appena due mesi. Forse. La voce del sindaco Francesco Dessì arriva dall’aspra terra di Sardegna: «Sia chiaro: qui Chiatti resterà fino a novembre, poi torna in Toscana quando sarà pronta la sua nuova residenza protetta». Punto e a capo. Non basta la larghezza del Mediterraneo e una promessa per dimenticare Luigi Chiatti, 46 anni, assassino feroce di due bambini, dall’altra parte del mare, come fosse solo un brutto pensiero. Perché la promessa dei giudici di tutelare la comunità dal pericolo del Mostro di Foligno si schianta contro la paura per un killer da cui nessuno ha sentito mai un pentimento per avere massacrato Simone Allegretti, quattro anni, e Lorenzo Paolucci, dodici anni. Contro un incubo non serve il fragile muro e i cespugli della residenza di Capoterra, due passi da Cagliari, dove Chiatti è arrivato ieri mattina proveniente dal carcere di Prato, dove una serie di condoni e indulti hanno trasformato la sua pena a trent’anni di carcere in ventuno di manicomio criminale ora scontati. Con la variante che i manicomi sono stati chiusi e nessuno ha pensato al dopo. Anzi, l’alternativa si chiama Rems, residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Ma la sicurezza pare un optional.
SENZA RIMORSI
Da un pasticcio all’altro, due città sono rimaste di stucco di fronte al provvedimento di fine pena annunciato dagli avvocati quanto preceduto da due pagine dei giudici della Corte d’Appello di Firenze in cui si parla di Chiatti «ancora pericoloso, imprevedibile e senza rimorsi». E se a Capoterra nessuno è stato avvertito, Foligno è tornata indietro di venti anni lungo il filo del terrore quando rimase in scacco per diciotto mesi di un folle geometra di venticinque anni che uccideva bambini e firmava con il normografo “Mostro di Foligno”. E se la città della Quintana vuole dimenticare, le famiglie del dolore sono drastiche. Luciano Paolucci, padre di Lorenzo, è un uomo di fede: «Voglio parlare con Chiatti per dirgli che nella vita bisogna fare cose buone. Posso anche perdonare lui, ma non può essere liberato. E non posso perdonare chi l’ha fatto».
LA SORELLA
Altra famiglia di Foligno, altro strazio. Chiara Allegretti non ricorda Simone, suo fratello, perché quando venne ucciso aveva un anno. Ma ha visto suo padre impazzire di dolore, come solo un papà cui viene ucciso un figlio a quattro anni. «Se Chiatti viene liberato non lo voglio a Foligno”, chiese Chiara in qualità di consigliere del Pd in un’interrogazione al sindaco di Foligno, quando venne ventilata la scarcerazione. Ora agli amici confida: «Non può essere liberato. Non è giusto. Le sentenze vanno rispettate, ma non per questo condivise». Il sindaco Mismetti accolse la richiesta e oggi spiega: «Con quell’atto la città ha chiesto con fermezza l’applicazione di provvedimenti con massima severità». A togliere tutti dall’imbarazzo e dal politically correct è l’avvocato folignate di parte civile, Giovanni Picuti: «Siamo di fronte alla manifesta incapacità dello Stato di porre in atto provvedimenti di corretta politica giudiziaria così come ragionevolmente auspicati dalla generalità dei cittadini». E ancora più chiaro Ignazio Messina segretario nazionale dell’Italia dei Valori: «Chiatti deve restare per sempre in carcere o comunque in strutture rigidamente sorvegliate». Sarà una soluzione portarlo tra due mesi in Toscana? Un biglietto lasciato all’edicola ricorda il ritornello nell’aula bunker del processo all’assassino di due bambini. “Fine pena, mai”.