Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 05 Sabato calendario

L’IMPIEGATA ANTI-GAY “PER CONTO DI DIO”

WASHINGTON
Convinta di essere “in missione per conto di Dio”, come avrebbero detto scherzando i Blues Brothers, l’impiegata comunale del Kentucky che ha rifiutato la licenza matrimoniale a diverse coppie gay per ubbidire alla voce del Signore vive ora, nel carcere di contea, l’estasi del proprio martirio.
A 49 anni, i lunghissimi capelli mai tagliati e sciolti fin sotto la vita dell’abito castigato come le impone la congregazione evangelica alla quale appartiene, la “Chiesa della Dura Pietra”, la signora Kim Davis è da tre giorni la detenuta più famosa d’America. Una Giovanna d’Arco della ribellione biblica contro il peccato, soprattutto per il peccato degli altri, per la Destra cristianista. Una piccola Taliban di provincia, fanatica al punto di violare sfacciatamente la sentenza della Corte Suprema che ha ormai legalizzato i matrimoni gay. Mangime perfetto da ruminare nel ventre di una campagna elettorale sempre più sgangherata, fra Trump e gli immancabili reverendi, come Huckabee, che infatti la elogia e ricorda agli emi che “matrimonio è soltanto fra uomo e donna”.
Per capire qualcosa di questa ostinazione e di un gesto che oppone la Bibbia alla Costituzione secondo il sempre aperto dilemma della separazione fra Stato e religione (e della ribellione localista contro i diktat del governo federale), bisogna imboccare le grandi autostrade interstatali che da quella Washington, dove gli empi magistrati della Corte Suprema hanno violato “le leggi di Dio”. Si deve viaggiare per sette ore, scavalcare i monti blu della West Virginia e raggiungere quella Frontiera interna dell’Estremo Est, che il cinema narrò, fra caricatura e realtà, attraverso film come il Tranquillo week end di paura . Qui, nella cittadina di Ashland, tra le ultime miniere di carbone ancora aperte, intrecci di dna familiari e distillerie del Moonshine, del bourbon clandestino che invano lo Fbi insegue da quasi un secolo, Kim Davis fu eletta “County Clerk” per il Partito Democratico, responsabile in capo del Catasto e dell’Anagrafe.
Kim aveva preso il posto della madre, della quale era stata vice-capufficio per dodici anni, perché nel Profondo Est tra le valli dei monti Appalachiani la famiglia è sovrana e la legge consente ai funzionari e ai politicanti di assumere parenti e affini. Di lei, che sconfisse l’avversaria repubblicana per 3.500 voti a 3.100 il paese sapeva tutto, anche la ricca storia matrimoniale che forse il suo inflessibile Dio non avrebbe applaudito: tre divorzi e quattro matrimoni, l’ultimo del quali celebrato con il secondo marito, l’uomo che aveva riconosciuto i due gemelli avuti da lei mentre stava divorziando dal primo, ma il cui padre biologico sarebbe poi divenuto il terzo marito. Dunque il terzo marito era stato il genitore adulterino dei figli avuti mentre lei era sposata con il primo e si preparava a sposare il secondo, prima di divorziare anche da lui, di sposare il genitore biologico dei gemelli e di divorziarlo per tornare con il secondo. E se siete confusi, non conoscete il Kentucky.
Ma questo contorto sentiero coniugale ed extraconiugale si sarebbe finalmente raddrizzato davanti al letto di morte della suocera, la madre del secondo marito oggi divenuto il quarto, che morendo le aveva fatto promettere di frequentare la “Chiesa della Dura Pietra”. Cosa che Kim avrebbe fatto, restando folgorata dalla rivelazione della Bibbia e dalla decisione di concedersi completamente a Cristo, o almeno alla sua interpretazione del messaggio di Cristo, concedendosi insieme anche al quarto marito. Scelte di vita personale assolutamente rispettabili, ma un po’ viziate dall’incapacità di rispettare le scelte di vita altrui che oggi vediamo.
Molto autoritaria, perché in contatto quotidiano con autorità ben superiori a giudici e amministratori pubblici, e salda nel proprio incarico elettivo che soltanto una procedura di “impeachment” parlamentare le potrebbe togliere, la signora Davis ha amministrato gli uffici comunali come un convento, costringendo gli altri dodici dipendenti a seguire il dettato della Bibbia. Fino al rifiuto della licenza matrimoniale ai due “sodomiti”, una decisione che lei ha spiegato in termini del tutto bipolari: «Per me si trattava di scegliere fra l’Inferno e il Paradiso ». Dunque non ci poteva essere partita, come non c’era stata per i negozi che in Indiana avevano rifiutato di servire clienti gay.
Nè ci poteva essere molta scelta per il Tribunale della Contea che l’ha condannata alla prigione, per oltraggio alla Corte, fino a quando accetterà di riconoscere che, almeno su questa Terra, la legge è scritta da uomini, e non da angeli. Nel frattempo, la paga, di 80mila dollari all’anno lordi, una cifra assai sostanziosa in una Contea dove il 35% degli abitanti è sotto la soglia della povertà, è sospesa, ma sono state già aperte collette per lei e gli elemosinieri si stanno dando da fare per colmare ogni perdita e pagare eventuali pene pecuniarie. Kim resiste, non patteggia, si sente una martire e il popolo di Ashland, Kentucky, è con lei. Nelle terre sante del fanatismo fondamentalista, i gay non si devono sposare. Lontana, s’avverte l’eco di un duello di banjo.
Vittorio Zucconi, la Repubblica 5/9/2015