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 2015  settembre 05 Sabato calendario

FA’ GODERE IL TUO CERVELLO

I libri che si leggono al mare vanno sempre incontro a un destino gramo. Li osservo a cose fatte, impilati sul comodino di città con addosso ancora i segni della battaglia. Macchie di crema abbronzante, impronte digitali di anguria, granelli di sabbia incastrati nelle pieghe della rilegatura. Le copertine, poi: schiarite e bitorzolute per l’esposizione al sole e al sale, mi guardano come il rimprovero di una madre. Cerco di alleggerire il senso di colpa ripetendomi che, in fondo, tutte quelle cicatrici sono una testimonianza di vita vissuta e condivisa, quindi di amore.
Ho molto amato il romanzo di esordio di Joao Ricardo Pedro. Il tuo volto sarà l’ultimo è già un titolo intrigante, al tempo stesso romantico e minaccioso. E l’autore è un giovane portoghese che scrive come un sudamericano, ma con un tocco di malinconia decadente molto europea che me lo rende familiare. La prima volta che ho preso in mano il suo libro, alla fermata di un autobus davanti al Colosseo, un refolo di vento lo ha spalancato a pagina 123: «Ci sono momenti in cui un uomo deve usare le scale anche se c’è l’ascensore». Da allora me lo ripeto di continuo, specie quando sono in ascensore, promettendo a me stesso che lo metterò in pratica dall’indomani. Benché col passare dei giorni abbia preferito virare il precetto in senso metaforico.
Ricardo Pedro racconta la storia di una famiglia attraverso tre generazioni. Il personaggio centrale è il nipote Duarte, orfano di madre e vittima di una sindrome che lo porta ad accanirsi contro il proprio talento artistico. La mutilazione, del talento e del fisico, è il tema ricorrente. Pur condividendo il destino familiare del protagonista (le pagine sulla madre sono le più belle e spiazzanti), non sono riuscito a identificarmi in quella visione punitiva e castrante dell’esistenza. Ma non è vero che per amare una storia occorra sempre identificarvisi completamente. A volte i libri belli sono belli perché ci aprono finestre da cui altrimenti non ci saremmo mai andati ad affacciare. Se ho appena ascoltato la sonata 26 di Beethoven e ammirato sul web il quadro di Bruegel della donna con le stampelle, lo devo a uno scrittore capace di scrivere frasi potenti come questa: «Sul volto di Duarte solo gli occhi erano della madre. Ed erano a tal punto della madre che sembrava si fossero conquistati quel posto da soli, con le proprie forze e dopo sanguinose battaglie».
Si può conquistare il proprio posto nel mondo, addirittura se stessi, con le proprie forze ma senza dure battaglie, semplicemente cambiando il modo di pensare? Sono affascinato dalle potenzialità del cervello, come tutti coloro che non le hanno mai sviluppate particolarmente. Fin dall’adolescenza, passo per un consumatore abituale di manuali di auto-aiuto. Credo di non essermene perso uno, con risultati incerti e però sempre promettenti, ancorché parziali. La speranza è che quello di quest’estate sia il testo definitivo. Vi farò sapere.
Il potere del cervello quantico, si intitola, ed è una versione più raffinata e completa della famosa legge di attrazione, secondo cui attiriamo nella nostra vita le cose che pensiamo. La premessa del libro è che il cervello non ci aiuta a realizzare i desideri perché utilizza programmi non nostri, che sono stati impiantati dall’ambiente circostante e da cui ci risulta molto difficile liberarci. Me ne sono convinto anch’io, facendo il test proposto dagli autori. Si tratta di leggere una sequenza numerica, capirne la logica e, sulla base di questa, scrivere la riga successiva.
1 2
1 1 1 2
3 1 1 2
1 3 2 1 1 2
…………..
Vi risparmio i miei tentativi penosi di risolvere la questione. Ho delle connessioni cerebrali rattrappite, l’ho detto. E in matematica sono sempre stato uno schianto (al suolo). Ma dopo un quarto d’ora di ghirigori vani e alla lunga mortificanti, ho proseguito la lettura e scoperto che per risolvere il test la matematica non c’entrava niente. Vedendo una sfilza di numeri, il programma installato nel mio cervello era andato automaticamente a cercare una soluzione matematica. Mentre, se avessi cambiato il programma, cioè il punto di vista, avrei capito che si trattava di una sequenza linguistica. Ogni riga, infatti, traduce in numeri il «testo» della riga precedente: 1 2 si legge «un uno un due» (1112) che a sua volta si legge «tre uno un due» (3112) e così via. Per cui la riga punteggiata sarà 11 13 12 21 12.
Era solo un gioco, ma forse non è solo un gioco. Forse siamo davvero condizionati, e in maniera talmente sottile che ci rifiutiamo di ammetterlo e persino di crederlo possibile. Il libro offre una soluzione semplice e sorprendente per riprogrammare il cervello sulla base dei nostri desideri autentici. Ma preferisco non rivelarvela, e non soltanto perché immagino che gli autori ci rimarrebbero male. E’ che certe scoperte vanno fatte un po’ alla volta, da soli e in silenzio, altrimenti perdono vigore. Posso solo dirvi che la sto sperimentando e che per ora funziona.
Quelle che hanno sempre funzionato e sempre funzioneranno sono le Storie ciniche di Somerset Maugham, ripubblicate quest’anno da Adelphi. Una pillola di cinismo al risveglio, o prima di addormentarsi, è particolarmente consigliata ai romantici e agli idealisti. Non per smorzarne gli entusiasmi, ma per potenziarli con il germe del disincanto. Le trame dei racconti dicono già tutto: una donna eternamente cagionevole seppellisce coloro da cui si fa accudire; un poveraccio assume l’identità di un nobile e vi si conforma fino alle estreme conseguenze (ho il sospetto che Montanelli si sia ispirato a questo racconto per tratteggiare il suo Generale Della Rovere); una signora insignificante viene resa splendida dall’amore di un marito ragazzino che sarà lei a lasciare; un soldato timido soffia la moglie a un playboy, che ne muore, mentre lui al dunque abbandona la signora; una vedova magra e mangiona semina zizzania tra tre amiche grasse a dieta… Ma nei racconti di Somerset Maugham, le storie sono in fondo solo un pretesto per sguinzagliare la sua scrittura tersa e controllata. Un godimento autentico, anche per il mio cervello quantico.
Massimo Gramellini, TuttoLibri – La Stampa 5/9/2015